5°Capitolo ( pt.2 )

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Giorni, attese, attimi, ora passano così.
Ogni reazione ad un mio gesto di passione, egli non coglieva le mie attenzioni nei suoi confronti, era come proiettato altrove, aldilà di me; non aveva una minima idea di quanto io lo potessi amare ed esso silenziosamente mi feriva.
Lo guardavo di sottecchi e quando mi capitava di guardarlo per bene, mi vergognavo come una ladra.
Avrei voluto tanto scambiarci due chiacchiere, ma la vergogna me lo impediva, non sapevo come approcciarmi ad esso e temevo che avrebbe potuto pensare che fossi una sprovveduta; così mi limitavo a guardare quella meraviglia che mi capita davanti e in quei pochi istanti io non c'ero per nessuno. Morivo sulle sue labbra mentre scandiva le parole, morivo nei suoi occhi quando raramente mi notava e dio mio, morivo dentro quando esso se ne andava, portando via con se anche il mio respiro, così che io rimanessi senza di lui e senza di tutto il resto. Era la mia malattia in uno stato così avanzato e nel tempo stesso anche la cura della miglior qualità, che tutto ciò mi confondeva.
Esso portava spesso su di sé come un velo di tristezza, un dolce tormento indossava e una tale comprensione e tenerezza faceva nascere dentro me, che mi era impossibile non pensare che egli fosse dannato come me. Quando notavo la sua malinconia mi si spezzava il cuore, forse esso aveva un malessere e io ne ero all'oscuro, ma soprattutto non avrei potuto starvi accanto.

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