DANIEL pov
La casa di René è veramente bella. È arredata con gusto ed eleganza, senza però essere pacchiana o eccessiva.
<< Ti va di cenare prima di mangiare la torta? >>
E, senza neanche aspettare la mia risposta, inizia a spadellare. Mi siedo al tavolo della cucina e lo osservo per un po', cercando dentro di me il coraggio di parlare con lui, e dirgli la verità che si merita. È passato troppo tempo, e io gli ho fatto troppo male; temo non mi perdoni o, peggio, mi rifiuti ed inizi ad odiarmi, se già non mi odia. Vengo distolto dai miei pensieri quando mi accorgo che sente il peso del mio sguardo su di sé: è più agitato di prima, tanto che ha appena fatto scivolare sul piano cottura la forchetta che aveva in mano. Faccio un respiro profondo e mi alzo dalla sedia cercando di non fare rumore, avvicinandomi lentamente a lui. Un'istante dopo René si gira ed incontra i miei occhi. Mi fermo a due passi da lui ed allargo le braccia in segno di resa, poi le lascio cadere pesantemente sui fianchi. Sono pronto a dirgli tutto a cuore aperto senza mentire.
<< René, sono Daniel. Daniel Harris . Ti ricordi di me? Purtroppo temo di si...>> Il suo sguardo passa da incuriosito ad un misto di terrore e rabbia. Vedo che è combattuto tra lo scappare e la voglia di aggredirmi, ma non si muove di un millimetro.
<< Cosa ci fai qui? Cosa vuoi da me? Con che coraggio vieni qui come se nulla fosse stato dopo più di dieci anni e con ciò che mi hai fatto?! >> la sua voce trema, trasmettendomi tutta la sua rabbia e frustrazione.
Faccio un respiro profondo prima di parlare: << Sono qui per chiederti perdono di tutto ciò che ti ho fatto passare. Per dirti la verità che ti meriti, sul perché mi comportavo in quel modo con te. Non sono assolutamente fiero di essere stato il bullo della scuola che ti ha fatto passare di tutto per tutto il periodo delle superiori. In questi dieci anni non c'è stato giorno in cui non abbia pensato a te, ai tuoi occhi blu zaffiro, ai tuoi capelli color grano e alla tua pelle color cioccolato al latte. E non c'è giorno in cui non mi penta di non averti mai detto ciò che provavo veramente. >>
Ormai sono in ginocchio dinnanzi a lui, ai suoi piedi.
<< Ai tempi delle scuole mi piacevi, avevo una cotta pazzesca per te ma avevo paura di questo sentimento e stupidamente pensavo che trattandoti male, umiliandoti e vedendoti debole mi avrebbe aiutato a farmela passare. Ma non capivo quanto ti facessi male, quanto mi facessi odiare e quanto facessi male a me stesso >>
Ho la vista offuscata dalle lacrime, ma continuo a parlargli: << Solo dopo il diploma, quando ho cambiato ambiente, ho iniziato a comprendere i miei errori ed i mei sentimenti verso di te, che in questi lunghi anni si sono evoluti e sono divenuti amore >>
Questa confessione mi è costata veramente molto, ma dovevo parlargli e dirgli cosa sento.
Il rumore di un coperchio che sbatacchia mi fa alzare lo sguardo, incontrando i suoi occhi mozzafiato, ora pieni di lacrime che, strabordando, gli rigano le guance con una scia di cristallo. Cerca di ricomporsi e di scacciare le lacrime. Non vuole che lo veda debole e fragile. Lo capisco, ne ha tutte le ragioni.
<< Alzati. Accomodati al tavolo della cucina e mangiamo. Abbiamo molto di cui parlare, ed altrettanto tempo per farlo. Ma non pensare di andartene presto, devi dirmi ancora molte verità >>
Ubbidisco senza fiatare. Si siede dinnanzi a me e serve ad entrambi le scaloppine al vino bianco con contorno di piselli appena cucinate.
<< Quindi hai sempre avuto una cotta per me... ma per nasconderla mi hai insultato per cinque anni rendendoli un inferno, mi hai picchiato, umiliato e hai addirittura fatto in modo che i miei genitori quasi mi scoprissero con il fidanzato dell'epoca. Anche se poi ho scoperto che non è stata del tutto colpa tua ma lo avevano ideato i tuoi cosiddetti "amici"... Ed ora ti aspetti che io ti perdoni e che faccia finta di nulla, che accetti la tua dichiarazione così alla leggera >> inizia così, a bruciapelo.
Abbasso gli occhi sul mio piatto e mangio lentamente.
<< Ti ho già detto che mi dispiace, e che sono pentito. Mi sono addirittura inginocchiato dinnanzi a te. Cosa devo fare per fare sì che tu mi creda?! >> urlo disperato.
Il suo sguardo su di me è duro, severo.
<< Innanzitutto abbassa la voce e parla con più calma. Il tuo pentimento e la sincerità delle tue parole devi dimostrarmele anche con le azioni, non solo a parole. Perché proprio non riesco a crederti fino in fondo. >>
Si alza a sparecchiare senza proferire altra parola mentre il mio cervello continua a ripropormi le sue parole, delle quali cerco ancora di capire fino in fondo il significato. L'ultima parte, soprattutto, mi sembra una richiesta intrinseca di dimostrargli con i fatti che lo amo, quasi voglia che faccia io la prima mossa...
Nel frattempo René ha scartato la torta ed ha preso un paio di piattini dalla credenza. Posiziona una fettona su ogni piattino, pulisce il coltello con un dito che si lecca sensualmente, poi si accinge a portarli al tavolo.
Mi alzo circospetto e lo raggiungo, impedendogli di muovere un altro passo. Gli sfilo i piattini di mano e li appoggio sul bancone della cucina, mentre il silenzio si è fatto protagonista ed è più assordante del rumore.
I singhiozzi del mio amore e lo sbattere di una porta è tutto ciò che segue il mio gesto.
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Sinfonia al Cioccolato
ChickLitRené è un pasticcere giovane e dotato di talento che possiede una pasticceria tutta sua. Daniel è uno dei clienti più acidi ed esigenti, che sembra conoscere René e che nasconde un segreto che li riguarda entrambi, che ha le sue radici in un passato...