8. Cioccolato al latte, come i bambini

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ELEANOR

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ELEANOR

«Sul serio, quante probabilità c'erano che un'auto nuova si fermasse di notte, in mezzo al nulla? Poche, eppure è successo.» Emily si spostò i capelli scuri su una spalla, e sentii in sottofondo una risatina.

«Ciao, Cody», dissi, sorridendo.

Emily spostò il cellulare in modo che il viso di mio cugino fu in primo piano, insieme alla sua zazzera di capelli ricci. «Ehilà, cugina. Come prosegue la vita lassù?»

«Come al solito. Voi, piuttosto, quando avete intenzione di tornare?»

Da quando Emily e Cody si erano messi insieme, dopo anni passati a rincorrersi – metaforicamente parlando – vedevo poco anche lui. Tuttavia, ero molto più tranquilla perché almeno Emily aveva smesso di viaggiare per il mondo da sola, con tutti i potenziali pericoli correlati. Cody era un videomaker, perciò si occupava lui della produzione dei contenuti di Emily, e in quel momento si trovavano da qualche parte in Argentina.

«Tra qualche settimana», rispose lei, riappropriandosi del primo piano. «Ma non abbiamo una data precisa.»

«Come sempre.» Intravidi la mia caffetteria preferita, ma poiché rischiavo di arrivare in ritardo in ufficio, mio malgrado dovetti superarla senza entrare.

«Torneremo in tempo per il tuo compleanno», rispose lei.

«Non è necessario. Non ho intenzione di festeggiare.»

«Ed è esattamente quello che dici ogni anno, e ogni anno organizziamo comunque qualcosa.»

«Senza il mio permesso.»

«Appunto, e quest'anno non farà eccezione.» Mi sorrise e io alzai gli occhi al cielo, comunque divertita. Le feste che mi organizzavano puntualmente lei e Ryan erano ai limiti dell'assurdità, ma preferivo lasciarli fare perché almeno si divertivano.

«Sono arrivata», la avvertii. «Ci sentiamo in questi giorni?»

«Certo, ti chiamo appena posso.»

Salutai lei e Cody, interruppi la videochiamata e varcai la soglia dell'edificio aziendale. Era ancora martedì, e sapevo che Kim, non appena mi avesse intercettata, avrebbe passato anche quel giorno a ripetermi i dettagli della serata con Tyler. Non era successo niente tra i due, in pratica avevano solo parlato, ma almeno avevano stabilito un rapporto che non fosse limitato alle sole mura lavorative.

Poco prima di arrivare nel mio ufficio, però, vidi la porta di quello di Hunter aperta, e ciò significava che era lì. Il giorno precedente, infatti non si era presentato al lavoro, e l'avevo detto a Bill che tuttavia mi aveva risposto di non preoccuparmi dato che si era assentato perché doveva fare alcune cose al posto suo, dato che sarebbe rientrato da Londra nel tardo pomeriggio. Tuttavia, avrei preferito che anche quel giorno avesse da fare altro, perché temevo che avrebbe ricominciato a darmi il tormento. Non appena entrai nel mio ufficio, infatti, la prima cosa che feci fu controllare che tutto fosse al suo posto; rasserenata, poiché tutto pareva in ordine, mi sfilai il cappotto blu scuro e lo appesi all'attaccapanni vicino alla porta.

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