«Ma quindi, come ci sei capitata ad Hong Kong?» chiesi a Summer mentre finivo una delle pietanze comprate quella sera. Sembro' rimanere perplessa dalla mia domanda, ragionando qualche minuto su cosa dire. «Diciamo che e' un modo per vedere di cosa sono capace. Si', nel senso che questo viaggio per me e' piu' come quando da piccoli ci chiedevano quali sport volessimo praticare, ma noi li sceglievamo tutti, e col tempo capivamo cosa ci piaceva di piu'. Non sose ha senso cio' che ho detto»» disse tutto d'un fiato. «No, non ha senso in effetti» notai io, ridacchiando. «Allora meglio cosi'» termino', finendo l'ultimo involtino primavera ripieno di gamberetti. «E tu?» domando' poi, masticando l'ultimo boccone con fare principesco, come se fosse stato un nobile spuntino dopo una giornata passata ad accogliere persone importanti dei regni circostanti. «Mi piaceva viaggiare nella mente quando ero piccolo. Cosi' ho deciso di far diventare i miei pensieri realta', ed ho preso un biglietto per Hong Kong. E ora sono qui a finire questo delizioso cibo da asporto con una ragazza quasi sconosciuta» risposi. Rivolsi lo sguardo verso di lei, ma non ricevetti niente in cambio. Summer puntava il pavimento come uno scienziato studia qualcosa al microscopio, come se, in caso qualcosa andasse storto o la concentrazione venisse distolta, tutto poteva andare all'aria. Decisi di aspettare. Ad un certo punto pronuncio' qualche parola cautamente, come un sussurro. «Far diventare i pensieri realta'» sussurrava lei , ripetendo piu' volte quelle poche parole. «Far diventare i pensieri realta'» si rivolse verso di me, dando piu' voce alla parole. «Strano come questa frase possa sembrare, detta a diverse persone. Per te ha un significato benevolo, che porta con se' gioia e felicita'. Io non vorrei mai che i miei pensieri diventino realta'. Strano, no?». Di certo non mi aspettavo una risposta del genere. Cio' che aveva detto portava con se' un significato nascosto a me, ma forse era per il meglio, o forse era solo la mia immaginazione. Ad un certo punto quella discussione venne interrotta da un improvviso squillo telefonico, che piu' che altro sembrava una sirena dell'ambulanza. Summer si alzo', andando al tavolino all'angolo della camera per rispondere al telefono fisso per i clienti. «Stan, non lo so ancora, ma credo di si. Ok. Poi vediamo.». Poso' la cornetta, tornando verso di me. «Era Stan. Comunque, grazie per la cena, oh, e per il topo. Ora vorrei dormire, se non ti dispiace» si rovolse a me, incitandomi con un gesto di mani di andare via dalla sua camera.La salutai e mi incamminai verso l'ascensore per tornare all'ultimo piano.
La mattina seguente mi svegliai ed andai a fare colazione nell'area svago, dove fortunatamente era disposto un piccolo tavolino di legno con dei croissant al cioccolato ed una macchinetta per il caffe. Tutto gratuito. E chi non ama il cibo gratuito? Stan era indaffarato con delle carte, cosi' dopo colazione lo salutai velocemente, dirigendomi con lo zaino in spalla verso la baia di Hong Kong. Ci misi qualche secondo per orientarmi nella metro, viste le inumerevoli stazioni della citta' che fronteggiavano il mio scarso atto del capire dove mi trovassi esattamente. Presi una navetta credendo fosse quella giusta, ma purtroppo usci' in una zona totalmente opposta alla mia meta. Sali' su un altro treno sotterrano, che invece si diresse verso il centro. Anzi, quando le porte si aprirono capi' che era la mia stazione di partenza. Ridevo mentalmente per non iniziare ad aver paura del mio grandissimo senso dell'orientamento. Ricontrollai tutta la mappa, e finalmente capi' che dovevo aspettare cinque minuti per la navetta giusta.
Dopo tutto quel trambusto, finalmente la metropolitana mi porto' a destinazione. Usci', ma venni accecato dalla luce solare fortissima, che mi fece coprire gli occhi con un braccio. Con l'altro rovistai scompostamente nella tasca anteriore dello zaino, che per pigrizia non avevo voglia di scendere dalla spalla. Trovai l'oggetto desiderato, ovvero un paio di occhiali a goccia neri, che dopo averli messi aiutarono parecchio ad ambientarsi.
