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Canzone consigliata per il capitolo:
Sia- Big Girls Cry
(Leggete lo spazio autrice sotto)
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Si strinse nel suo maglione grigio scuro, il freddo era pungente, e lei camminava a stento, contro i deboli soffi di brezza.

Gli alberi ormai spogli si muovevano rigidi al vento, e qualche foglia secca
volava solitaria per il cielo grigio chiaro.

Volle immortalare quel momento. Quella foglia, infondo, era come lei. Voleva scappare, volare via da lì, ma essendo secca e stanca, non riusciva mai nel suo intento.

Prese la sua fidata macchina fotografica, e scattó una foto, per poi guardarla attentamente.

Fu soddisfatta del risultato che ottenne, la salvò sul rullino e continuò a camminare.
Le sue vans nere strusciavano contro l'asfalto della stradina rovinata. A volte calciava i sassolini producendo fruscii strozzati.

I lunghi capelli ambrati le si poggiavano ribelli sulle spalle, fermati dal cappello di lana nero che le solleticava leggermente la fronte.

Il tempo era grigio. Essenzialmente, solamente e puramente grigio.
A Daena piacevano le giornate così, le trovava rilassanti, se non terapeutiche. Le sarebbe piaciuto fermarsi e distendersi sull'erba imperlata di rugiada, ma voleva affrettarsi a raggiungere la sua meta prima dell'alba.

Le cinghie dello zaino nero le stavano larghe sulle spalle, mentre lei continuava ad avanzare timida.

Il suo viso era nascosto per metà da una sciarpa nera. Lei amava nascondersi, amava scomparire per non essere al centro dell'attenzione.

Continuò a camminare. I suoi jeans strappati lasciavano passare aliti d'aria gelida, che facevano formare deboli brividi sulla sua pelle candida.

Erano quasi le cinque di mattina, e c'era un leggero buio. Lei era così, a lei piaceva la macabra atmosfera che si creava. Non le dispiaceva per niente alzarsi così presto... anzi, per lei era meraviglioso camminare in mezzo all'aria umida.

Mise un piede all'interno del boschetto, il suo posto preferito. Si, lei amava questi posti così, freddi ma accoglienti allo stesso tempo.

Si sedette a gambe incrociate dietro una quercia, con la schiena poggiata sul ruvido tronco dell'albero e la macchina fotografica in mano. In mezzo a quella distesa infinita di alberi, doveva trovare un soggetto degno del suo tempo.

Lei non amava perdere tempo, lei viveva, non aspettava. Ogni istante era prezioso, per questo respingeva la gente. Non erano degne dei suoi "attimi".

Il sole stava sorgendo, offuscato dall'umidità e dietro l'ombra di una quercia.

Non volle perdere quella visione.

Avvicinò il viso al delicato aggeggio nero e quando premette per scattare, un fruscio si liberò nell'aria.

Maledisse colui che aveva generato il creato, lei non ci credeva, era una mente scientifica.

Infastidita guardò lo scatto effettuato: era semplicemente meraviglioso.
Il sole nascente era di un rosso vivo, le ombre erano nere e sfumate. Tutto era venuto sfocato a causa della distrazione, ma lei amó fin da subito ciò che ottenne.

Sorrise, lo faceva raramente, ma ne valeva la pena. Si ripromesse che quando sarebbe tornata a casa l'avrebbe sviluppata, e stampata, e incorniciata.

Ancora con un debole sorriso disegnato sul viso, si alzò pulendosi i jeans e il maglione, e si incamminò verso l'uscita del boschetto.

A circa due metri dalla civiltà, Daena vide un'ombra muoversi fra i rami, che provocò il fruscio sentito prima. Lei era curiosa. Doveva osservare, era il suo mestire, non doveva farsi sfuggire gli "attimi".

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