Mi vegliai di soprassalto mettendomi a sedere su un letto che non era il mio. Mi guardai intorno spaesata e poco poco ricordai di essere stata rapita da un certo Kaname. Vederlo negli occhi era stato deleterio per la mia salute. Nei suoi occhi rossi come i miei avevo scorto, poco prima di svenire, un lampo di preoccupazione, forse per me? O semplicemente per paura che io scappassi? Non avrei potuto saperlo e sinceramente, in quel momento, non era tra le mie priorità.
Mi alzai dal letto un po' traballante e bevvi un lungo sorso di acqua fresca dal bicchiere che era stato posto sul comodino. Mi guardai intorno e notai che quella stanza era asettica, priva di ogni possibile riconoscimento del proprietario tranne che per una singola ed unica foto posta in una cornice d'argento sulla libreria. Essa rappresentava il primo piano del volto di una bambina dai capelli lunghi e dagli occhi rosso vivo con la bocca aperta e i canini denudati. Nonostante non fosse l'immagine ideale della dolcezza, la bambina era davvero bella. Rimasi lì imbambolata a guardare la foto fino a quando non sentii un lieve bussare alla porta. Feci un sobbalzo e immediatamente la paura attanagliò il mio stomaco. Con la voce incrinata incitai chiunque fosse dietro a quella porta di entrare.
- Oh, signorina Lilu, vedo che siete già in piedi. -
Guardai la donna minuta avanzare impettita dentro la stanza per mettersi immediatamente a rifare il letto con una precisione quasi maniacale. I capelli biondi a caschetto le ricadevano costantemente davanti agli occhi facendola sbuffare lievemente. Tossii per attirare l'attenzione e quella subito si girò di scatto verso di me.
- Oh cielo mi scusi signorina, non dovevo rifare il letto davanti a lei. Oh che sbadata, non mi sono nemmeno presentata! Mi scusi davvero molto, sono nuova e non sono molto pratica in convenevoli. Il signorino Kushiro mi ha assunta esclusivamente per servirla, signorina. Sono quindi a sua completa disposizione. - Fece un sorriso enorme. - Ho ricevuto un messaggio dalle altre cameriere. Mi hanno riferito che entro le venti di stasera deve essere lavata, improfumata, acconciata e vestita per la cena. Il signorino Kushiro è un demone molto puntuale e pretende che tutti, in casa sua, lo siano. -
- Grazie per avermelo detto... - aspettai che dicesse il suo nome.
- Uh che sbadata! Mi scusi ancora! Mi chiamo Luisa. -
- Va bene, Luisa. Grazie di tutto e ti pregherei se tu smettessi di darmi del Lei. Dammi del tu senza problemi, mi sentirei meno vecchia. -
- Oh, d'accordo. - si aprì in un enorme sorriso di simpatia nei miei confronti - Ma solo quando saremo sole. In presenza del signorino Kushiro non esiterò a darle del Lei. -
- Come desideri. Quanto manca alle venti? -
- Mmmh... - guardò l'orologio e sbarrò i suoi occhi verde scuro. - Merda! Oh, scusa il mio linguaggio poco consono ma... manca mezz'ora alle venti! -
- Ce la faremo, Luisa. Vedrai... Tu sei qui per aiutarmi, no? -
- S..si. -
- Allora direi di muoverci. Tu riempi la vasca di acqua calda e mettici dentro qualche sale profumato. Io intanto decido i vestiti per stasera. Ehi aspetta, io non ho nulla! Tutte le mie cose sono rimaste nella mia vecchia casa... - Una lacrima solitaria mi scese lungo la guancia. Venne però raccolta da un dito di Luisa che si era immediatamente precipitata da me.
- Oh, non piangere... Mi dispiace pressarti così ma ora dovremmo davvero sbrigarci... -
- Si, hai ragione... -
- Il signorino ha pensato veramente a tutto! Guarda dentro l'armadio! -
Lo aprii e dentro ci trovai tutti i miei vestiti puliti e piegati. Aveva davvero pensato a tutto.
- Lilu il bagno è pronto! Ah, le consiglio di mettere un vestito, al signorino Kushiro piace l'eleganza. -
Così, in fretta e furia, mi immersi nella vasca facendo scivolare via dal mio corpo tutta la stanchezza e lo stress accumulato in quei giorni. Poco dopo uscii grondante dalla vasca e Luisa mi venne incontro con un enorme asciugamano per avvolgermi il corpo. Mi avvolsi i capelli in un turbante e infilai l'unico vestito che avevo dopo essermi asciugata il corpo.
- Il colore verde acqua ti sta davvero d'incanto. Ecco le ballerine abbinate. - Luisa me le porse sorridendomi iniziando poi a trafficare con i miei lunghi ed infiniti capelli.Alla fine, nel complesso, non ero niente male. Il vestito verde acqua con le ballerine abbinate mi stava davvero bene e i capelli fatti mossi per l'occasione erano stati lasciati sciolti così che ricadessero sulle mie spalle nude. Guardai l'orologio e vidi che segnava le 19:59, in pratica eravamo in guai seri se Kaname era davvero così severo.
Uscii in fretta dalla mia stanza e chiesi aiuto a Luisa che, senza indugio, mi fece strada verso la sala da pranzo. Percepimmo un rintocco, poi il secondo e il terzo. Corremmo come delle pazze svoltando vari angoli e imboccando diversi corridoi fino ad arrivare davanti ad una porta enorme e finemente decorata di oro e di rosso.
Luisa mi diede un'ultima occhiata e sorridendomi si fece da parte. Aprii il portone esattamente quando il grandissimo orologio a pendolo posto da un lato dell'enorme sala produsse l'ultimo rintocco delle venti.
Davanti a me si prospettò una sala a dir poco enorme, tutta sfarzosa e decorata elegantemente sulle gradazioni del rosso e del bordeaux con qualche rifinitura in oro. Mi piacque subito per l'effetto intrigante e leggermente cupo che aveva quella sala con al centro un lungo tavolo rettangolare. In quel preciso momento, appena l'eco dell'ultimo rintocco dell'orologio andò sfumando, comparvero da ogni dove camerieri con in mano vassoi pieni di prelibatezze. C'erano primi, secondi, stuzzichini salati e dolci.
- Accomodati. - La voce di Kaname rimbombò per tutta la sala arrivandomi alle orecchie come stilettate.
Un po' titubante mi avvicinai al suo posto a capotavola e mi sedetti alla sua destra dove era apparecchiato per me. Come gesto istintivo stetti il più lontano possibile da lui e di questo, Kaname, se ne accorse.
- Non sapevo se i tuoi gusti sono cambiati così ho chiesto di preparare un po' di tutto. - Iniziò a servirsi cercando intanto di intavolare una conversazione con la sottoscritta.
- Grazie. - Di primo getto scelsi subito il pollo arrosto con patate e iniziai a mangiare di gusto cercando di completare in qualche modo quel silenzio per me imbarazzante.
- Noto che è di tuo gradimento. -
- Si, grazie. -
Continuammo a mangiare e poco a poco il tintinnio delle posate iniziava a mettermi seriamente a disagio. Sentivo lo sguardo di lui fisso su di me e quando alzavo gli occhi per controllare che non mi stessi immaginando tutto, lo vedevo lì di fianco a me che mi fissava veramente senza provare vergogna.
Con uno scatto fulmineo che neanche notai, si allungò verso di me e afferrò con entrambe le mani la sedia su cui ero seduta facendola avvicinare alla sua. Così mi ritrovai vicinissima a lui tanto che le nostre ginocchia si sfioravano.
- Sei arrivata puntualissima come ti avevo chiesto. Sono orgoglioso di come fino ad ora ti stai comportando nonostante tu non ti ricordi di me. -
- Perché mi chiami Giglio? -
- È il soprannome che ti detti quando tuo padre morì. -
- Tu sai come è morto mio padre? E mia madre? -
- I tuoi genitori sono stati assassinati. -
Non risposi. Semplicemente lo guardai negli occhi senza distogliere lo sguardo. Nonostante una parte di me cercasse disperatamente di non crederci, me lo aspettavo. La mia reazione lo fece sorridere umilmente e continuò.
- Sono stati assassinati quando tu avevi solo cinque anni. È stato Dahmpir. -
A quel punto il mondo mi crollò addosso nonostante già sapessi, nel profondo di me, che lui c'entrava qualcosa. Appena lo avevo incontrato lo avevo riconosciuto dal mio sogno quando mia madre mi aveva parlato poco prima di morire. E così non avevo più una famiglia da cercare.
