sette

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στιγμές (attimi)

E che sapore hanno le lacrime?
Sanno di sconfitta, di tristezza?
Sanno di solitudine, mi sono detta.
Hai mai assaggiato la solitudine?
La mia pelle l'ha fatto.
La mia pelle ha vissuto intensamente la solitudine in quest'ultima settimana, nella quale non ho visto Harry.
Non ho avuto il coraggio o la forza, codarda che sono, di uscire di casa e di vedere Harry, di affrontarlo.
Non mi sono curata della scuola, ho desiderato ardentemente staccare la spina, sentire il silenzio.
E la felicità, la felicità che gusto ha? Mi sono chiesta.
Non ho ricordato il suo sapore all'istante.
La felicità ha il gusto del Sole, ho pensato poi.
Hai mai assaggiato il Sole?
Non l'ho mai fatto, ma neanche Harry ho mai assaggiato, eppure so che anche lui sa di felicità.

«Diana, non dovresti andare a scuola?» l'angelo interrompe il mio silenzioso flusso di coscienza.
«Dovrei.»
«E allora perché non ci vai?»
Luke è seduto sulla poltrona. Accarezza i suoi capelli di cenere. Non abbiamo più parlato della sera in cui gli ho confessato della morte di mia madre e di mia sorella e a me va bene così.
«Non mi sento bene.»
«Non vuoi andarci.» constata.
«Giá.»
«È per il tuo amico?»
«Harry?» suggerisco all'istante.
«Sì. Non vuoi andarci per paura di incontrarlo.» usa un tono quasi arrogante.
«Ti sbagli.» sbotto.
«Non è vero, hai subito detto il suo nome, perché il pensiero di lui ti sta tormentando.»
Le unghie affondano nei miei palmi, la lingua viene morsa dai denti, gli occhi serrati.
«È vero!» esaspero «Hai dannatamente ragione. Sono terrorizzata dall'idea che lui possa non rivolgermi la parola, per l'offesa subita.»
«Sei codarda.»
«Lo so.» mormoro.
E poi, com'è caratteristico del mio essere debole, mi abbandono alle lacrime. Non è servito prendere respiri profondi, questa volta.
Mi siedo sul bordo del letto e mi copro il viso con le mani tremanti.
«Mi sentirei devastata se Harry mi abbandonasse.» piango «Sarei sola.»
«Ci sono io.» e forse Luke è anche deluso. Ma essere con lui, è un po' come essere sola.
Io non rispondo, rimango silenziosa in quella solitudine, che ormai è un po' la mia casa.
Luke si avvicina a me, mi prende per le spalle e mi solleva.
«Non credevo di farti piangere.» mi sussurra e forse cerca i miei occhi, ma io li tengo nascosti dietro le mani.
«Ho paura Luke, sono spaventata di un suo abbandono.» quasi mi soffoco tra le mie lacrime, mi scivolano in gola, corrodono ogni parte di me.
«Diana parliamone, solo non piangere.» mi culla con la sua voce.
«Non riesco a fare altro, me ne vergogno, ma piangere è la mia soluzione. Espello in piccola parte i dolori.»
«Non vergognartene. Sai, per plasmare l'uomo, non è con acqua, ma con lacrime che Prometeo mescoló l'argilla. È umano piangere, Diana.»
Ora Luke mi sta toccando, gentilmente, sta accarezzando le mie braccia. Mi travolge un mare nero, intriso di emozioni e brividi, al suo tocco.
«Mi mostri il tuo viso?» mi sussurra all'orecchio.
Percepisco il suo respiro nelle orecchie e quasi pare affannato. Sento il suo calore che mi scioglie, il suo odore che mi impremia sin sotto alla pelle.
Sposta delicatamente le mie mani, scoprendo i miei occhi bagnati di lacrime, adagiandole ai lati del mio viso. Trattiene le sue dita sulle mie, i suoi palmi a contatto con i dorsi delle mie mani.
«Preferisci rimanere nel beneficio del dubbio oppure affrontare Harry e sapere se è arrabbiato con te?» parla così vicino alle mie labbra, che se infrangessi l'attimo che divide le mie dalle sue, allora potrei sfiorarle.
«Preferisco rimanere nel beneficio del dubbio.» ammetto dopo lunghi istanti.
Da questa vicinanza scorgo la saliva sulla sua lingua che, quando lui parla, lambisce le labbra; come il mare lambisce la costa.
«Sei debole.»
«Lo so.»
«Sei ancora in tempo per andare a scuola e se allora scoprirai che Harry ti odia, le cose non cambierebbero, perché rimarresti nella depressione per i prossimi giorni, proprio come è stato in quelli precedenti.» mi spiega.
E il suo respiro. Il suo respiro travolge competamente il mio viso.
«Se invece saprai che Harry non ti odia, allora ti sentiresti meglio.»
Dalla mia prospettiva scorgo alcune lentiggini sugli zigomi e posso cogliere la lucidità dei suoi occhi, liquidi di emozioni.
«Hai ragione.» sospiro «Andrò a scuola.»
Luke accenna un sorriso leggero, soddisfatto di avermi convinta.
Mi osserva, mi studia a fondo e lo fa in silenzio, con le mani ancora sulle mie.
Scava nei miei occhi e quasi temo possa raggiungere la mia anima devastata.
«Hai un buon profumo.» confessa, all'improvviso. E lo dice silenziosamente, quasi volesse rivelarmi un segreto.
Avvicina le labbra al mio zigomo, chiude gli occhi e sospira, si lascia invadere dal mio odore.
I suoi capelli di cenere mi accarezzano la fronte.
Il cuore palpita veloce, così tanto che temo possa collassare.
Poi torna ad aprire poco gli occhi e ora osserva le mie labbra socchiuse.
Avvicina le sue alle mie e io lo fisso, totalmente presa dalle sue azioni.
Ora sento il suo respiro tra le labbra.
E avvampo, mi sciolgo, mi corrodo, mi contorco tutta dentro; ma fuori sono ferma, immobilizzata.
È difficile respirare, perché Luke è pericolosamente vicino a me e perché si prende parte del mio respiro.
È quando sta per infrangere l'attimo che ci separa, che parlo.
«Temo sia tardi, devo prepararmi per scuola.» ripongo un estremo impegno per parlare. La bocca è impastata, la lingua secca, il respiro corto.
Luke alza lo sguardo di scatto e mi guarda. Allontana le sue labbra dalle mie e le dirige verso la guancia, che sfiora per poco. Poi si sposta e mi guarda dall'alto.
Lo fa con calma.
«Torni a ridere e sulle tue guance restano impigliate piccole lacrime come gocce di rugiada e anche il dolore può farsi bellezza

