2. La calma è la virtù dei forti

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ELEANOR

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ELEANOR

Ovviamente le mie speranze furono vane, perché il giorno successivo, non appena ero arrivata in ufficio, Kim mi aveva informata che aveva sentito dire da Eliza che Hunter sarebbe rimasto a New York per un bel po'. A quanto pareva, Taylor, dell'ufficio legale, aveva origliato una discussione particolarmente accesa tra il signor Hawthorne e il figlio avvenuta la sera precedente, e la voce che Hunter avrebbe lavorato in azienda per un tempo indefinito si era sparsa a macchia d'olio nel giro di una mattinata.

Il mio umore era nero, ed ebbi perfino compassione per Alyssa, che avevo intravisto digitare nervosamente sulla tastiera del suo computer come se quella le avesse fatto un torto personale.

Tuttavia, conservavo la speranza che Hunter Hawthorne mi avrebbe girato al largo, e la cosa sarebbe ovviamente stata reciproca. Non avevamo niente da condividere, io lavoravo per suo padre, non per lui.

Appoggiai il caffè che avevo preso al distributore automatico sulla scrivania e sistemai la collezione di penne per colore dopo essermi sfilata il cappotto che lasciai a penzoloni sul bracciolo della poltroncina.
Il cellulare aziendale aveva lo schermo invaso di notifiche perché quella mattina si sarebbe svolta un'importante riunione all'ultimo piano dell'edificio, che avrebbe contato la presenza della maggior parte degli azionisti di un'azienda competitor che tuttavia aveva perso mercato ed era quasi in bancarotta e che Bill voleva rilevare.

Dovevo ancora terminare di organizzare il viaggio per Granada, perciò accesi il computer e mi immersi nella ricerca di un hotel, dato che il giorno precedente avevo prenotato il volo di andata in seguito alla conferma di Bill riguardo le date che inizialmente erano solo presunte.

Due ore più tardi, confermai finalmente la prenotazione della suite che avevo scelto, dopo aver ovviamente telefonato alla struttura per avere informazioni più dettagliate riguardo la flessibilità di check in e check out e per assicurarmi che la piscina fosse accessibile a qualsiasi ora, e buttai fuori un lungo fiotto d'aria. Scrissi un'email con tutti i dettagli e la inviai a Bill, poi presi il mio caffè ormai freddo e ne bevvi ciò che era rimasto, mentre osservavo il cellulare aziendale che nel frattempo si era caricato di altre notifiche. Feci ruotare la poltroncina girevole verso la vetrata dietro di me, ma me ne pentii subito e tornai a dare le spalle al panorama che quell'ufficio offriva. Per mia sfortuna, soffrivo di vertigini e avevo la fobia delle altezze, perciò, se era complicato convivere con la consapevolezza di trovarmi al settimo piano di un edificio, lo era ancora di più cercare di ignorare la presenza delle vetrate dietro di me. Avevo provato più volte a superare la mia paura e a godermi la vista sulla città, ma avevo dovuto abbandonare l'idea non appena le orecchie avevano iniziato a fischiarmi ed ero arrivata sul punto di perdere i sensi. Chiedere di essere spostata in un altro ufficio sarebbe stato inutile, poiché quasi tutti vantavano una vetrata simile; soltanto quello di Griffin ne era privo, ma aveva rifiutato la mia richiesta di scambio perché anche lui non era un grande amante delle altezze. Così, avevo dovuto imparare a convivere con quelle vetrate, ignorando totalmente la loro presenza ed evitando di buttarvi l'occhio un secondo di troppo.

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