Capitolo 2° "La situazione in classe diventa difficile"

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All'inizio pensavo che fosse solo un periodo, e che quindi sarebbe passato, e che avrei fatto amicizia un po con tutte. Non fu così, col tempo ero sempre più sola, mi sentivo anche un po abbandonata, dato che nessuna delle ragazze, vedendomi in quello stato mi veniva a parlare; mi passavano affianco, mi salutavano e niente poi se ne andavano; per tutto l'anno hanno fatto così. Mi cercavano solo se c'era un'interrogazione o una verifica, sempre per il solito motivo: "Mi suggerisci? o Mi aiuti vero?"
Io che ero troppo buona rispondevo sempre si, quel si che mi rovino la vita ogni cazzo di volta. Mi ricordo ancora che un giorno stavo suggerendo, tramite un bigliettino con su scritta la risposta, alla mia compagna dietro di me; mentre stavo scrivendo il professore mi si avvicina e mi chiede "Cosa sta scrivendo signorina Tomson?" Io andai nel panico e dissi la prima cosa che mi venne in mente in quel momento: "Sto scrivendo la risposta alla domanda 12, la scrivo su questo foglio perché stavo cominciando la 13 e per ricordarmi cosa scrivere dopo nella 12, la scrivo su questo foglio, perché c'è qualche problema professsore?" Lui rispose: "No, no nessun problema, continua pure." Io subito pensai "Bene, me la sono cavata." La mia vicina di banco mi si avvicina e sottovoce mi sussurra: "Bella scusa" Io risposi: "Grazie, mi puoi fare un favore, passi questo a Silvia?" Lei sorridendo disse: "Certo dammi pure il biglietto."
Da quel giorno inizio la mia carriera di suggeritrice professionista, sembrava incredibile come riuscissi a suggerire a chiunque e in ogni punto dell'aula, indipendentemente da dove fossi seduta. Ma quella carriera non mi giovava molto, dato che più tempo passavo a suggerire e, meno tempo mi rimaneva per finire il compito.
Del resto ora che è finita la scuola non ho più bisogno di continuare la mia carriera, l'anno prossimo non rifaró lo stesso errore..
Durante quest'anno oltre che per questi "Episodi insoliti in cui chiedevano aiuto disperate." Le stronze delle mie compagne non mi parlavano mai, se ne fregavano di me, se ne fregavano di sapere come stavo, perche avevo quella faccia triste e gli occhi spenti e lucidi, e insomma di tutto quello che riguardava me. Era come se per loro non esitessi, o meglio esistevo si, solo quando avevano bisogno loro però. Invece io "a chi servo? Risposta: a nessuno."
Perché si era così, nessuno aveva bisogno di me, se accadeva qualcosa a qualche compagna, io ero sempre quella che rimaneva in disparte; e se invece accadeva qualcosa a me non gliene fregava un cazzo a nessuna di loro.
Sembro la ruota di scorta, il pezzo di un puzzle che non combacia mai con nessuno degli altri, la ragazza persa nei suoi pensieri, che a nessuno interessano. Ogni giorno entrando in classe, fin da subito pensavo: "E oggi, altra giornata noiosa, dove nessuno mi caga, e tutte si fanno i cazzi loro, come me del resto, se loro se ne fregano di me allora anche io me ne frego di loro."
E fu cosi che feci, non parlai mai più con nessuna delle ragazze e, se mi chiedevano aiuto facevo la stronza, fingendo di non sentire. Andò avanti così tutto l'anno; nonostante le mie compagne se ne fregassero di me, i professori capivano che c'era qualcosa di strano, cosi vedendo che me ne stavo sempre muta durante le lezioni, cominciarono a farmi domande su quello che stessero spiegando, perché guardandomi non capivano se stessi ascoltado o se fossi persa nei miei pensieri. Stranamente quest'anno (al contrario del precedente) avevo deciso di mettermi sotto con lo studio, perciò ero sempre attenta, di conseguenza quando mi chiedevano, ad esempio: "Signorina Tomson può ripetere per favore alla classe ciò che stavo dicendo?"
Io non mi facevo problemi, essendo attenta, cominciai a ripetere e, alla fine del discorso, i professori rimanevano sempre sbalorditi del fatto che io stessi ascoltando e, anche del fatto che probalbimente ero l'unica che lo stesse facendo tutto l'anno, al contrario del resto della classe. Almeno se si può ancora chiamare "Classe."

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