- Posso uscire da questa prigione dorata? -
- No. -
- Perché mi hai rapita? - Cercavo di mantenere un tono duro e composto ma la mia voce si stava irrimediabilmente incrinando.
- Non ti ho rapita, ti ho riportato a casa. -
- Perché ora e non prima? -
Vidi un'ombra passare sul suo volto e questo mi dette la forza di continuare.
- Se davvero questa è casa mia e tu mi conosci da quando ero bambina, che cosa hai fatto fino ad oggi? Perché sono stata allontanata da quella che, a quanto pare, è la mia casa? Perché non mi hai cercata prima? Perché hai lasciato che i miei zii mi torturassero!? -
Via via che esternavo le mie domande più nascoste ed intime, la voce mi si incrinò sempre di più e le lacrime iniziarono a sgorgare copiose sul mio volto rigandomi le guance leggermente arrossate.
- Sei un mostro! Mi hai strappata via da quella che era, anzi, che è tutt'ora la mia famiglia! Loro mi hanno trovata e accudita, loro mi hanno ospitata senza chiedere nulla in cambio, loro mi hanno aiutata a scoprire delle cose sul mio passato, loro sono stati al mio fianco quando non avevo più voglia di vivere! Ti odio! Ti odio per aver strappato via dalla mia vita l'unica cosa bella che avevo! - Mi alzai di scatto dalla sedia facendola rovesciare a terra e corsi via. Non sapevo con esattezza la strada di ritorno dalla sala a camera mia ma in quel momento non mi interessava. L'unica cosa che desideravo era affondare nel letto e dormire per evitare di pensare a quanto odiassi la mia vita. Nella mia corsa pazza andai a sbattere contro un uomo di mezza età e dopo aver sussurrato un "mi scusi" feci per sorpassarlo. Non mi sarei però aspettata che mi avrebbe bloccata per le spalle. Quel demone era davvero alto e magro, con i capelli lunghi e grigi raccolti in una coda bassa. La sua pelle un po' più scura di ogni qualsiasi altro demone risaltava contro gli abiti bianchi dalle rifiniture blu che portava con estrema eleganza. Inizialmente ebbi timore ma non appena lo guardai negli occhi bordeaux tendenti al marrone, mi rilassai inspiegabilmente. Il suo sguardo pieno di tenerezza mi ricordava qualcosa ma non ne ero certa così in fretta e furia mi asciugai le lacrime e sbrocciolai un "Non ho piano". Di rimando il signore mi sorrise come fa un nonno alla sua nipotina e mi disse una cosa che mi lasciò di stucco.
- Non sei per niente cambiata. E se non mi sbaglio ora vorresti solo dormire per affogare tutti i tuoi pensieri. Ma ti ripeto, anche se sicuramente non te lo ricorderai, che non serve a nulla far finta che i problemi non esistano, ci sono e vanno risolti. -
Sembrava che mi conoscesse davvero bene e il fatto che io non ricordassi nulla di lui mi innervosiva non poco.
- Vorrei poter ricordare. -
- Me lo immagino... Vieni, ti accompagno nella tua camera. E si, la ragazzina nella foto sei te. - Lo guardai stralunata e lui capì subito senza che io aprissi bocca. Mi prese a braccetto conducendomi attraverso i corridoi e iniziò a raccontarmi.
- Eri una bambina alquanto fuori dalla norma. Non ti piacevano i luoghi troppo appariscenti e avevi insistito molto con i tuoi genitori per mantenere asettica la tua stanza. L'unica cosa che avevi apprezzato e che, di conseguenza, avevi lasciato, era la cornice argentata che ti era stata regalata per i tuoi cinque anni qualche mese prima che i tuoi genitori... - mi guardò chiedendo permesso di continuare e io gli feci un cenno di assenso. - ...morirono. Quella cornice vuota fu l'unico oggetto che decidesti di tenere in camera. Lo stesso giorno Kaname ti regalò la foto di te di qualche mese prima del tuo compleanno. Lui e i tuoi genitori avevano abbinato i loro regali e tu lo sapevi. Eri così felice... Appena lo hai ricevuto dicesti "il più bel regalo del mondo! Così saranno unite per sempre le persone più importanti della mia vita: i miei genitori e Kaname". Io ero presente, nascosto in un angolino al buio dove nessuno si sarebbe accorto di me. Il mio compito, quando ero libero da altre mansioni, era seguirti e assicurarmi che nulla di brutto ti accadesse. -
- Perché tu lo chiami per nome e non per cognome? Perché io non ricordo nulla di te o di lui? Perché non mi raccontate ciò che accadde dodici anni fa? - Senza che me ne fossi resa conto avevo smesso di piangere ma tutte le domande che affollavano la mia testa mi facevano ricadere nell'oblio della disperazione.
