5. Rinfrescarsi le idee

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ELEANOR

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ELEANOR


«Ti prego.»
«No.»
«Giuro che sarà solo per un paio d'ore.»
«No.»
«Solo il tempo di bere qualcosa.»
«No.»

Uno sbuffo di esasperazione gonfiò le guance di Kim, mentre ci lasciavamo l'ascensore alle spalle. Quella mattina faceva più freddo del solito, ma all'interno dell'edificio dell'azienda c'era almeno quindici gradi in più grazie al riscaldamento centralizzato, perciò mi sfilai la sciarpa pesate dal collo e l'agganciai alla borsa.

Eravamo arrivate entrambe in anticipo, perciò ci eravamo fermate a prendere un caffè nel bar poco distante e aveva cominciato a parlarmi di ciò che aveva sentito dire da Tyler il giorno precedente riguardo quel locale di cui mi aveva già accennato quello stesso mercoledì.

Quella sera, infatti, ci sarebbe stata la serata d'apertura di quel fantomatico locale e lei aveva avanzato la proposta di andare insieme, lei e io. Sperava di incontrare Tyler e stabilire così un contatto che non fosse prettamente lavorativo, ma io non ero mai stata un'amante delle feste e dei locali e, tranne quando Ryan mi obbligava, declinavo qualsiasi invito simile. Ed era proprio per quello che Kim continuava a trotterellarmi dietro mentre cercava di convincermi ad assecondarla.

«Non puoi andare con qualcun altro?» le domandai.

«No, voglio che tu venga con me.»

«Stai sprecando fiato.»

Lanciai un'occhiata all'ufficio di Hunter. Il giorno precedente, non si era presentato al lavoro e io avevo ovviamente avvertito suo padre, che dalla voce con la quale mi aveva risposto pareva davvero rasentare l'esasperazione per il comportamento del figlio.

Tuttavia, a uno sguardo più attento, notai grazie alla porta aperta che c'era una giacca sulla sua scrivania.
Che si fosse deciso ad arrivare addirittura puntuale?

Varcai la soglia del mio ufficio con Kim alle calcagna che elencava tutti i motivi secondo i quali avrei dovuto accompagnarla. Non ascoltai mezza parola, lasciai la borsa sulla mia poltroncina e mi sfilai il cappotto scuro.

«No, Kim. Non verrò», le ripetei a un certo punto.

Ebbi la sensazione che la mia scrivania fosse troppo vuota e, infatti, notai subito l'assenza del portatile e del computer fisso.

«Dove sono i miei computer?» sussurrai.

Kim smise di parlare e si arrestò dall'altra parte della scrivania.

Mi guardai attorno, evitando come sempre di adocchiare le vetrate alle mie spalle, ed effettivamente entrambi i miei computer non sembravano essere da nessuna parte.

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