Con un sorriso stampato in volto arrivai nella sala delle visite. "Buongiorno" dissi cordialmente alla famiglia che si presentava davanti a me. "Buongiorno, cara" disse la donna alla mia sinistra. Era una signora che non dimostrava più di trent'anni. Aveva il viso ben curato, nessuna imperfezione, aveva i capelli sciolti e con i boccoli che le ricadevano sulle spalle. "Io sono Victoria Trömp, e questo è mio marito Trevor." disse lei facendo segno con la mano alla sua destra, dove c'era un uomo in giacca e cravatta. Aveva l'aspetto di un tipo benestante, anche se non ero a conoscenza degli uomini che circondavano la Terra e dei loro tipi di abbigliamento. Era un uomo con i capelli neri come la pece ed ai lati c'erano alcune ciocche bianche. Era molto alto e imponente, avrei scommesso che fosse alto due metri. Il suo sguardo di ghiaccio lo faceva sembrare severo, aveva degli occhi azzurri, che mi ricordavano i ghiacciai in quel documentario che vidi mesi fa. Dovetti ricredermi quando si abbassò alla mia altezza e da quelle labbra spuntò un sorriso smagliante, mostrando la sua dentatura bianca. "Buongiorno, Lara, giusto? Sai, ci piacerebbe adottarti, ci daresti l'onore di farlo?" Disse, mostrando due fossette ai lati del mento. In quel momento credo di essermi messa a piangere a causa dell'improvvisa appannatura dei miei occhi. Desideravo che arrivasse questo momento da sempre, ed oggi era arrivato "quel giorno". Potei notare gli occhi verdi della signora Trömp, che mi ricordavano il prato della mamma, che si era abbassata per capire cosa stesse succedendo." Ehi piccola, perché piangi?" Mi disse "Nulla signora, sono lacrime di gioia. Comunque sì, accetto di essere vostra figlia." dissi saltellando sul posto. "Allora va' a preparare la tua valigia e saluta le tue compagne". Solo ora mi ricordai di Andrea ed Erika. Mi diressi da loro e le abbracciai. "Allora è vero che te ne vai?" Mi chiese Andrea "Sì, mi dispiace, ma vi prometto che vi scriverò una lettera a settimana." dissi con un sorriso amaro, ma allo stesso tempo allegro per ciò che stava succedendo. Quando presi la mia valigia, misi all'interno quelle poche cose che avevo: un libro regalato da Andrea il giorno del mio compleanno, la sciarpa di Erika, anch'essa un regalo e per ultime misi la collanina che avevo appeso al collo, dove c'era una foto di mia madre e mio padre da giovani e una foto incorniciata, dove c'erano raffigurati mamma e papà davanti casa. Mamma in quel periodo era incinta di me e si notava il pancione. Dopo aver chiuso la valigia, andai spedita da i miei nuovi genitori, che dopo aver firmato vari documenti mi portarono in macchina. Dopo esserci salita, il mio nuovo padre mise in moto il motore, e vidi dal finestrino l'orfanotrofio scomparire alle mie spalle. Non mi accorsi di essermi addormentata, fino a quando la mia nuova madre mi chiamò. Credetti di essere arrivata a casa, ed euforica scesi dall'auto, ma solo dopo pochi secondi mi accorsi in un aereoporto. "Perché ci troviamo qui?" Chiesi dubbiosa. "Ora andremo a casa, sai noi siamo venuti in viaggio qui in Grecia per adottarti; siamo dei viaggiatori e una volta ogni sei mesi andiamo per una settimana in un posto nuovo." disse mio padre con un sorriso accennato. "Quindi starò sola quando voi tra sei mesi partirete?" Chiesi preoccupata. "No, ci saranno i domestici e delle tate che ti controlleranno e dei maggiordomi che ti accompagneranno ovunque tu vorrai." rispose immediatamente la mamma. Annuii, e ci diriggemmo verso l'area del check-in e dopo aver mostrato i documenti, salimmo sull'aereo. Solo dopo mezz'ora che iniziammo a decollare chiesi dove fossimo diretti e loro mi risposero in Svizzera. Sarà molto difficile sentirsi con Erika e Andrea con così tanta distanza. Dopo molte ore di volo, finalmente atterrammo. Io intanto avevo dormito per tutto il volo e quando atterrammo era pomeriggio. Ad aspettarci fuori dalla stazione, c'era un signore in smoking con uno strano cappello in testa e dei guanti bianchi, che teneva in mano un cartello dove c'era scritto "Famiglia Trömp". Già, da quel momento quello sarebbe stato il mio cognome... Dopo essere saliti in macchina, facemmo un viaggio di un'ora e quando arrivammo a destinazione, notai una villa abbastanza grande, ma non enorme. All'entrata mi aspettavano delle signorine in divisa che presero i miei bagagli e li portarono al piano di sopra, e la mamma disse ad una di loro di farmi fare il giro della casa. Quando arrivai nella mia stanza, andai a sbattere contro un ragazzo moro, che iniziò a borbottare qualcosa. "E quindi tu saresti la nuova servetta? Ha fatto buona scelta la mamma". La mamma? Ma prima di pormi altre domande spuntò dietro di noi papà che con aria severa ammonì il ragazzo davanti a me. "Ethan, smettila di fare il maleducato. Queste ragazze non sono semplici 'servette' come dici tu, ma delle ragazze eccezionali. Ed ora presentati alla tua nuova sorellina" il ragazzo sussultò "Cosa? Una sorella? Vi avevo detto che non volevo a che fare con nuove sorelle o fratelli." e papà lo ammonì di nuovo "Ti ricordo che anche tu sei stato adottato, avresti dovuto pensarci prima di venire con noi. Inoltre sapevi che se saresti venuto insieme a me ed alla mamma, avresti avuto altre sorelle o fratelli." Dopodiché il ragazzo scappò in camera sua. Ethan a notarsi era un ragazzo che voleva stare nel suo mondo e si poteva notare dal modo in cui aveva risposto. Appena entrai nella mia nuova camera, rimasi affascinata, le mura non erano ingiallite bensì di un colore azzurrino e alle pareti c'erano due cabine armadio ed a destra un letto a due piazze coperto da delle lenzuola lilla. Solo dopo potei notare una finestra, dietro la scrivania, da cui si poteva vedere tutta Basilea. Appena entrai notai che la mia valigia stava per essere disfatta, ma fermai la ragazza della servitù dicendo che potevo farlo io. E lei con un sorriso sghembo si spostò accanto a me, in caso volessi fare delle domande a riguardo alla casa o alla camera. Dopo aver riposto il libro sulla scrivania, aprii un armadio, curiosa di sapere se c'erano vestiti, visto che nell'orfanotrofio indossavo solo quelle divise grigie. Nell'aprirlo trovai delle divise composte da delle gonne nere e camicie bianche e chiesi spiegazioni alla ragazza accanto; lei mi rispose che quelle erano divise scolastiche. Ero molto euforica nel sapere che scuola avrei frequentato. Mentre nell'altro armadio c'erano dei vestiti molto carini, alcuni sobri ed alcuni eleganti, probabilmente ci sarebbero state molte feste o cose del genere a cui la mia mente non riusciva ad arrivare con la fantasia. Dopo aver sistemato, una delle ragazze mi disse che era pronta la cena e dovetti scendere giù. Un pò mi vergognai quando arrivai a tavola, per i miei vestiti che sembravano dei stracci a confronto dei miei genitori e di mio fratello. La mamma sembrò capirlo, e mi disse con voce pacata che potevo scegliere i vestiti dal mio armadio. Dopo cena salii sopra per andare a letto visto che erano le dieci di sera ed ero molto stanca. La cosa più bella fu sapere che la scuola iniziava tra una settimana, e per fortuna avrei avuto nel pomeriggio una professoressa che mi avrebbe fatto recuperare tutte le cose dei primi anni due anni di superiori in dei corsi privati. Dopo aver messo il pigiama, che consisteva in una veste di seta rosa, messa da una delle ragazze, mi buttai sul letto a peso morto, e senza pensare alle lenzuola da togliere da sotto dai cuscini, mi addormentai con un sorriso in volto e con una frase che mi rimase impressa nella mente: "Finalmente a casa".
-Spazio Autrici-
Ehilà, ci piacerebbe sapere se la storia vi sta piacendo. Se è così, vorremmo che lasciaste un commento (sia negativo che positivo) o che mettiate una stellina. Vi ringraziamo per il supporto.
Le vostre autrici.
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The Fighting Wolf
WerewolfIn tutto il mondo, ma specialmente in Europa, stanno scomparendo molte persone. Al loro posto sembra stiano comparendo dei canidi antropomorfi. Lara, una ragazza come le altre, si trova stranamente coinvolta in questa situazione. Come farà ad uscirn...