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Mi svegliai che mi sentivo uno straccio. Mi rivoltai più e più volte nel letto attorcigliandomi con le coperte grigio fumo di seta. Mi guardai intorno in cerca di un orologio ma non lo trovai. Come avrei fatto a presentarmi per tempo in sala per la colazione? In realtà non avevo tanta voglia di alzarmi dal letto e fortunatamente il mio desiderio venne avverato. Luisa entrò in camera un po' traballante con un vassoio in mano che lo appoggiò sul mio comodino sorridendo.
- Il signorino Kushiro ha pensato veramente a tutto! Era in veranda con un libro in mano e io stavo passando di lì con il bucato quando mi ha fermata. Si è ricordato il mio nome! -
- Non la trovo una cosa tanto strana... - sbrocciolai stiracchiandomi.
- Tu non la trovi una cosa st... Oh, si vede che non sei abituata a stare con i nobili. - mi sorrise amorevolmente. - I nobili non hanno interesse per le cameriere o per chiunque altro da cui non possono trarne benefici. Ma lui si è ricordato il mio nome e mi ha trattata pure con gentilezza senza farmi sentire inferiore, anzi... Sei così fortunata, Lilu. Magari avessi anche io uno spasimante così di classe! -
Spasimante? Di che diavolo stava parlando?
Luisa guardò in un punto indefinito della stanza congiungendo le mani come si fa quando si prega sognando ad occhi aperti.
Mi schiarii la gola riportandola bruscamente alla realtà.
- Oh si, giusto. - tornò in sé indaffarandosi sulla colazione.
- Ma quindi non devo andare a fare colazione in sala? - chiesi alzando un sopracciglio con scetticismo.
- Certo che no! Altrimenti perché pensi che il signorino Kushiro mi abbia espressamente chiesto di farti portare la colazione a letto? -
- Ah. È stato... gentile da parte sua... -
- Oh si! Molto gentile. - Mi fece l'occhiolino e se ne andò non prima di aver versato del tè bollente in una tazzina bianca dalle rifiniture rosa antico.
Rimasi immobile per qualche secondo e poi iniziai a fare colazione pensando a quanto era strano il suo comportamento. Perché era così gentile ma al tempo stesso freddo e distaccato? Era calmo ma ingessato, sorridente con la bocca ma non con gli occhi, vicino fisicamente ma lontano con la mente. Ma che problemi aveva? Quali pensieri lo affliggevano?
Sbuffai sonoramente e addentai un biscotto apparentemente normale ma ripieno invece di marmellata alle more. Che bontà, pensai chiudendo gli occhi e annegando in ricordi confusi dove il profumo di biscotti appena sfornati riempiva l'aria e i miei polmoni.
- Riesci a ricordare qualcosa? - La voce leggermente stupita e speranzosa di Kaname mi fece sobbalzare sul letto rischiando di far cadere sul letto la tazzina piena di tè che avevo portato alle labbra.
- Ma cosa ti passa per la mente!? Ho quasi rischiato di rovesciarmi tutto addosso! -
- Scusami. Non era mia intenzione. Io... Tolgo il disturbo. -
Fece per alzarsi dalla poltrona dove magicamente lo avevo trovato seduto ma io lo fermai senza pensarci.
- Fermo! Mi dispiace di aver alzato la voce. Come... come hai fatto ad entrare? -
- Dalla porta. -
- Oh... Non ti ho sentito. - arrossii e abbassai la testa per coprirmi il viso con i capelli. Dove avevo la testa quando è entrato? Mi diedi della stupida alzando gli occhi al cielo.
- Quando hai finito vieni in biblioteca. - In un batter d'occhio scomparve. Non riuscii nemmeno a vedere che si era alzato ed era uscito dalla porta richiudendosela alle spalle.
Mi alzai dal letto controvoglia, andai in bagno a darmi una sciacquata e presi un paio di jeans con una maglietta color panna e delle scarpe da ginnastica abbinate. Come avrei fatto se non avessi mai incontrato Asura? Mi mancava così tanto la mia migliore amica che mi scese una lacrima sulla guancia. Non ero nemmeno riuscita a salutarla per bene. E Nathan, Philip e Robby? Mi mancavano anche loro. Più di tutti però mi mancavano quella specie di combriccola di coinquilini: Ayden, Grigori, Louis e... Aaron. Dove si era cacciato? Perché non era ancora venuto a prendermi per riportarmi a casa?
Dei singhiozzi uscirono sconnessi dalla mia bocca e calde lacrime incominciarono a bagnami le guance. Perché non potevo vivere la mia misera vita tranquillamente? Perché?
Mi asciugai le lacrime con il dorso della mano e uscii dalla mia stanza sconfortata. Non sapevo dove andare e il palazzo sembrava disabitato da quanto i corridoi erano silenziosi. Smunta e leggermente ricurva su me stessa incominciai a cercare la biblioteca di cui nessuno si era preso la briga di spiegarmi la sua ubicazione. Kaname non mi aveva nemmeno detto a che ora sarei dovuta andarci. E se fosse stato troppo presto? E se invece fossi stata disumanamente in ritardo? Preoccupata da ciò che mi avrebbe potuto fare scattai nella direzione di un corridoio a caso continuando fino a che non ebbi più fiato.
- Mannaggia! I corridoi sembrano tutti uguali... - borbottai.
- Serve aiuto? - Mi voltai di scatto e mi bloccai alla vista di una cameriera.
- Emh, si grazie. Sa dirmi dove si trova la biblioteca? -
- Certamente. Glielo posso solo spiegare, ho tante mansioni di cui occuparmi e quindi sono di fretta. Vada in fondo al corridoio, giri a destra, vada a dritto, il secondo corridoio a sinitra e poi di nuovo a sinistra. - Guardò per un attimo la mia espressione insicura e confusa. - Sono sicura che la riconoscerà. - Sparì senza permettermi di chiederle cosa intendeva dire. Nonostante fossi un po' scettica, avanzai per il corridoio e presi la strada che mi aveva indicato la cameriera. Vado a dritto, corridoio a sinistra, no, a destra, si, a destra poi a dritto, seconda a sinistra e successivamente a destra.
Qualcosa non mi tornava e non ero sicura di ciò che stavo facendo. Imboccai il corridoio a destra e davanti a me vidi tante porte più o meno tutte uguali.
Mh, no! Direi di no. La cameriera ha detto che l'avrei riconosciuta quindi non è sicuramente qui.
Tornai indietro e imboccai il corridoio a sinistra. Poi capii immediatamente cosa intendeva dire quella ragazza. C'erano tante porte ma solo una di queste era enorme e apparentemente pesante. L'aprii facilmente e vidi Kaname seduto in modo composto e aggraziato su di una poltrona. Non volevo farmi più vedere debole e fragile davanti a lui così alzai la testa e impettita mi avvicinai a quella sottospecie di statua marmorea.
Non appena i suoi occhi si incastonarono nei miei, tutta la mia fierezza e la mia audacia scomparvero.
- S..scusa per il ritardo, o per l'anticipo. N..non ho un orologio in camera e quindi io... -
- Provvederò. Siediti pure, non mordo. -
E quelle sue ultime parole mi ricordarono tanto il mio primo incontro con Aaron nel bosco. Al pensiero di quanto mi mancavano le sue forti braccia che mi stringevano a lui, una lacrima ribelle riuscì a sfuggire dai miei occhi umidi.
Fulmineamente Kaname si fece più vicino a me e con l'indice della sua mano destra raccolse la mia lacrima. Ma non appena il suo dito sfiorò la mia pelle, il mio corpo si irrigidì automaticamente senza che io potessi controllarlo.
Lui lo notò subito e così si distanziò da me senza più entrare nel mio spazio vitale. Serrò la mascella e mi fissò con maliconia.
- Tua madre era una demone molto bella e raffinata, dal portamento elegante ed estremamente dolce. Tutti l'amavano e/o adoravano e, difatti, aveva tanti spasimanti. Ma tua madre aveva occhi solo per Richard, l'umano che poi è diventato suo sposo e successivamente tuo padre. Eveline, tua madre, ti adorava. Quando sei nata era pazza di gioia. Eri uguale a lei tranne che per i capelli, quelli li hai presi da tuo padre. Amavi così tanto i tuoi genitori che non avevi bisogno di nessun altro. Per te, loro erano come delle divinità le cui parole erano legge e verità, sempre. Tua madre aveva lunghi e splendidi capelli color cioccolato dalle sfumature rossastre, gli occhi rosso scuro come il sangue venoso, gli zigomi alti, il nasino leggermente all'insù e due labbra carnose di un rosa tenue. Tuo padre sembrava il classico 'cattivo ragazzo' di cui tutte al liceo si innamorano. Aveva capelli ne troppo corti ne troppo lunghi, fluenti e neri come la pece, zigomi pronunciati, mascella squadrata e due occhi verdi scuro con uno strano scintillio dentro. Nonostante da giovane fosse quel genere di ragazzo donnaiolo di cui non gli importa nulla dei sentimenti altrui, quando incontrò tua madre a un ballo per puro caso, qualcosa in lui cambiò. Inizialmente si comportava come sempre ma più passava il tempo con tua madre e più il suo carattere ribelle si affievoliva, senza però scomparire. La spiegazione? Si era innamorato per davvero per la prima volta in tutta la sua vita. Si amavano così tanto che avrebbero dato la vita l'uno per l'altra, e così è stato. -
Non mi resi conto che ormai le lacrime stavano sgorgando a dirotto dai miei occhi umidi. Volevo saperne di più, volevo sapere tutto della mia infanzia ma non riuscivo a far fuoriuscire di bocca neanche una parola. Fortunatamente continuò lui senza che io glielo chiedessi.
- Inizialmente i genitori di Eveline non erano d'accordo con la decisione di lei di passare il resto della sua vita con un umano ma poi, con il tempo, Richard si fece voler bene dando prova della sua forza d'animo nello stare a contatto diretto con più demoni. -
- E come si difendeva da loro? - chiesi con voce tremante.
- All'inizio gli fu abbastanza difficile e infatti Eveline non lo lasciava mai da solo. Poi però lui iniziò a stufarsi di essere protetto da sua moglie e così decise di fare un patto di sangue con Eveline. Il patto di sangue ha più funzioni: può essere usato come vincolo tra padrone e schiavo, può essere una protezione per uno dei due o anche un simbolo estremo di amore. Il patto di sangue consiste nel bere il sangue dell'altro per tre volte poco prima di pronunciare il giuramento infrangibile. Dopodiché sul polso sinistro si crea un marchio che brucia se uno dei due sta infrangendo il giuramento infrangibile. Tuo padre, bevendo il sangue di tua madre, divenne più forte fisicamente. Non ci furono cambi estetici come più muscoli o occhi rossi, niente di tutto ciò. Lui rimase lui, un po' più veloce e forte degli umani, ma restò comunque un umano. -
- Perché mia madre non lo trasformò? - Mi guardò con occhi dolci come se fossi ancora una bambina che non sa nulla delle questioni degli adulti. Stranamente questa cosa non mi irritò come invece avrei pensato.
- Perché quando loro erano giovani, la trasformazione era ancora una pratica non vista molto bene ed era anche pericolosa per i vari intoppi che ci potevano essere. Se non fosse stato abbastanza forte, tuo padre, sarebbe potuto morire e ovviamente tua madre non voleva rischiare. -
- Tutto questo è... pazzesco. Mi sento più serena ora che so di loro. - feci un grande respiro - Però ora mi sorge un dubbio. -
- Domandami pure, sono qui per te. - Abbassai gli occhi sulle mie mani perché mi sentii improvvisamente in imbarazzo. - Sempre. - sussurrò così impercettibilmente che mi domandai se me l'ero immaginato.
- Se mia madre era una demone e mio padre un umano, quando sono nata, io cos'ero? -
- Sapevo che lo avresti chiesto. Eri una demone ma non completamente. Avevi un 60% di sangue demoniaco e un 40% di sangue umano, di conseguenza eri considerata una demone. I mezzosangue, ovvero con il 50% di un certo sangue e il 50% di sangue di un'altra creatura, è raro. Il tuo.. amico.. Aaron è un mezzosangue come hai potuto capire. Ne può esistere solo uno. -
- Ma mi ha detto che anche suo padre era un mezzosangue... -
- Si, infatti, ad una certa età del bambino mezzosangue, il padre muore. Il genitore mezzosangue vive solo fino ai primi anni dalla nascita del bimbo, il tempo necessario per insegnargli ciò che deve sapere. -
- Ma è una cosa barbara! -
- No, è una cosa giusta. -
- Se lo dici tu, ci credo. Io mi domando, ma perché sono umana se un tempo ero una demone? -
Calò il silenzio. Non un passo da qualcuno nella villa, non una mosca, il cinguettio di un uccellino, il vento. Tutto tacque come se il mondo intero avesse avuto paura della risposta a quella domanda.
- Per oggi direi che è abbastanza. - mi rispose gelidamente come non aveva mai fatto. Si alzò dalla poltrona e si diresse verso la porta, non prima di avermi detto di fare come se fossi a casa mia perché, dopotutto, lo era per davvero.
Quando ormai aveva chiuso la porta alle sue spalle, si affacciò con la testa e mi sorrise.
