Epilogo

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Se avessi saputo di morire il giorno del mio ventunesimo compleanno, non sarei mai e poi mai tornata a Fairville. Beh, se non ci fossi tornata, molto probabilmente, non sarei nemmeno morta. A meno che non fosse destino… ma adesso sto divagando.

Avrei dovuto capire che le cose sarebbero andate in questo modo, avevo tutti gli elementi. Ma non ho rimpianti, ho sempre fatto quello che volevo fare, quando mi andava di farlo e, soprattutto, con chi. Peccato che sia finita così. Certo, magari se mi fossi comportata in maniera diversa avrei vissuto più a lungo, ma chi ci pensava alla morte? Si crede sempre che toccherà agli altri… e sto di nuovo divagando.

Mentre precipito nel vuoto, tutto, nella mia mente, si fa chiaro. Non ho visto chi mi ha spinto, ma ho capito chi è stato. Non mi ha dato nessuna spiegazione, forse non credeva che ne avessi bisogno. Si sbagliava. Se solo mi avesse dato il tempo di replicare… non mi troverei qui ora, sempre più vicino all’asfalto.

Se fossi una persona romantica, come Jessica, spererei nel salvataggio dell’ultimo minuto da parte di qualche supereroe segretamente innamorato di me, qualche imbranato per cui mi ero presa una cotta con una doppia identità. Purtroppo, o per fortuna, sono sempre stata cinica e so che non verrà nessuno a salvare me. Okay, ammetto di non essere la persona più simpatica di questo mondo, ma non è colpa mia. Non ho mai dovuto sforzarmi più di tanto. Avevo il mio sorriso, i miei occhi verdi e i miei capelli biondi.

Chiudo gli occhi. So che l’asfalto è vicino, sempre più vicino, ma non lo tocco, inaspettatamente non mi sfracello al suolo. Quando riapro gli occhi, sono distesa su un prato. Ci metto qualche secondo a capire dove mi trovo. Il cortile della mia vecchia scuola.

Cosa ci faccio qui?

«C’è nessuno?» chiedo senza ricevere risposta. Sono sola e la mia unica compagnia sembrano essere le stelle. Quand’ero ragazzina, mi divertivo a elencare i nomi di tutte le costellazioni. Mi ero fatta regalare da mio padre un enorme telescopio di ultima generazione, passavo le ore a osservare il cielo. Poi è iniziato il liceo e ho chiuso con quelle cose da sfigata.

Sgrano gli occhi e mi trovo in un vecchio cinema. Sembra il cinema di Fairville, quello in cui andavo ogni tanto, quando non esistevano ancora i multisala, però so che non lo è. Quel posto non esiste più, l’hanno demolito per costruire un centro commerciale. Sullo schermo ci sono io, sospesa in aria, come se fossi prigioniera di una bolla di sapone.

Quando dicono che appena prima di morire tutta la vita ti scorre davanti, non pensavo fosse in senso letterale.

Il mio primo pensiero, non mi vergogno di ammetterlo, è che sono bellissima. La verità è che la morte non mi ha mai spaventato, quello che mi faceva paura – davvero paura – era la vita: i capelli che diventano grigi, le prime rughe, le diverse parti del corpo che iniziano a cedere alla forza di gravità. Non sopportavo il pensiero di invecchiare, la consapevolezza che un giorno non sarei stata più attraente o desiderabile, che gli uomini – e le donne – non mi avrebbero più guardato allo stesso modo. Forse avrei dovuto sforzarmi di sembrare simpatica, gentile e intelligente, di trovare interessanti discorsi noiosi o divertenti battute penose. Dopotutto il mio ventunesimo compleanno potrebbe essere stato un giorno perfetto per morire. Se non altro, resterò per sempre giovane è bella.

«Lo pensi davvero?»

Guardo la donna seduta accanto a me, quando è arrivata? Cosa ci facciamo qui? E capisco, forse per la prima volta da quando sono stata spinta dal balcone, che sono davvero morta.

LylaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora