9 - On the road

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Tutto era ancora avvolto nel mantello scuro della notte, l'odore del vento fresco a impregnare ogni tessuto, la luce fioca e calda della cucina rischiarava in parte il cammino lungo il corridoio. Aprii lentamente gli occhi, sbattendo più volte le palpebre per cercare di rimettere a fuoco correttamente le immagini che captavo distorte dal sonno da poco interrotto. La mano di Luke mi accarezzava dolcemente una guancia, mentre sollevavo l'altra dal cuscino che l'aveva riempita di segni rossi e in bassorilievo.

"Dobbiamo cominciare a prepararci, amore" mi disse, con tutto l'affetto che possedeva, sentendosi in colpa per avermi svegliato.

"Sì, hai ragione" gli risposi annuendo, la mia voce più profonda e roca del solito, scostando le coperte per rivelare le mie gambe stanche e nude.

"La colazione è già pronta di là, io controllo le valige nel frattempo" mi comunicò Luke con un piccolo sorriso in volto, muovendo la sua mano sulle mie gambe per spostarmi a destra e a sinistra i pochi peli che la ricoprivano.

Mi diressi verso la cucina, mantenendo a stento l'equilibrio e socchiudendo gli occhi per il cambiamento alquanto brusco di luminosità. Ingollai in pochi minuti una tazza di tè caldo alla vaniglia e un paio di biscotti, per poi tornare da Luke. Entrambi ci muovevamo a rilento e soprattutto quanto più silenziosamente possibile. Il piccolo Teddy dormiva ancora nel suo lettino e non volevamo svegliarlo. Ci eravamo salutati la sera precedente e, malgrado lui fosse terribilmente triste per la nostra assenza di soli due giorni, mentre gli leggevo una fiaba breve con streghe cattive e ragazzini eroi era crollato comunque nel sonno.

"Tu hai mangiato qualcosa?" Chiesi a Luke sommessamente, mentre lui chiudeva i nostri due bagagli, pieni per metà di vestiti e poco altro.

"Sì, non preoccuparti. Adesso vestiti e io chiamo gli zii per badare a Teddy, sempre se riesco a svegliarli" disse tutto d'un fiato, seguendo la scaletta che si era fissato in mente, per poi passare di nuovo oltre l'uscio della nostra camera.

"Luke?" Lo richiamai, fingendo di essere triste.

"Sì?"

"Bacio?" Lo pregai, picchiettandomi sulla guancia.

Lui mi raggiunse in tutta fretta, alzando per un momento gli occhi al cielo, per poi sorridere ad un passo dalla mia bocca e mi diede un bacio a stampo veloce e tenero, producendo un sonoro schiocco.

"Adesso però sbrighiamoci, se no finiamo per fare tardi" si raccomandò.

"Sì, papino" gli risposi, prendendo la maglietta e i jeans che avevo già messo da parte il giorno prima.

Dopo aver infilato le scarpe da tennis bianche, passai dal bagno per lavarmi in fretta i denti e il volto. Diedi una sistemata sommaria a miei capelli rossi e scombinati, pensando che era quasi arrivato il momento di tagliarli di nuovo. Sentii Luke rientrare in casa, dicendo a sua zia di parlare e muoversi piano. Le sue scarpe di gomma scricchiolavano sul pavimento. Al terzo passo che colpì il legno del pavimento, nel momento in cui misi piede fuori dal bagno e la salutai con un sorriso, sentimmo un lamento provenire dalla camera in fondo al corridoio.

"Zio?" Chiamò Teddy, con un tono di voce quasi piangente.

Ci guardammo, trattenendo il fiato e facendo delle smorfie di delusione per averlo fatto svegliare a quell'orario improponibile. Il Sole stava ancora bussando da un lato del cielo per chiedere di poter cominciare il suo turno.

"Lo devo andare a chiamare? Poverino, è stanco però, l'ho lasciato dormire" disse preoccupata Linda, indicando la porta d'ingresso socchiusa poco dietro di lei.

"Non preoccuparti, vuole Trevor, non zio Ed" la rassicurò Luke, mentre io già mi apprestavo a raggiungere il piccolo.

"Già, dimenticavo."

Remembrance - Tematica gayDove le storie prendono vita. Scoprilo ora