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Mi svegliai di soprassalto.
- Scusa. -
- Per cosa? - domandai stropicciandomi gli occhi.
- C'era un dosso. Ti ho svegliata. - Seguii con lo sguardo il suo dito che puntava dietro di noi.
- Oh, non fa nulla, tranquillo. -
Silenzio. Sospirai.
- Per quanto ho dormito? -
- Quaranta minuti. -
- Solo? - Sospirai nuovamente.
Mi rivolse un'occhiata curiosa. Intuii che fosse causata dal mio continuo sospirare.
- Tu... Non parli molto. Quando lo fai sei sempre molto gentile e premuroso nei miei confronti, certo, ma... - Alzai le spalle per fargli capire che non sapevo come spiegarlo e che era tutto lì, nulla di chissà che in effetti.
- Ho vissuto per molti anni da solo. -
- Ma c'erano le cameriere e George... -
- Scambiare qualche parola ogni tanto non significa avere una vita sociale piena. - Annuii.
- Perché non sei tornato negli Inferi con i tuoi genitori e zii? -
- Cercavo te. - Gli sorrisi lievemente.

Portai lo sguardo fuori dal finestrino estraniandomi da tutto. Non sapevo a cosa stessi pensando in particolare, avevo solo lo sguardo fisso nel vuoto.
Non seppi per quanto restai lì in quella posizione ma quando raddrizzai il collo sentii una fitta di dolore.
- Sei rimasta immobile per quasi un'ora. -
- Sì io... pensavo a qualcosa, anche se non me lo ricordo. - Mi grattai il collo, imbarazzata per essermene dimenticata.
- Non hai capito. Sei rimasta veramente immobile, letteralmente. Ti ho chiamata e scossa varie volte ma non davi segni di vita. Sembravi fatta di roccia È tutto okay? -
- Certo. Io sto benissimo -, risposi spaesata.
Mi fissò per un attimo per assicurarsi che stessi dicendo la verità per poi riguardare la strada.
- Quanto... -
- Tre ore. -
Richiusi la bocca rimasta aperta per la frase in sospeso.
- Non volevo interromperti, mi dispiace. Non era mia intenzione apparire sgarbato. -
- Lo so. - sussurrai nascondendo il viso tra i miei capelli.

Dopo un'oretta di viaggio con solo la musica a basso volume della radio a farci compagnia, ci fermammo in un'area di sosta.
- Intanto vai, io sistemo una cosa in macchina. - Annuii dirigendomi verso l'entrata. Lessi l'insegna: "Refectionem". Che nome buffo, pensai.

