4. Il disastro

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No. Non poteva finire così: non aveva detto praticamente niente. Disastro totale era la sola cosa che le rimbalzava nella mente. Nonostante tutto, si alzò dalla sedia, girò le spalle all'uomo e mise la mano sulla maniglia della porta.

«Tanto per la cronaca, i miei ascolti vanno dai Metallica, Judas Priest, Iron Maiden, Cradle of Filth fino a Katatonia, Anathema, Apocalyptica, Pineapple Thief, ma anche Artic Monkeys, Bush e Florence and the Machine. E tanti altri ovviamente. Arrivederci e grazie per il tempo che mi ha dedicato.» Tanto ormai non aveva più niente da perdere, almeno non sarebbe sembrata un'idiota colossale.

Si precipitò in un attimo fuori da quell'ufficio, senza neanche guardare le altre candidate e mai la strada le era apparsa tanto sicura e amichevole. Guardò l'orologio e vide che erano passati appena dieci minuti; per lo meno non aveva perso troppo tempo nel fare una cosa inutile e disastrosa. Nonostante tutto, pensò che si fosse meritata un giro per negozi, così invece di tornare subito a casa, si addentrò per le strette vie del centro e si infilò nel suo negozio preferito: una libreria. Ovviamente non poteva comprarsi niente, viste le sue finanze rovinose, ma adorava lo stesso girovagare per gli scaffali pieni zeppi di libri; il segreto stava nell'annotarsi i titoli che le interessavano e prenderli a prestito in biblioteca. Zero spese e se il libro faceva schifo, non l'aveva nemmeno pagato e non si sentiva in colpa se l'abbandonava dopo dieci pagine. Certo tenere tra le mani il proprio libro, annusare la carta stampata nuova di zecca, annotare ogni pensiero e sottolineare tutte le frasi che le piacevano erano esperienze che le mancavano e che lei adorava fare, ma per fortuna c'erano sempre i mercatini dell'usato e la gente amava sbarazzarsi dei libri che non leggeva più. E poi i pochi soldi che ancora aveva sul suo misero conto corrente le servivano per comprarsi i cd; al diavolo la musica liquida, i lettori mp3, il download illegale, lei voleva rigirarsi tra le mani un oggetto vero, con la custodia, il disco, il booklet e la copertina. Le cover degli album erano ancora dei piccoli capolavori, non tutti, ma quelli che comprava lei lo erano per fortuna, anche se non portavano più la firma di Warhol o di Giger, quindi per nulla al mondo avrebbe rinunciato a comprare musica fisica. Alcune donne facevano follie per le scarpe, lei per i dischi; la sua personale collezione ne contava ormai più di trecento e lei ne andava particolarmente orgogliosa. 

Mentre si stava trascinando tra uno scaffale e l'altro, prendendo appunti mentali di tutti i libri che voleva leggere (decisamente troppi come sempre), quasi non si accorse che il suo telefono stava vibrando; si era dimenticata di rimettere la suoneria, come sua abitudine. Frugò nella sua borsa per un po' e quando finalmente lo trovò, vide che era un numero urbano, che lei però non conosceva. Si affrettò a rispondere, prima che mettessero giù: chissà da quanto stavano chiamando.

Essere l'assistente di una rockstarDove le storie prendono vita. Scoprilo ora