- Lo posso chiamare Kaname perché vivo in questa casa da prima che tu nascessi. Fui assunto un anno prima che nascesse Kaname. Due anni dopo la sua nascita, nascesti tu, un esserino tutto occhi e guanciotte. Per quanto mi piacerebbe, non posso raccontarti nulla di ciò che accadde dodici anni orsono. Ti racconterà lui stesso tutto ciò che vorrai sapere, domani. -
- Come fai a saperlo? -
- Lo conosco come le mie tasche. Anche se a volte non sembra, lui tiene davvero molto a te. E da ciò che mi ha detto non ti è del tutto estraneo. In qualche modo lo hai riconosciuto, non è vero? - Arrossii.
- Come lo sai? Te lo ha detto lui? -
- Ormai sono diventato il suo confidente. -
- E perchè allora fai ancora il maggiordomo? Senza offesa ma non preferiresti assumere le spoglie del suo confidente ufficiale? -
- No. Il mio lavoro è questo e mi piace farlo. Più volte Kaname ha cercato di farmi desistere ma rimango sempre della mia idea. E poi un maggiordomo da meno nell'occhio di un consigliere in veste ufficiale. - mi fece l'occhiolino e si fermò davanti alla porta della mia camera.
- Questo ti da onore. - Di rimando mi sorrise umilmente - Comunque si, l'ho sognato varie volte, solo che era un bambino come me. -
- Bene. Presto si sistemerà tutto, stai tranquilla. Sarà doloroso perché non c'è cambiamento senza dolore, ricordatelo. Lui darebbe la sua vita per te, non incolparlo superficialmente. Buonanotte e bentornata. -
Si girò dandomi le spalle e scomparve nell'ombra. Entrai in camera mia e mi buttai sul letto senza nemmeno togliermi le scarpe.
Che davvero tenesse così tanto a me? E cosa sarebbe stato doloroso? Perché non potevo avere una vita normale? Perché mi sentivo costantemente fuori posto? Perché sentivo che mancava qualcosa dentro di me?Kaname's pov
Appena uscì dalla sala da pranzo rimasi immobile, ma fu solo per un momento. Mi alzai di scatto dalla sedia e mi diressi verso la sala della musica a grandi falcate. Davvero mi odiava così tanto? Avevo forse sbagliato a riportarla a casa? Dovevo fare finta di non esistere e lasciarla vivere la sua vita con la sua nuova famiglia? Perché ci avevo messo così tanto a trovarla? Perché appena l'avevo trovata non l'ho subito portata a casa spiegandole tutto gentilmente? Perché l'avevo osservata per un paio di giorni prima di agire? Perché continuava a non ricordare pressoché nulla nonostante la sua trasformazione fosse già in atto? Perché ci metteva tanto a tornare la demone che un tempo era stata?
- Perché, perché, perché!? - urlai fuori di me dalla rabbia.
Scattai verso il pianoforte e mi buttai a capofitto in una nuova e malinconica melodia dove si alternavano momenti di rabbia e frustrazione a momenti angosciati e avviliti. Lasciai fluire i pensieri e mi persi in quelle note dolci e amare al tempo stesso.Dopo essermi sfogato quasi del tutto, mi diressi verso la sua stanza senza poter fare a meno di vederla. Aprii piano la porta e la trovai lì, supina sul letto con ancora le ballerine ai piedi. Le denudai i piedi e la ricoprii con la coperta sussurrandole "Buonanotte mio dolce giglio".
La decisione era presa, l'indomani le avrei sicuramente parlato.
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Occhi rosso sangue
FantasyPRIMO LIBRO della duologia: - Occhi rosso sangue (In revisione); - Occhi di ghiaccio (Lavoro in corso) E se per puro caso, un giorno, nascesse una bambina con poteri straordinari, più straordinari di angeli, demoni, vampiri, licantropi e ninfee mess...