Rimasi stupefatto da come i grattacieli della citta' si riflettevano sull'acqua della baia, riempiendola di colori come se fosse la tavolozza di un pittore. Iniziai a camminare e ad ammirare quell'armonia che mi circondava. Non avrei mai pensato che in una citta' del genere si potesse trovare la pace cosi' facilmente. Notai come gli abitanti del posto trascorrevano il loro tempo libero assieme alle famiglie, ai figli e ai propri animali domestici. Un cane correva avanti e indietro, portando al padrone un rametto che egli lanciava sempre piu' lontano.Piu' in la', seduti su una panchina, un fratello e una sorella, di probabilmente nove anni ciascuno, giocavano al mimo, mentre la madre li guardava da dietro, sorridendo.
Camminavo a passo lento, scattando foto con la mia istantanea. Avevo deciso di riporle in una piccola busta di carta, sulla quale ancora in Canada avevo scritto ''Hong Kong''. Volevo creare un mini album per tutti i posti che avrei visitato, cosi' da mantenere fresco ogni ricordo. Mi venne in mente di fare qualche foto con Stan e Summer, infondo erano le persone con cui avevo legato di piu' in quei primi giorni, oltre ad essere anche le uniche che mi degnarono di qualche parola. I miei coinquilini non li avevo visti nemmeno la notte. La loro roba era sempre posizionata nello stesso modo in cui l'avevo trovata. Chissa' che fine avevano fatto.
Pranzai velocemente in un ristorantino locale, e dopo un'altra passeggiata fino alla fine della baia si fece sera. Le luci dei lampioni, che erano meno rari delle lanterne di carta in quel luogo turistico, si accendevano maestosamente, creando giochi di luce gialla molto particolari. Presi la metro e tornai nel mio quartiere. Prima di entrare in hotel comprai la cena dalla stessa signora che mi offri' il pranzo il giorno del mio arrivo. La trovai piu' facilmente di quel che mi aspettavo, sempre sorridente e affascinante nel suo modo di essere. «Oh, ciao giovanotto. Tieni, prova questi» mi porse un vassoio con posizionati sopra degli spiedini di polipo, questa volta pero' non erano coperti di pastella. Bensi', questi erano come cotti, con una leggera crosticina bruciacchiata che emanava un profumo di spezie salate e salsa agrodolce. Quella donna sembrava leggermi nel pensiero, in quanto a cibo. Le porsi i soldi, ma lei rifiuto' categoricamente. «La prego, non mi sembra giusto prendere il suo cibo cosi'» la supplicai. «Ma io te lo regalo. Mi fa piacere che un giovanotto come te si interessi alla nostra cucina, al nostro paese. Oh, e ti prego, chiamami signora Xian» rispose lei dolcemente. Sembrava come se avessi trovato una terza nonna per l'affetto che provava nei miei confronti. «Allora grazie, signora Xian» le sorrisi, incamminandomi verso la mia casa temporanea.
Entrai nella hall, ma non trovai Stan. L'ascensore era di nuovo occupato, cosi' presi le scale. Arrivato al terzo piano, la mia curiosita' mi fece voltare in direzione della stanza di Summer. Volevo sapere se aveva avuto una giornata bella, sapete no, iniziare una tipica conversazione da hostel. Entrai, trovando la stanza vuota, senza nemmeno l'ombra della ragazza bionda. Scesi a pian terreno, usufruendo di nuovo delle scale, e fortunatamente ritrovai almeno Stan. «Hey! ma dov'e' Summer?» chiesi con foga, come se un toro mi avesse inseguito fino a qualche minuto prima. «Oh..bhe'...e' partita stamattina presto, prima che tu lasciassi l'hostel» commento' gesticolando. Probabilmente era il suo modo di esprimere cio' che pensava, un po' come fanno gli italiani. «Come partita?» qusi urlai, rimanendo a bocca aperta. Certo che quella ragazza era tutta una sorpresa. «Cosi'. E non ha nemmeno detto per dove» spiego' il biondo. Se una mosca mi fosse entrata nella bocca non ci avrei fatto caso. Ero leggermente giu' di morale, anche se era strano sentirsi cosi' per qualcuno che si conosce da poco. «Oh, Shawn, prima che mi dimentico....» disse improvvisamente Stan, chinandosi sotto al bancone alla ricerca di chissa' che. Rovisto' per qualche secondo, per poi emergere con un semi sorriso. «Questa l'ha lasciata per te». Mi porse una busta bianca, con dentro probabilmente una lettera. Il retro dell'involucro di carta era firmato in corsivo col nome della ragazza.
***Spazio Autore***
Quarto capitolo sbarcato! Che ne pensate?? Cosa ci sara' all'interno della busta? E Summer? Come la definireste con una sola parola?
Lasciate un commento e mettete un stellina!
Alla prossima,
~Fra'

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This Big World ~ Il mondo che c'e' in te
FanfictionAvete mai avuto quella sensazione di essere alla ricerca di qualcosa, senza sapere di cosa esattamente? Io si. Era da anni che non riuscivo a trovare il mio posto nel mondo. Ricordo che una notte ero talmente sommerso da questo pensiero da non riusc...