Twelve. Little heroine runaway.

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Soffriamo di ricordi, osserva Freud, ricordi
dimenticati, che non ci dimenticano.
(Ángel de Frutos Salvador)


La donna mi indica ciò che voglio e me lo porge, io lo prendo ringraziandola e torno da Stephen.

"Che fai?", gli chiedo, notando che si stava bagnando la ferita.

"Schifo", mi risponde, anche se, più che una domanda, era un rimprovero.

"Ma che simpatico", enfatizzo, sforzando una risata, "non si bagnano le ferite", aggiungo, avvicinandomi a lui.

Inizio a tamponargli alcuni tagli e a fasciarli con delle garze e, appena finito, gli getto addosso la maglia che indossava, suggerendogli dimetterla per evitare di prendere una broncopolmonite.

"Perché dovrei metterla? Non sono meglio senza?"

Io divento completamente rossa.

"Lo prendo come un sì", aggiunge, sorridendo.

"E poi l'idiota sono io", ribatto, roteando gli occhi.

Stephen ride, mettendosi la maglia, e io rido con lui: la sua risata è davvero contagiosa e quando ride gli ridono anche gli occhi.

A un certo punto smetto di ridere, mi siedo sul letto, mi tolgo le scarpe e mi infilo sotto le coperte.

"Buonanotte", dico.


"Buonanotte, piccola eroina in fuga"
Sorrido e, dopo aver pensato per un po' ad Ari e ai miei compagni in laboratorio, mi addormento.

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