Erano più o meno le ventidue di sera ed io avevo di nuovo fame. Non sapevo se avrei trovato delle sacche di sangue in vendita, mao sperai con tutta me stessa.
Aprii la porta e sentii sopra la mia testa un campanellino annunciare la mia entrata. Si girarono tutti ed io incassai la testa nelle spalle per cercare di attirare il meno possibile l'attenzione degli uomini che popolavano maggiormente il piccolo locale. Qualcuno mi sorrise maliziosamente mentre altri mi scrutarono sospettosi. Abbassai lo sguardo e mi sedetti al bancone al primo posto libero che trovai.
- Buonasera signorina, cosa desidera? - mi sorrise in modo sghembo il ragazzo di turno molto probabilmente di solo qualche anno più grande di me.
- Emh... Vorrei... -
- Ehi bambolina, ti sei persa per caso? - Un uomo sulla quarantina mi affiancò alitandomi in faccia.
Feci una smorfia involontaria per la forte puzza di alcol che mi arrivò sul viso.
- Cos'è quella faccia disgustata? Non si può esser tutti carini, sai? Bisogna sapersi accontentare. - continuò a sorridermi avvicinandosi ancora di più.
- Dai non è il caso. Lascia in pace questa ragaz... -
- Sta' zitto tu, barista. -
- Mi scusi signore, vorrei solo mangiare... - Dove era finita la me spavalda? E Kaname che fine aveva fatto? Mi sentii a disagio con tutti gli occhi puntati addosso.
Dato che non se ne voleva andare mi alzai per uscire ma l'uomo mi afferrò per il polso facendomi congelare sul posto.
- Togli quelle luride mani da lei. -
Kaname!
- E tu chi sares... -
Sentii le parole dell'uomo morirgli in gola e la presa sul mio polso allentarsi immediatamente come se fosse rimasto scottato.
- Non provare mai più anche solo a guardarla. - continuò Kaname con tono gelido guardandolo fisso negli occhi. Un po' intimorì anche me che, nel frattempo, mi ero nascosta dietro la sua schiena.
- Un livello A... - sentii sussurrare all'uomo.
Altri brusii si sparpagliarono per la sala lasciando solo la televisione come sottofondo leggero.
L'uomo sconvolto se ne andò ed io buttai fuori tutta l'aria che inconsapevolmente avevo trattenuto.
- Ora sei al sicuro. - mi disse prendendomi il viso tra le sue mani mentre tutti gli altri tornarono alle loro questioni.
- Grazie. - sussurrai. Mi sorrise per poi prendermi per mano e farmi rimettere sullo sgabello dove mi ero seduta precedentemente.
- Ragazzo. - Kaname fece un segno al barista che intanto si era allontanato per servire altri clienti.
- Cosa desiderate? - ci sorrise genuinamente.
- Sangue. -
- Come pensavo. Torno subito. Ah, qualche scelta in particolare? Abbiamo quello animale, d'uomo, di licantropo e... penso basta. -
- Quello di animale per me e d'uomo per lei. -
- Come desiderate. - Annuí per andare a prendere il tutto.
- Glielo hai detto così tranquillamente? Come facevi a sapere che... -
- Perché il nome dell'insegna è in latino. Questo significa che è un'area di ristoro per le creature. -
- E gli umani come fanno? -
- Non c'è pericolo. Quasi tutti si tengono alla larga da questi tipi di locale perché il loro sesto senso, quello che noi abbiamo pienato essendo ciò che siamo [Se non è chiaro chiedetemi nei commenti o in chat privata], gli consiglia di non avvicinarcisi in quanto sentono la negatività che ci aleggia intorno. -
- E se qualche umano ci entra lo stesso? -
- Ecco a voi le bibite! - Il ragazzo posò due grandi bicchieri sul tavolo.
- Grazie -, gli sorrisi poco prima che se ne andasse.
- Ci sono due categorie di umani che potrebbero entrate in una di queste aree di servizio: primo, è uno sciocco a non aver ascoltato quella sensazione di starne alla larga e quindi alla fine, muore mangiato o ucciso da qualche creatura; secondo, l'umano in questione sa a quel che va incontro, che sia uno che conosce la nostra specie grazie a parenti che lo sono o che sia un cacciatore di Creature, non ha importanza. Se si avventura in questi locali e non fa parte della prima categoria vuol dire che sa come difendersi. -
Annuii estasiata delle sue concise ma esaudienti spiegazioni.
- Perché sorridi? - mi chiese storcendo leggermente la testa di lato.
- No nulla. - sorrisi ancora - Che vuol dire livello A? -
- Nel mondo dei demoni, come in altri, c'è una gerarchia. Livello A significa che sono un purosangue, e, come tale, ho dei privilegi, se possiamo chiamarli così. Ti ricordi quando quel giorno nel bagno di un locale ho cancellato la memoria e ho obbligato quell'umano che stavi dissanguando ad andarsene? Non tutti i demoni possono farlo, solo quelli di livello A. -
- E come faceva quel tizio di prima a saperlo? Lo conoscevi? -
- No. Semplicemente tutti riescono a percepire la presenza di una creatura così forte, lo stesso vale per gli arcangeli. Gli umani percepiscono questa forza quasi inconsapevolmente e ne sono attratti o intimoriti. -
Bevvi un sorso di sangue dal bicchiere e lo guardai fare lo stesso.
- Perché hai preso sangue di animale per te e di umano per me? -
- Tu hai bisogno di forze, e il sangue umano e il migliore da questo punto di vista. Io ho scelto quello di animale perché per essere un vero leader devo imparare a sopravvivere in ogni situazione. Molti demoni, se non sono abbastanza forti, dopo qualche anno che si cibano solo di sangue animale muoiono. Io devo imparare a cavarmela in ogni possibile situazione. -
- Deve essere snervante dover avere tutte le responsabilità di un leader... -
- No, se è quello per cui ti hanno sempre cresciuto fin dalla nascita. No se vuoi essere libero di scegliere ciò che vuoi quasi sempre e avere delle creature sotto il tuo comando che potrebbero aiutarti nelle tue imprese. No se ho la possibilità di migliorare la situazione e le vite dei miei simili facendomi rispettare invece di intimorire e basta... -
Lo guardai ammaliato. Mi guardò anche lui. Poi sospirò mettendosi le mani davanti al viso con fare disperato.
- Che succede? -
- Quando mi guardi così mi viene in mente quando eravamo bambini. Mi guardavi allo stesso modo, come se tu fossi fiera e ammaliata da me. Non hai idea di quanto adoravo quando mi guardavi in quel modo, e quanto invece mi infuriavo se quello sguardo non era rivolto a me. -
Arrossi lievemente.
- Credo sia ora di andare. - Si alzò dallo sgabello e appoggiò dei soldi sul bancone.
- Pagate davvero con i soldi? - chiesi stupita.
- Con cosa vorresti pagare altrimenti? Comunque se vuoi da mangiare basta andare a procurarselo. Ma a volte non tutti hanno tempo o voglia per cacciare quindi si fermano in questi locali. -
Annuii.

Salimmo in macchina e il viaggio riprese in modo abbastanza monotono.

Quasi tre ore dopo la strada iniziò a farsi piena di buche e successivamente divenne sterrata. Kaname parcheggiò in un piccolo spiazzo un po' nascosto alla strada.
Scese dalla macchina, la chiuse e affondò le chiavi nella tasca dei suoi jeans neri. Poi mi guardò pensieroso.
- Tira su il cappuccio. -
Obbedii.
- Perché tu non lo fai? -
- Nessuno mi darà fastidio, credimi. - Mi guardò con un sorrisetto beffardo.
- Giusto, livello A. - Scossi la testa quando lo vidi annuire facendomi l'occhiolino.

Camminammo per molte stradine sterrate che sembravano essere tutte uguali. Ogni cosa era malridotta: le strade, le case, i negozi.
- Perché sembra che in questa cittadella ci sia stata una guerra? - sussurrai a Kaname avvicinandomi a lui.
- Non ne ho idea, ma conoscevo l'esistenza di questo paese caduto in disgrazia molti anni fa, probabilmente a causa di qualche Creatura. A quanto vedo non si sono mai ripresi. -

Vagammo per un po' per le stradine fino a quando non mi accorsi che qualcuno ci stava seguendo. Mi girai di scatto con tutti i muscoli in preallarme.
- Calma. Continua a camminare e fai finta di niente. -
- Allora anche tu te ne sei accorto! - esclamai a voce bassa.
- Si, molto prima di te. - Alzò un sopracciglio.
Gli feci la linguaccia e lui sorrise divertito.
- Ma cosa vuole? Chi è? -
- Non credo voglia qualcosa. Non è minaccioso, tranquilla. -
- Come fai a dirlo? Potrebbe essere pericoloso. - Abbassai ancora di più la testa.
Mi sorrise. - È un bambino. -
- Come? -
- Già. Ci segue perché è curioso. Siamo stranieri qui, dopo tutto. È una cittadina non troppo grande e tutti conosceranno tutti, presumo. -
- Ora basta. Mi inquieta sentire qualcuno dietro di me. -
- Aspetta, cosa vuoi fare? -
- Continua a camminare. -
Mi nascosi mentre Kaname finì di svoltare l'angolo con il bambino al seguito.
Poi comparvi davanti ad un ragazzino di circa nove anni. Lo vidi trasalire e nascondersi inutilmente dietro un palo della luce.
- Guarda che ti vedo. Vieni fuori. - Sorrisi al bambino che si era scostato di poco. Mi abbassai e tesi una mano verso di lui. Poi il piccoletto guardò dietro di me e i suoi occhi si ingrandirono. Capii che anche lui come l'uomo all'area di servizio aveva percepito la potenza di mio cugino.
Inaspettatamente il bambino corse incontro a Kaname che mi stava guardando con un mezzo sorriso. Poi vidi le sue gambe essere circondate dalle braccia magroline del bambino. Rimasi a bocca aperta e guardai male Kaname.
- Non dovresti far paura? - Ci rimasi male. Vidi il suo sorriso divertito espandersi sempre di più fino a scoppiare in una sonora risata.
- Che hai da ridere? - Appoggiai le mani sui fianchi e girai la testa di lato cercando di mitigare la mia scocciatura. Kaname continuò a ridere. Sbuffai seriamente impermalosita e ripresi a camminare a passo spedito.
- Sai almeno dove stai andando? - Cercò di chiedere tra una risata e l'altra. Non gli risposi. Poi me lo ritrovai affianco con il bambino che lo teneva per mano.
- Non te la sarai davvero presa... - Mi guardò tornando un po' più serio. - Se proprio vuoi saperlo credo che fosse imbarazzato. Per questo è venuto da me. Ha capito che non gli avremmo fatto del male e si è avvicinato. -
- In imbarazzo per cosa? - Borbottai.
- Perché sei stupenda. -
Mi volta immediatamente verso di lui.
- E ti avverto, mi scoccia vedere che sorridi in quel modo ad un altro maschio. -
Pensai stesse scherzando ma mi guardò serio.
- Scherzi? - Lo guardai sorridendo aspettando che lo facesse anche lui. Non rispose e rimase serio. Il mio sorriso si ingrandì.
- Ma è un bambino! - Mi lasciai sfuggire a voce alta iniziando a ridere.
- Non mi interessa. - borbottò aggrottando le sopracciglia.

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