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Un suono simile alla campanella di una scuola si propagò nel lungo corridoio e nelle poche stanze occupate. Ci fu un urlo di massa e Gilbert uscì fuori dalla stanza, ancora con gli occhi chiusi, tenendo posizionate le braccia come se avesse un fucile tra le mani. Urlava parole in tedesco ma erano talmente confuse che neanche Ludwig, uscito dalla propria camera con un unico balzo, era riuscito a capire cosa stesse urlando. Un pianto cominció ad aumentare da una stanza finché da questa non ne uscì un Francis imbufalito che a grandi passi stava andando da Gilbert, tenendo con fare minaccioso un calzino in mano. Arrivato dall'albino urlante glielo ficcó in bocca, spingendo finché l'altro non si zittì a causa di un conato di vomito.
«Ma che ti prende?!» gli aveva urlato l'albino dopo aver sputato il calzino ed essersi pulito la bocca con una mano.
«Matt si era addormentato e tu l'hai svegliato. Sei idiota?!»
«Io sono magnifico, non idiota»
Mentre Gilbert gonfiava il petto pieno di orgoglio, Francis preparava un pugno ma una mano gli bloccó il braccio. Ivan gli sorrise comprensivo.
«Non ti preoccupare. Mi sporcheró volentieri le mani al posto tuo»
A quel punto era Ivan che preparava un pugno ma in salvataggio di un Gilbert che continuava a pavoneggiarsi, vi accorse il ragazzo con il ricciolo che per poco non fu colpito per sbaglio dalla furia dei due.
«È suonata una campanella. Forse è successo qualcosa!»
«Pensiamo prima a questo poi meniamo Gilbert» Arthur si era messo in mezzo con una voce quasi completamente lucida. I presenti furono spaventati più dal suo normale comportamento che dal suono di poco prima.
«Dovremo riunirci» Ludwig si guardó attorno per cercare i componenti mancanti del gruppo. «Mancano il piccoletto francese e quel tipo in camera con Arthur»
Il tedesco sobbalzó quando il dito di Alfred gli picchiettó la spalla.
«Quei due tipi sono qui» la sua voce era chiaramente assonnata ma cercava almeno di tenere il bambino che aveva fra le braccia.
Ivan, guardandoli, provó di nuovo una stretta al petto e sentì l'impulso di prendere quel bambino strappandolo violentemente dalle braccia di Alfred. Strinse i pugni e provó a distrarsi guardando altro e prendendo parola.
«Non so da dove provenga quel suono ma-» il ragazzo fu bloccato da un'altra voce sovrastante, gracchiante, che proveniva da casse nascoste.
«Signori, l'esperimento è terminato. Prendete le vostre cose e andate dagli uomini fuori la porta. Loro vi porteranno fuori di qui»
Fu quasi impossibile credere a quelle parole. In effetti nessuno ci credeva. Non parlavano, ma alcuni emettevano piccoli urletti di felicità o restavano semplicemente immobili non sapendo cosa fare. Avevano tentato per giorni di uscire, di trovare un modo per scappare, ma nulla, la recinzione sembrava non avere nessuna apertura.
«Io ve l'avevo detto» con una scrollata di spalle Ivan cominció a camminare in direzione della cucina.
«Non devi prendere nulla? Quella cosa con le cinghie?» Francis gli aveva posto quella domanda come se nulla fosse e non si accorse dell'occhiataccia scoccatagli dal gigante.
«Non ho nulla qui, come tutti voi» continuó a camminare e man mano fu seguito anche dagli altri. Arrivato in cucina rallentó notevolmente il passo, guardando un punto in cui si vedevano ancora dei brandelli di vestiti bruciati che nessuno aveva ancora toccato.
Giorni prima, mentre loro dormivano, avevano aggiustato molto frettolosamente la cucina, rimuovendo le cose bruciate e pericolanti, compreso il corpo del piccolo bambino morto. Al loro risveglio Ivan ricominció a piangere, cosa che faceva raramente. Avrebbe voluto seppellirlo, dare una tomba a quel nanerottolo che aveva cominciato ad aprirgli il cuore.
Una mano si poggió sulla schiena del russo. Gilbert tentó di confortarlo e di dargli lo stesso sostegno che Ivan gli aveva saputo dare alla morte di Antonio. L'albino si era comportato normalmente fino a quel giorno ma dentro si sentiva distrutto, dolorante, come se gli avessero tolto qualche organo. Il gigante russo l'aveva capito e usando appropriate minacce lo aveva costretto a parlare e si era comportato come la buona psicologa che c'era nel manicomio nei primi anni della sua permanenza. Aveva funzionato per un po' e Gilbert si sentiva in debito. Lo portó fuori, lontano da quel luogo, e furono tutti circondati da uomini vestiti di nero. Erano grossi quanto Ludwig e facilmente presero tutti e li gettarono in tre macchine diverse, separandoli a seconda della loro formazione fisica per farli stare più comodi. Grazie a quegli uomini il gruppo si potè dire "quasi libero" poiché da una parte li facevano uscire mentre dall'altra non conoscevano le loro intenzioni.
Dopo quelle che sembrarono molte ore, arrivarono all'interno del cancello di un altro edificio. Questo però era un grattacielo e sembrava che ci fossero solo uffici e non appartamenti. Gli uomini chiusero l'entrata e ritornarono nelle proprie auto, andando via.
In quel momento sentirono voci, urla più che altro, provenire da uno dei lati dell'edificio. Nessuno osava fare il primo passo e Gilbert si ritrovó "costretto" ad andare avanti per parlare.
«Gentaglia, il magnifico me è lieto di darvi una buona notizia: non siamo soli!»
Quelle parole fecero alzare a tutti gli occhi al cielo e in coro dissero un "Come se non si fosse capito" abbastanza confuso. L'albino però li ignoró tranquillamente e dopo che ebbe finito di ammirarsi le unghie riprese a parlare.
«Direi di andare a vedere chi sono i fortunati che condivideranno lo spazio con la mia magnifica persona» con passo spedito si avvió verso le voci che diventavano sempre più alte e più lingue si distinsero tra di loro. Gli altri non lo avevano seguito per tutto il percorso e fu una fortuna poiché l'albino fu investito da un bruno dalla risata familiare. Questo si scontró contro di lui e cadde, trascinandoselo dietro. Gilbert cominciò ad imprecare ma si bloccò quando notó che quello con il quale si era scontrato era spaventosamente uguale ad Antonio, sia per l'aspetto sia per l'accento che sentì in quel «Hey amigo, tutto okay?».

Hetalia death theoriesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora