In un’altra vita, forse, non avrei mai lasciato Fairville.
Certo, non avrei mai ingoiato un intero flacone di sonniferi come Leah Benett, ma esistevano comunque valide alternative. Avrei potuto scegliere un college non troppo distante, aiutare Bobby a superare la dipartita del padre.
In un’altra vita, forse, saremmo tornati insieme, avremmo una villetta tutta nostra, col prato curato e lo steccato celeste.
In un’altra vita, forse, domenica sposerebbe me e non Kimberly Joyce.
Sono questi i pensieri che mi assillano quando apro la porta di casa e mi trovo davanti la mia nemesi con i suoi capelli biondi che avrebbero bisogno di una piega, i vestiti comprati ai grandi magazzini e una borsa di marca trovata a metà prezzo su Internet.
«Kim, che piacere.» l’accolgo col mio migliore finto sorriso di circostanza, «Cosa ci fai qui?»
Lei ricambia con un altrettanto finto sorriso, «Sono venuta per invitare te e Jessica al matrimonio. Ne ho parlato con Bobby e anche lui crede che sia un’idea carina.»
Carina non è esattamente il primo aggettivo che mi è venuto in mente, ma deciso di non essere troppo puntigliosa e la invito a entrare.
«Proprio non possiamo, Kim. Abbiamo l’aereo sabato.» spiego mentre preparo un caffè per lei e una doppia aspirina per me, «Mi dispiace perdermi il matrimonio. Scommetto che sarà l’evento dell’anno a Fairville.»
«Perché non vi fermate qualche altro giorno?»
«Abbiamo delle cose da fare a New York. Dobbiamo preparare gli esami.»
In realtà, quello che devo preparare è una strategia per riprendermi Vincent.
Quando ho controllato la segreteria, appena sveglia, non c’era nemmeno un suo messaggio. Come osa ignorarmi così? Charlene gli avrà fatto il lavaggio del cervello. Che ingrata. In fondo, le ho fatto un favore. Grazie a me, suo marito ha acquisito fiducia in se stesso.
Succede sempre così. Dapprima diventano più sicuri di loro stessi, infine il loro ego si gonfia a dismisura. Le altre donne se ne accorgono, iniziano a guardarli in maniera diversa, si chiedono quali qualità possano nascondere dietro quell’apparenza da sfigati per stare con una del mio livello.
Vincent ha seguito il copione alla lettera. Credeva di essere diventato fico e di poter avere tutte le ventenni sexy del mondo. All’improvviso non ero più la studentessa irrangiungibile, ma solo l’amante da scaricare perché si era stancato. Ero diventata come sua moglie, più giovane e sexy, ma sempre noiosa.
Lo stesso valeva per Bobby. Non avrebbe mai avuto una come Kim se non avesse frequentato me al liceo. Sarebbe rimasto uno sfigato qualunque, probabilmente single a vita. Certo, non potendo avere l’originale, si è dovuto accontentare della brutta copia. Anche se, devo ammetterlo, Kim non è affatto male.
«Sono contenta che Bobby abbia trovato una brava ragazza. State bene insieme.»
«Lo credi davvero?»
Sorrido, «Certo.»
«Perché vi siete lasciati?»
La sua domanda mi coglie di sorpresa, «Bobby non te l’ha mai detto?»
Kim scuote la testa.
«Sai com’è Bobby. Si appassiona a qualcosa con tutto se stesso, per lui diventa la cosa più importante del mondo, poi, all’improvviso, si stanca e passa a qualcos’altro.»
Questa cattiveria me la sarei anche potuta risparmiare, lo so. Non è colpa mia, mi sono svegliata con un terribile mal di testa e senza nessun segno di pentimento da parte del mio ex amante e dovevo pur sfogarmi in qualche modo. Accumulare lo stress è nocivo. Lo sanno tutti.
«È stato in quel momento che l’hai capito?» mi domanda Leah.
Siamo di nuovo al cinema, con un primo piano degli occhi azzurri di Kim sul max-schermo.
«Capito cosa?»
«Che rivolevi Bobby.» risponde Leah sgranocchiando pop-corn.
In un’altra vita, forse, starei per sposare Bobby Krakowsky.
In un’altra vita, forse, sarei ancora viva.
In un’altra vita, forse, sarei stata felice.