- Dovresti andare al terzo piano, te lo consiglio. -

Poco dopo feci come mi aveva detto non sapendo cos'altro fare e ciò che vidi mi stupì. C'era un intero piano dedicato alla palestra con tanto di piscina interna. Rimasi stupita. Mi domandai perché mi avesse fatta andare lì ma poi, riflettendoci, capii. Dovevo allenarmi e continuare ciò che avevo iniziato con Aaron. Ma perché ancora non era venuto a prendermi? Perché non si faceva sentire in qualche modo?

La stanza era a dir poco enorme e non solo per estensione ma anche in altezza. Il soffitto era estremamente alto e grigio, esattamente come le pareti e il pavimento. Andai verso il centro della stanza per guardarmi intorno e notai che il pavimento era composto da uno strano materiale liscio e splendente come il marmo ma al tempo stesso non troppo rigido. Lo stanzone che prendeva un intero piano della villa era diviso in settori. C'era una piscina interna posta sul lato sinistro dello stanzone; lungo la parete dinnanzi a me c'erano vari attrezzi; sulla parte destra si trovava uno strano macchinario a muro mentre nella parete alle mie spalle c'erano degli appigli colorati di diverse forse e dimensioni che molto probabilmente servivano per scalare le pareti. Il centro era libero e mi domandai cosa si trovasse dietro alle porte che avevo notato. Peccato che fossero chiuse a chiave.
Non sapendo cos'altro fare e come impiegare il mio tempo senza allenarmi corsi in camera mia perdendomi un paio di volte per cambiarmi di abiti. Una volta più comoda tornai al terzo piano ed iniziai con l'allenamento partendo dalla corsa, tanto per riscaldarmi. Dopo soli otto minuti ero già morta. Il fiato mi mancava e per cercare di riimmettere la giusta quantità di ossigeno nel mio corpo, boccheggiavo esageratamente.
- Non sono per niente in forma. Mi faccio schifo da sola. - sbuffai. - Direi che la corsa per oggi è abbastanza. - borbottai a me stessa incamminandomi verso un attrezzo a caso.

Dopo un po' alzai lo sguardo sulla parete di fronte a me e constatai che ero lì in quella palestra da circa quaranta minuti, i più brutti della mia esistenza, considerando che mi ero storta una caviglia durante un esercizio.
Bagnata fradicia di sudore mi sdraiai per terra esattamente al centro di quell'enorme sala e ringraziai il cielo per l'attimo di pace di,cui potevo godere crogiolandomi nella bellezza del pavimento gelido.
- Ti ammalerai. -
Urlai e mi coprii subito la bocca con una mano per lo spavento preso.
- Ka.. Kaname. Mi hai fatto prendere un infarto. Che ci fai qui? -
- Non era mia intenzione, chiedo perdono. Comunque si direbbe che questa è casa mia. - Per un brevissimo istante alzò un sopracciglio.
- Oh, si, giusto. Che stupida. Tolgo subito il disturbo. - Mi alzai però troppo velocemente scordandomi della storta che avevo preso poco prima alla caviglia. Un capogiro mi fece perdere l'equilibrio ma prima che mi schiantassi a terra Kaname si precipitò verso di me evitandomi di sfracellarmi a terra. Mi ritrovai quindi semi sdraiata tra le sue braccia con qualche ciocca ribelle che gli ricadeva sul mio viso solleticandomelo. Ci fissammo intensamente e mi resi conto che i nostri visi erano pericolosamente vicini ma questo, stranamente, non mi spaventò, anzi, lo trovai rassicurante ed elettrizzante. Inespressivo si avvicinò sempre di più al mio volto abbassandosi verso il mio mento. Poi sentii la punta del suo naso appoggiarsi sul mio collo tracciando una linea retta e verticale mentre inspirava a pieni polmoni. Piccoli brividi percorsero la mia schiena scatenandomi una strana sensazione di benessere a livello interiore.
Kaname sospirò rumorosamente e affondò il suo viso nell'incavo del mio collo mentre io rimasi immobile con gli occhi leggermente più aperti del normale.
- Hai un odore così buono... -
Il suo respiro solleticò il mio orecchio causandomi immensi e incontrollabili brividi. - Andiamo, ti accompagno in camera. Non voglio che tu ti sforzi e che tu ti ammali. -
Passò un braccio sotto le mie ginocchia e uno dietro la schiena dirigendosi verso la mia stanza.

Occhi rosso sangueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora