Sono le sette e mezzo di sera e sono tornata a casa da un'oretta. I miei non ci sono ancora -come sempre- e io sto qui, in camera, a fissare il buio.
Nel corso della giornata ho ricevuto davvero tante chiamate e messaggi da Dylan. Alcune non le avevo viste siccome ho trascorso tutta la giornata a scuola, mentre adesso continuano ad arrivare, ma lo sto semplicemente ignorando.
Tengo il cuscino stretto tra le braccia, mentre il silenzio è ricoperto dai miei continui singhiozzi e pianti.
Piano piano, ho rielaborato tutto quello che è successo oggi.
La firma, il modo in cui ho risposto a Stacey, le botte che ho ricevuto, la punizione trascorsa a pulire nelle aule e infine, l'ultima sua risposta alla domanda che volevo farle da tempo.
Non perchè non sapevo perchè facesse tutto questo ovviamente, ma perchè desideravo ricevere una sua affermazione a riguardo.
Sapevo che sarebbe arrivato presto questo momento. Sapevo che sarebbe stata una pazzia ribellarmi a lei, e sopratutto, sapevo che sarebbe stato sbagliato dare ascolto a Dylan.
Infondo, la colpa è sua.
Sì, è sua.
Mi ha fatto credere cose che non sarebbero mai successe, ovvero che una volta per tutte avrei potuto inseguire il mio sogno. Io che sarei stata libera, o perlomeno avrei avuto la forza di fare qualcosa per conto mio.
E invece, niente.
Mi sono solo illusa, come sempre, e ho peggiorato solo la situazione.
Mi odio ancora di più, e odio lui.
Chiudo gli occhi, le lacrime vogliono continuare a fuoriuscire con insistenza, e ciò che provo al momento è solo rabbia e pentimento.
A strapparmi dai miei pensieri, è la millesima vibrazione del cellulare accanto a me.
Apro un occhio e lo sollevo, e in un secondo leggo il suo nome.
Una parte di me vorrebbe continuare ad ignorarlo e tenerlo all'oscuro di tutto ciò che è successo, sia per la vergogna che per il senso di colpa della faccenda.
Un'altra parte, molto molto più grande, vorrebbe rispondergli per rinfacciargli tutto l'odio che sto provando per lui in questo momento, per poi non sentirlo mai più.
Il telefono non smette di squillare, ciò significa che Dylan non la smetterà finchè non mi sentirà.
Sbuffo afferrando bruscamente il cellulare, accettando la chiamata.
Solo un momento dopo, mi accorgo che quella a cui ho accettato è una video chiamata e non una semplice telefonata.
Mi sto maledicendo.
Sono in condizioni pietose, e sinceramente non voglio che venga a sapere di quello che è accaduto, voglio semplicemente dirgli di non chiamarmi più e di lasciarmi stare. Non voglio dargli spiegazioni.
Si apre la chiamata e lo vedo in tutto il suo splendore, con tanto di sudore in faccia e nei capelli. Delle piccole goccioline gli ricadono sulla fronte dal suo ciuffo corvino.
Indossa una larga maglietta da basket.
Le sue labbra rosa si allargano in un ampio sorriso. Il mio sguardo si addolcisce inizialmente, perdendomi nei suoi profondi occhi scuri, ma poi i miei lineamenti si induriscono di colpo, lo guardo tetra e lui sembra accorgersene.
«Ehi, che hai?» mi chiede un po' confuso.
Resto per un attimo in silenzio.
Mi ero preparata un discorso ben preciso in testa da dirgli, ma ora è come se mi fossi dimenticata tutto e non riesco a dirgli nulla.
Dylan si porta il telefono ancora più vicino e riprende a parlare.
«Hai pianto? Che è successo?»
Mi domanda scrutandomi.
Evidentemente il mio aspetto cadaverico gli ha fatto intuire qualcosa.
«Non voglio parlarne. Ho risposto solo per dirti che che non mi devi cercare più.» dico tutto d'un fiato con voce strozzata.
A quelle parole mi si stringe il cuore.
Forse sto esagerando, ma al momento è la cosa migliore da fare.
Dylan aggrotta la fronte e arriccia il naso. Mi guarda storto e con aria interrogativa.
«Perchè?» mi chiede con espressione triste e preoccupata allo stesso tempo.
Abbasso lo sguardo cercando di non incontrare i suoi occhi.
«Ho detto che non voglio parlarne.»
borbotto stringendo i denti.
«Cazzo Lily!» esclama battendo un colpo sulla scrivania.
Io sussulto e alzo lo sguardo su di lui.
«Non puoi comportarti così senza darmi almeno una motivazione. Ora mi dici cosa è successo, e poi potrò aiutarti!»
abbassa il tono della voce passandosi una mano tra i capelli fradici.
«No che non puoi!» sbotto io.
«Non puoi essermi di aiuto, cazzo! Non lo potrai mai essere, anzi, hai peggiorato solo le cose.» a quell'ultima frase pronunciata, le lacrime cominciano ad attraversarmi tutto il volto, fino a sentirne il sapore amaro in bocca.
Dylan mi guarda allibito e tace.
Sono esausta. Non voglio farmi vedere così da lui, nè dai miei genitori, nè da Stacey o qualunque altra persona esista.
«Respira.» mi suggerisce lui con tono apprensivo.
«No, no e no!» mi porto una mano in fronte.
«Perchè sei entrato nella mia vita? Perchè continui a rendermela difficile più di quanto non lo sia già?»
Lui mi interrompe parlando sopra di me.
«Calmati, allora.»
si passa la lingua tra le labbra intrecciando le mani.
«È accaduto qualcosa con Stacey, parlamene.»
Deglutisco lentamente. Non voglio essere umiliata ancora di più.
«N-non è andata come pensavi, o meglio, come pensavo.»
«Ti ha fatto del male? Ti ha detto delle cose brutte?»
Chiudo gli occhi e sto zitta.
Non glielo dirò mai.
«No...non ci credo. Ha osato metterti le mani addosso?» lo vedo serrare le labbra e irrigidirsi.
«No ehm, senti, lasciami stare. Per favore.»
Dylan apre subito la bocca per parlare, ma io glielo impedisco interrompendo la chiamata.
Non voglio più sentire nessuno. Non voglio avere più problemi. Ho sbagliato a fidarmi di lui, non ha mai voluto aiutarmi. Voleva che mi immischiassi in un casino ancora più grande.
Mi lascio cadere sul letto, sfinita dalle lacrime.
Vorrei potermi addormentare e non risvegliarmi mai più.
***
Sono passati alcuni giorni da quella vicenda.
Dylan non l'ho più sentito. Dopo quella video chiamata ha provato a chiamarmi altre volte ma poi niente. Si è arreso, e non ci sentiamo più.
Nemmeno su Tumblr, nessun messaggio. Niente di niente.
Infondo è stata una mia decisione, ma è come se mi mancasse qualcosa. Non intendo tornare indietro però.
Non appena sono tornata a scuola ho tolto subito la firma e Stacey non ha riprovato ad avvicinarsi a me, ma mi tiene d'occhio.
Sono un po' rilassata per questo, ma ho comunque paura che possa trovare una nuova occasione per rifarlo.
Devo rinunciare a ciò che amo fare, ma se fare ciò che amo significa mettermi contro di Stacey ancora di più, allora lascerò perdere, per il bene di tutti.
Mi trovo a scuola e stanno per cominciare le lezioni.
Sto per dirigermi in classe, quando qualcuno mi chiama da dietro.
«Signorina Collins?»
Mi giro e mi ritrovo il signor McAdam, insegnante di canto e musica.
È lui che tiene il corso di canto dal primo anno di liceo.
Mi conosce bene e mi ricordo che gli dispiacque molto quando me ne andai.
«Salve, mi dica.» sforzo un sorriso.
«Posso rubarle un attimo?»
«Ehm, certo.»
Non so cosa voglia dirmi, ma ho già ansia.Entriamo nell'aula dove si tiene il corso di canto.
Cammino lentamente osservando bene dove mi trovo.
Mi sembra tutto così familiare.
Le gambe cominciano a tremarmi.
Tra poco dovrebbe cominciare la lezione e dovrebbero arrivare tutti gli studenti che vi partecipano, e io non posso stare qua.
Mi fermo.
«Perchè mi ha portata qui? Io non partecipo.»
«Proprio così.» afferma il professor McAdam mettendosi a braccia conserte sedendosi poi.
«Volevo parlare con lei di questo.» mi guarda accarezzandosi il suo pizzetto.
Mi sento a disagio.
«Oggi è la prima lezione e raccogliendo tutte le firme, ho notato la sua, però cancellata. Posso chiederle il motivo?»
Cerco qualcosa di sensato da dirgli ma non trovo nulla.
«Ehm..ho cambiato idea.» mormoro spostando lo sguardo sugli strumenti.
«Lily...anche l'anno scorso non si è più presentata al corso e pensavo che le piacesse continuare.» si interrompe prendendo dei moduli, poi continua.
«Con la tua media, usciresti da qui con voti altissimi e potresti scegliere di frequentare uno dei college più prestigiosi di Los Angeles.»
La mia pelle si è sbiancata a quelle parole.
«Quello che voglio dire, Lily, è che lei è un talento e non dovrebbe farsi sfuggire un'occasione del genere.»
C'è un attimo di silenzio.
Sono sconvolta, e non so cosa dire.
«La ringrazio signor McAdam, ma non posso presentarmi al suo corso.» pronuncio con voce spezzata e infranta allo stesso tempo.
Sentirsi dire che sono un talento e che sarei in grado di frequentare una delle più celebri scuole di canto del paese è una sensazione unica.
Se solo la cosa potesse essere fattibile, a quest'ora salterei di gioia.
McAdam mi guarda dispiaciuto e deluso.
«Puoi parlarne sempre con persone care a te, che magari possono farti cambiare idea.»
Mi viene in mente solo una persona.
Dylan.
No, no e no.
«Non credo sia possibile.» taglio corto per uscire da qui al più presto.
Il professore annuisce, poi mi porge quei moduli che aveva preso prima.
«Lascia almeno che ti dia questi. E promettimi di pensarci.»
Annuisco afferrandoli, rivolgendogli un piccolo sorriso di ringraziamento.
La campanella suona e una massa di studenti entra in classe.
Faccio per uscire, quando mi scontro con Stacey.
Mi guarda con un'espressione confusa e assassina.
Probabilmente si sta domandando come mai stia là.
Non le do il tempo di dire niente che mi precipito subito fuori.
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Okay, sto pubblicando più spesso ora😂
Se volete darmi qualche dritta o consiglio, commentate qui sotto!
Alla prossima😘
-Benedetta
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Can't separate us
FanfictionLily Collins, sedicenne residente a Los Angeles, frequenta il terzo anno dell'high school. Presa in giro ed emarginata da tutti, si trova a far parte di un mondo proprio, fino a quando il destino non la farà incontrare con Dylan O'Brien, diciassett...