L'inizio di un'avventura

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Quando mi sveglio le coperte sono ancora calde, come il cuscino cui la mia testa poggia, mentre il cuscino alla mia sinistra è fresco. La mia sveglia suona in continuazione e io non ce la faccio più. Con un movimento agile la scaravento a terra, sperando si sia rotta, ma considerando che è da quattro anni che la lancio con potenza a terra ma non si è mai rotta, le possibilità sono pochissime. Mi alzo piano. Davanti al mio letto c'è uno specchio; il mio riflesso quasi mi fa paura! Come ogni sera, ho dimenticato di sciogliermi lo chignon ed ora ho tutti i capelli arruffati e le occhiaie. Do un'occhiata alla finestra che si affaccia al balcone. Nell'isolato dove abito io, ci abitano anche molti ragazzi del mio college; per di più i ragazzi popolari. Fuori noto delle ragazze che parlano, tutte vestite con gonne e magliette firmate, che a pensarci una sola maglietta di quella costa tutto il salario di mio padre. Vedo anche dei ragazzi andare in skateboard ed altri uscire di casa. E di nuovo un'altra giornata a vedere le stesse persone, a fare le stesse cose del giorno prima. Come vorrei scappare e non ritornare più da questa che gli altri chiamano vita. Oh, se questa è vita io sono Obama, giusto per consegnare medaglie a tutte le persone che se ne vanno da qua. Il miagolio del mio gatto mi distrae dai miei pensieri, ricordandomi che sono già le 7:30 am.Mi vesto casualmente, insistendo su una canotta perché c'è davvero molto caldo. Fortunatamente la scuola sta finendo e potrò rilassarmi. Scendo le scale di fretta e arrivo in cucina, dove mio padre legge il giornale e mia madre parla al telefono. I miei si disinteressano quasi sempre a me, mentre a mio fratello danno tutte le attenzioni necessarie. «Buongiorno» saluto con tono deciso, ma nessuno ricambia il buongiorno. «Un secondo Amy»- dice la mamma parlando al telefono con la sua collega- «Ciao Elizabeth» sospira porgendomi qualcosa in mano. «Ecco il tuo latte» continua poi. Scherza vero? «Mamma questo è succo d'arancia!» le faccio notare riposandolo in frigo, ma a lei non sembra importare. «Oh, papà, che mi racconti?» cerco di aprire una discussione, ma lui secco risponde «Niente, vado a lavoro. A dopo Elizabeth» dice alzandosi e lasciando la tazza del caffè sul tavolo, con accanto il giornale. Saluta la mamma e poi esce. 10 secondi dopo sento la macchina avviarsi lontano, segno che è già andato via. Papà lavora in un ufficio per un'agenzia di viaggi; eh sì, pare proprio uno scherzo. Mi piacerebbe viaggiare, ma sono stata a stento in una città qui vicino a dove abito io. Oh si, quasi dimenticavo, io Abito a Los Angeles. Mia mamma invece lavora per un hotel qua vicino. Appena riaggancia il telefono mi spiega le cose che devo fare quando lei non c'è. Me le ripete ogni santo giorno ed io appena torno da scuola, anziché rilassarmi e ascoltare un po'di musica, devo stendere il bucato, pulire la casa e stirare i vestiti. Sono quasi le 8am. Metto lo zaino in spalla e mi avvio a scuola anch'io. Vado sempre a piedi, mi piace fare una camminata al mattino: L'aria fresca in faccia, il rumore dei miei passi e il cinguettio degli uccellini. Nello zaino, oltre ai libri, ho sempre qualche banconota e anche una brochure dei posti da visitare in America che ho rubato a mio padre quando avevo 15 anni. Davanti al cortile della scuola, centinaia di volti hanno un sorriso perché oggi è l'ultimo giorno di scuola. Gente che si abbraccia e che fa sorrisi falsi pronunciando le seguenti parole «Oh, mi mancherai!«, ma che in realtà significano "Levati dalle scatole per tutta l'estate". In lontananza riesco a vedere Nik,il mio ragazzo. A dirla tutta non gli importa tanto di me e da un po' di tempo ho considerato l'idea di lasciarlo. La campanella suona, è ora di entrare in classe. La prof fa l'appello e poi propone un'attività «Io vi chiamerò a turno e voi mi direte i vostri sogni, Okay? Allora iniziamo!» inizia a chiamare gente. Non bado a quel che dicono gli altri, ma semplicemente resto ammirata dal modo in cui il mio compagno Luke mi guarda. Lui ha qualcosa di insolito, un po'ci assomigliamo. «Elizabeth Smith?» nomina la professoressa ed io le rivolgo uno sguardo. «Beh, raccontaci pure» mi invita. «Oh, i miei sogni?» chiedo con aria confusa e lei mi fa cenno di ai con la tesa. Allora continuo «Viaggiare, fare nuove esperienze. Andare in posti che ho sempre sognato, andare a mare. Visitare meglio la California, andare a New York» concludo. «Oh, Hai delle aspettative molto alte, Smith» mi fa notare la prof. Mi zittisco e poi lei passa avanti. Come posso pensare che tutto questo accada veramente? Infatti, non posso. A fine lezione ci salutiamo. Sta sera danno una festa a casa di un ragazzo. Appena esco da scuola mi incammino verso casa, ripensando alle cavolate che ho detto oggi in classe. Sono quasi arrivata a casa, quando dietro di me sento correre. Mi volto; è Luke che sembra volermi dire qualcosa, ma io lo precedo dicendo «Lo so cosa vuoi. Io voglio viaggiare sul serio,ma non posso. Tutto qui». Lui sembra non essere interessato. «Ti andrebbe di vivere?» Cosa? «Luke, più libri e meno droga» gli consiglio continuando a camminare, ma lui si posiziona davanti a me ripetendo quello che ha detto prima e continuando dicendomi «Ad entrambi non piace la vita qui. Ti andrebbe di andarcene e vivere?». Cala un silenzio. Inizio a ragionare, ponendomi un sacco di domande. Lo desidero con tutto il cuore, ma non posso sparire senza dire niente ai miei. Aspetta, cos'ho appena detto? Quindi se io volessi sparire devo prima dirlo ai miei? Ma come ragiono! «Scusa, Luke, ma io..». Mi volto e continuo in mio tragitto. Poi qualcosa dentro di me si accende. "Ti andrebbe di vivere?". Queste parole mi tormentano. «Aspetta!». La sua faccia è sorpresa quasi quanto la mia. «Ho tutto quello che ci serve io. Soldi, vestiti, tutto». Cosa sto facendo?! Al diavolo tutto e tutti! Io voglio vivere. «Prima tappa?!» chiedo a Luke e lui mi dice «Andiamo a mare, prendiamo per una notte una camera in hotel e andiamo in quel museo di cui mi hai sempre parlato». Non ci posso credere. Lo sto facendo veramente! «Dai, il primo autobus parte fra.. Ehm.. 5 minuti» «Cosa?!? E la stazione è distante da qui 2 kilometri!». Lui inizia a correre dicendo «Allora corri!». Oddio! Inizio a correre più veloce possibile, tantoché arrivo di fianco a Luke. Arriviamo alla fermata dove, per colpo di fortuna, l'autobus sta per ripartire. Entriamo e l'autista ci dice il prezzo dei biglietti: 1 dollaro ciascuno. Poi andiamo a sederci; scegliamo i posti più infondo dove possiamo parlare traquilli.

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