Sono rimasta totalmente folgorata dalle azioni di Luke, ma ora non ho tempo di pensarci, perché ora, che sono a scuola, devo affrontare Harry. Mi dirigo al suo armadietto e lo scorgo da lontano. Mi avvicino.
Mi prendo del tempo prima di agire, lui ancora non mi ha sentita.
«Harry.» mormoro con voce rotta. Sfioro piano la sua schiena, che si irrigidisce alla mia presenza.
Harry si gira di scatto e il cuore lo sento tramare, affondare alla vista del suo viso stanco. Gli occhi sono socchiusi e contornati da occhiaie, le guance incavate e la pelle pallida.
«Harry.» ripeto scioccata «Che ti succede.»
I miei occhi vagano impazziti in ogni parte del suo volto e già li sento bruciare a causa delle lacrime.
«Non ti sei fatta viva per una settimana.» asserisce e chiude l'armadietto.
«Non ci si comporta così, mi hai fatto preoccupare.» mormora e si allontana.
Si allontana da me, mi lascia e già mi affaccio sull'orlo del precipizio.
«Harry.» lo richiamo ancora e sono disperata.
«Ho lezione, Diana.» e si passa una mano sul viso stanco.
È arrivato il momento che ho temuto per tanto. È venuto il tempo in cui Harry mi ha abbandonata.
Mi mordo le labbra, sfrego le mani sul viso.
E il mio muro già distrutto, cade ulteriormente, mi travolge, mi affonda.
«Harry!» alzo la voce. Lui non si gira, però.
E mi spezzo, mi rompo. Imploro ogni mio pezzo di unirsi all'altro, di farmi reagire.
Muovetevi, membra! Non abbandonatemi, datemi la possibilità di inseguire Harry.
Lui, che ormai, sta diventando un miraggio lontano.
Corro verso di lui, lo trattengo per un braccio.
«Harry, Harry ti prego non lasciarmi! Perdonami lascia che mi prenda cura di te, ti supplico. Giuro che non sarò più un peso.» gli dico tutto ciò con il fiato grosso, con le lacrime a rovinarmi il viso.
Lui socchiude gli occhi e sospira.
Il dolore arriva e non mi guarda in faccia.
«Sto passando un periodo brutto in famiglia e speravo di poterne parlare con te.» sospira «Ma tu sei sparita.»
«Harry me ne vergogno, ma ora sono qui. Ti scongiuro parlamene.» lo supplico.
Lo guardo negli occhi, mi immergo in quel verde dei prati e la tristezza che vi leggo mi toglie il fiato.
«I miei stanno divorziando.» ammette.
«Harry, mi dispiace tantissimo.»
«Non dispiacertene, ciò che mi fa male è il motivo per cui lo fanno.» sospira.
«E qual è il motivo?» trattengo il fiato.
Lui abbassa il viso e non mi guarda.
«Harry a me puoi dirlo.» accarezzo piano il suo volto, sollevandoglielo e facendo incotrare i nostri sguardi.
«Non so se me la sento.» trema.
E il mio cuore si spezza ancora, ormai presumo sarà un cumulo di macerie.
«Non preoccuparti.» gli sorrido stanca. Lo attiro a me dolcemente e lo stringo tra le mie braccia.
E adesso vedo tutte le crepe del suo essere, sento il peso della sua sofferenza sul mio cuore. E ora comprendo quanto anche Harry abbia bisogno di essere curato.
Il fragile essere che ho tra le braccia sospira e dopo infiniti attimi parla.
«Sono gay, Diana.» confessa, la voce ovattata contro la mia spalla. Trattengo il fiato.
«Mio padre non accetta il mio orientamento sessuale, ma soprattutto il fatto che io abbia un ragazzo. Mia mamma mi comprende, invece. Entrambi i miei genitori non approvano la reazione dell'altro alla mia notizia, per questo vogliono divorziare.»
Le parole le sputa fuori tutte d'un fiato, le fa rotolare fuori dalla sua bocca, le rigetta con rabbia e stanchezza.
«È colpa mia, capisci?» singhiozza.
Alzo piano il suo viso e lo guardo, il suo dolore sta infettando anche me.
«Capisco se tu non mi accetterai.» sospira, fermando in parte le lacrime.
«Harry!» lo richiamo. Gli accarezzo il viso commossa.
«Io mi sono persa così tante cose di te, sai? Non sono stata capace di guardarti oltre, di sentire l'uragano di emozioni che dentro ti devastava e ti chiedo scusa.» ansimo. «Ti chiedo scusa, perché io per te non ci sono mai. E come potrei mai non accettarti Harry, sei parte della mia anima, sei meraviglia.» ammetto.
«Non potrei mai non volerti per il tuo orientamento sessuale, non pensarlo, perché neanche è una ragione per farlo, Harry.»
Lui si scioglie, si lascia andare, perché per una volta ci sono io a sostenerlo.
«Grazie Diana.» sospira, sorridendo.
«Potrai mai perdonarmi per essere sparita?» sussurro.
«Come non potrei.» mi accarezza il viso.
«Quindi hai un ragazzo.»
«Già.» e sorride. Sorride così genuinamente, così puramente, che quasi mi scoppia il cuore per l'emozione.
«Mi sono persa molte cose in una sola settimana. E posso sapere come si chiama?» domando.
«Si chiama Louis, Louis Tomlinson.»

a/n
la frase in corsivo che Luke dice alla fine è dell'autore Fabrizio Caramagna. In questi ultimi tempi non ho un attimo libero!
Grazie per dedicarmi il vostro tempo!

Autophobia (Luke Hemmings)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora