3. Il colloquio

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«Signorina, lei col vestito rosso! È il suo turno.»

La segretaria all'ingresso aveva dovuto ripetere due volte questa frase; come al solito M. si era persa nel suoi pensieri e aveva perso la concentrazione. Non che avesse poi molta importanza, dopo tutto. La segretaria le aveva indicato la porta in arancione laccato alle sue spalle, mentre le altre due candidate la guardavano come se fosse un'ebete. Poco ma sicuro, non sarebbe andate tutte insieme a prendersi un caffè e fare quattro chiacchiere. M. girò verso il basso la maniglia della porta, ma quando la tirò verso di sé, ci andò a sbattere contro; la porta si apriva verso l'interno e lei aveva fatto una figuraccia colossale, da vera scema, oltretutto davanti a quelle supermodelle fighette. La cosa peggiore però era che anche il responsabile al di là della soglia doveva aver sentito il tonfo e poteva immaginare la scena. Ma perché non riusciva a fare a meno di passare per imbranata, almeno per una volta? Se c'era da inciampare, far cadere le cose, andare a sbattere, farsi male in modi assurdi, lei era sempre in pole position. Finalmente riuscì a entrare e rivolse il migliore dei suoi sorrisi all'esaminatore, che stava seduto su una poltrona presidenziale color sangue di bue e aveva un sopracciglio alzato, segno che si era accorto benissimo di cosa era appena successo. E se fino a quel momento le era rimasto un briciolo di ottimismo per il colloquio, ora non le restava più niente, una prospettiva davvero poco incoraggiante. L'uomo le fece segno di accomodarsi, cosa che fece senza indugio e facendo attenzione a non inciampare nelle gambe della sedia.

«Bene. E così lei avrebbe trent'anni...» disse l'uomo, lasciando la frase in sospeso neanche un buongiorno, come sta. Piuttosto freddino come approccio.

«Sì, infatti.» che altro poteva dire?

«E non ha nessuna esperienza nell'organizzazione eventi...» anche questa volta non c'era alcun tono interrogativo nella frase.

«No, a dire il vero. Ho collaborato a qualche evento, ma era già stato tutto organizzato.» forse avrebbe dovuto parlare di più, ma le parole proprio non uscivano.

«E non ha mai fatto da assistente a qualcuno...»

«No, non direttamente.»

«Quindi non hai mai lavorato a un evento, non ha nessuna esperienza come assistente, non ha esattamente un look da ufficio...in che modo pensa di essere qualificata per questo lavoro?»

«Beh, ecco io...»

Non iniziare a balbettare! Per favore dì qualcosa!

«Non era specificato nessun requisito particolare nell'offerta di lavoro e mi avete chiamato per il colloquio, quindi deve pur aver letto qualcosa nel mio curriculum che l'ha interessata. In ogni caso, so adattarmi bene alle situazioni nuove, so usare bene il computer, parlo correttamente tre lingue, eseguo ciò che mi si dice di fare e sono disposta a lavorare sodo...»

«Sì, questo lo dicono tutti!» la interruppe l'uomo.

«Lo immagino. Se si tratta di organizzare eventi culturali, credo di possedere una buona cultura generale, sono laureata in arte e mi interessano ambiti diversi dello spettacolo, del cinema, della musica.»

«Che musica ascolta?»

Questa domanda la spiazzò: che doveva dire? La verità oppure edulcorare i suoi gusti personali, togliendo ogni riferimento all'heavy metal e citando cantautori impegnati?

«Ecco io...Mi piacciono cose diverse, dai classici alle ultime novità.» risposta che più vaga non si poteva.

«Grazie. Il colloquio è finito. Le faremo sapere.»

Essere l'assistente di una rockstarDove le storie prendono vita. Scoprilo ora