capitolo 8

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Le sue parole si trasformavano nei miei occhi in lacrime, la mia bocca non trovava parole per dire grazie a quel monologo che mi cambiò la vita ma le lacrime trasmettevano il messaggio che avrei voluto comunicargli, a volte gli occhi dicono le parole che la bocca non può.

Mi asciugai le lacrime con le mani e lo abbracciai, quando l'infermiera bussò e si affacciò alla porta, indicandomi mi disse: -" potresti venire con me?", io mi alzai e passai le mie dita sugli occhi per levare la lucidità delle lacrime, la seguii chiedendole •"dove andiamo?" lei non mi rispose e continuammo a camminare fino ad una stanza sulla sinistra del corridoio, lei entrò senza bussare cosi io la seguii, appena entrai chiuse la porta alle mie spalle e si poggiò ad essa, pensai: -" che cazzo" poi capii il perché, oltre al dottore in quella stanza c'erano anche i miei, cercai di ignorarli ma mia madre si avvicinò e mi lasciò sui piedi lo zaino che aveva sulla spalla e mi prese la mano io la ritirai subito via strofinandomela sul camicie in segno di disgusto.

Continuai ad ignorarli e iniziai a parlare con il dottore dicendo"allora perché mi ha chiesto di venire?"
-" mhh, allora domani puoi andare a casa ma la settimana prossima devi tornare per un controllo, fino ad allora ti devi cambiare la medicazione tutti i giorni ci penserà il tuo dottore di famiglia ah e devi prendere delle gocce"
•" che tipo di gocce?"
-" Antiiii, antidepressivi "
•" OK tutto qui?"
-" si"
•" bene, arrivederci"

Presi il mio zaino da terra e con totale freddezza mi diressi in camera carico di rabbia e di rancore nei confronti dei miei genitori. Camminavo per il corridoio con lo zaino sulla spalla,cosí quando arrivai in camera sbattetti la porta alle mie spalle e mi sedetti sul letto per aprire lo zaino, aprii la zip e finalmente avevo dei vestiti civili, potevo levarmi quel maledetto camice verdino,presi il jeans e lo sollevai come un trofeo e senza distogliere lo sguardo da essi dissi ad Alessandro: - "domani mi dimettono " non ebbi nessuna risposta cosí mi girai e vidi il suo letto rifatto e sul suo comodino non c'era più niente , il panico entrò in me e cominciai a correre per il corridoio quando vidi un infermiera la raggiunsi e l'afferrai da una spalla per girarla e le urlai : • "dov'è?" lei mi rispose - " dov'è chi ? " • "alessandro , dov'è?" - "ahh il signor D'Agostino l' abbiamo appena dimesso " .
In gesto di sollievo l'abbracciai non so perche ma avevo avuto paura , pensavo stesse male o peggio poi capii che stavo abbracciando una sconosciuta la mia faccia arrossì e imbarazzato le chiesi scusa con la mano sul collo.
Pian piano e ancora imbarazzato tornai in camera pensando al perche Alessandro non mi avesse aspettato per salutarmi, in fondo gli volevo bene , ma appena entrai in camera il perche mi fu svelato, notai ai piedi del suo letto un foglio ripiegato mi avvicinai e lo aprii pensai di trovare una lettera lunghissima ma trovai solo scritto " guarda sotto al tuo letto " cosi mi precipitai vicino al mio letto lanciandomi in ginocchio mi abbassai con la testa e vidi una scatola di scarpe la presi e mi misi a gambe incrociate sul pavimento per aprirla sul esterno del coperchio c'era attaccata un pezzo di pagina di libro che recitava : " gli umani vogliono classificare tutto anche loro stessi ma è più bello seguire lo schema della fantasia , solo con essa potrai vedere ciò che gli altri non possono " non capii subito quella frase ma quando aprii il coperchio trovai all'interno di esso una scritta : " sembri un ragazzo con mille pezzi da mettere apposto, ti voglio tanto bene Alessandro".

PUZZLEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora