capitolo 9

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Ancora oggi non riesco a capacitarmi di come quell'uomo con le sue parole riusciva a farmi provare ogni volta emozioni talmente tanto particolari alle quali sarebbe impossibile attribuire un nome.
Rimasi a terra con la scatola poggiata sulle gambe a fissare il suo regalo, che ovviamente non poteva essere altro che un puzzle, chiusi la scatola e l'abbracciai come se fosse un tesoro, non so perché ma tra me e quelle tessere sentivo un legame speciale.
Sentii bussare alla porta così mi alzai dal pavimento e vidi sulla soglia mio padre, l'impulso mi disse di mettere al sicuro la scatola nel comodino, mi sedetti sul letto di spalle alla porta, lui entrò in silenzio e si fermò davanti a me e mi disse indicando il letto "posso?" Io lo guardai di sfuggita solo per vedere le emozioni nei suoi occhi, si sedette e mi disse:
-"scusami, mi dispiace tanto ma adesso mi interessa solo se stai bene", io mi alzai e camminando per la stanza mi misi a ridere poi mi fermai sollevai le mani e gli dissi ridendo:
•"adesso vi interessa anche di me?" Lui iniziò a piangere ed io mi avvicinai, gli tirai su ilviso per i capelli e con un tono disgustato dissi:
•"ma guardati sei patetico siamo tutti bravi a piangere sui nostri errori"
Gli lascia i capelli e mi diressi a passo lento verso la porta volevo stare distante da lui ma tentò di seguirmi gridando "aspetta" solo che la mia rabbia era più forte della sua voce.
Ero appena uscito dalla stanza ma lui afferrò la mia spalla destra e la mia rabbia passò dal cervello al pugno chiuso che si scaricò sulla sua guancia facendolo allontanare di qualche passo da me.
Continuai a camminare in direzione del Bar ospedaliero senza rimorso di quel gesto che fu stata la mia prima liberazione, sentii di nuovo un "aspetta " così mi girai ma lui era un po' più lontano da me con la mano sulla guancia ridisse "aspetta" e poi aggiunse:
-"mi dispiace"
io incazzato mi avvicinai e gli risposi:
•"ti dispiace? Ma non vi è passato per la mente che mi hanno sparato, non sono svenuto, non mi sono rotto un braccio, mi hanno sparato quindi smettila, ormai sei in ritardo" presi la strada per il cortile interno dell'ospedale, all'opposto del bar e camminando gli dissi:
•"ora per favore sparisci, vattene via".
Continui a camminare finché non arriva nel cortile dove c'era qualche paziente con i suoi parenti cercai innervosito una panchina vuota per sedermi e lasciar andar via tutti i pensieri che in quel momento mi pugnalavano il cervello ma erano tutte piene e la tensione nel mio corpo si accumulava e le piccole situazioni mi facevano innervosire di più.
Tornai correndo in camera a testa bassa e urtai infermiera che prima avevo abbracciato lei si girò e mi chiese scusa ma io sapetti rispondere con un rabbioso e prepotente "vaffanculo" non vidi neanche la sua reazione corsi per andare in camera e una volta arrivato mi misi sul letto per dormire, non vidi neanche l'orario mi misi a dormire e basta.
Sin da quando ero piccolo usavo questa tecnica perché se c'era un qualcosa che non andava bene o irrisolvibile sapevo che nel mondo dei sogni nulla poteva farmi del male e così in quel momento dove tutto il mondo trovava un motivo per ferirmi io dormivo in attesa del giorno della Liberazione dove finalmente sarei uscito da quell'ospedale, sarei tornato alla noiosa ma santa routine. Chi l'avrebbe mai detto che mi sarebbe mancata la scuola eppure non vedevo l'ora di tornarci anche se tornare di nuovo alla vita reale sarebbe significato risolvere il puzzle della mia vita e in quel momento la paura di non farcela cercava di dominarmi e per combatterla cercavo di vedere i lati positivi quindi pensai
•"ok la mia vita comincia domani" e infatti così fu

PUZZLEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora