Capitolo 5

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Ti scrivo per poter parlare con te in questa infinita lettera che sembra non finire mai. Infinito come l'universo, come l'attesa che sto attendendo, come il dolore che mi sta distruggendo.
Non so nemmeno se quest'ultimo avrà una fine, e se l'avesse credo che si tratti di un'illusione perché non potrò avere figli, ma il mio cuore, la mia mente, la mia stessa pelle si aspetta qualcosa . Sbaglierò ciò nonostante è quello che sento , credo che questo sia il senso della mia vita attenderti senza sapere se ci sarai.
Mentre il mio pensiero ritorna su te, ti narro della mia vita, di quante volte ho guardato Gabriele ritenendomi una donna incapace ,una donna che non può dare origine un'altra vita. Una donna che non può partorire un fiore.
Perchè questo eravamo io e lui : due giardinieri che piantano semi sul terreno circondato da una fitta protezione. Un terreno compatto, solido, un terreno abbastanza grande da riempirlo di tutte le cose che amiamo e che fanno parte di entrambi. Un terreno forte e apparentemente pieno .
Ma vuoto perché le piante non si rafforzano, i fiori non crescono e i frutti non vengono prodotti.
Ogni giorno ci prendiamo cura di questo terreno con tutta l'accortezza e l'amore pur di vederlo arricchire però nulla accade.
Non mancano la passione, il calore del sole , i semi, un terreno saldo e una protezione sicura
Cos'è che manca?
Manca l'acqua. La base necessaria per far nascere e per dare vita. Senza l'acqua un seme non cresce, rimane sotto il terreno fino a seccarsi e a ridursi in polvere . Cos'è che rappresenta l'acqua nella mia vita?
Non lo sapevo e questo mi faceva impazzire terribilmente come impazzisce uno scienziato tutto intento nel suo esperimento. Dalle osservazioni ha ricavato le ipotesi , le ha sottoposte a verifiche affinché la tesi una volta affermata diventa legge, ma durante il suo esperimento si accorge che manca qualcosa, qualcosa senza la quale non può continuare, manca un'osservazione, una dimostrazione, manca un ramo. Manca la sostanza che completa la pozione e la cerca ovunque non trovandola, inventa ipotesi, perde la pazienza. Impazzisce.
"Qual è il tuo pensiero l'inseminazione artificiale?"
Non rispondevo, non perchè non sapevo cosa rispondere , perchè non avevo nessun intenzione di farlo. Credevo che L'inseminazione artificiale e altri metodi scientifici erano un qualcosa contro la natura dell'essere umano e contro la natura di Dio.
È sempre stato un argomento delicato da affrontare eppure sono sempre riuscita a trovare una risposta e a far maturare il mio pensiero.
Basta fermarsi a pensare per un po', la risposta l'avrai già da te.
Il pensiero che un seme di un uomo di cui non conosci venga piantato nel corpo di una donna
Un figlio è il frutto dell'amore, ora tu mi domanderai: e se il frutto non nasce, L'amore non è vano?
L'amore non è mai vano se è vero.
"E l'adozione? "
Era un altro argomento che spesso dovevo affrontare.
"In Italia è difficile adottare un bambino. È una pratica e un processo lungo e difficile che non sempre accontenta."
"Ma Dopo tutti questi anni non hai perso la speranza?"
Forse si , l'avevo persa un po', ma io mi aggrappavo a quel'1% di speranza ancora intatta dentro me.
Quando la gente mi poneva queste domande non era semplice rispondere perché qualsiasi cosa avrei risposto loro non avrebbero capito.
Qualcosa si è rotto dentro me.
Ma dov'è la voglia di vivere? Essa Si nasconde in luoghi remoti dove non riesco a vedere neppure la piu piccola traccia.
Dov'è il mio cuore? Al petto, no ti sbagli. Non è lì da molto , anche lui si è disperso.
Qualcosa si è rotto, è andavo via e adesso manca.
Mi sento persa. Infondo questa è l'altra faccia della speranza. La parte in cui ti sei arresa. Mi ha messa in sospesa: Dio,anche tu, dove sei?
Sono passati anni, forse ti sei dimenticato di quest'anima limpida in cerca e in attesa di qualcuno? Io sono qui che ancora aspetto e più trascorre il tempo più mi sento sfinita. Quanto ancora dovrò sopportare quest'agonia? Ancora Per sempre?
Mancavano pochi giorni al mio 39esimo compleanno, pensavo che il tempo aveva spazzato gli anni 30 con una velocità tempestiva e dannatamente incontrollabile, che questi anni mi avevano cambiata nonostante fossero scorsi senza un senso , quando accessi il motore  dell'auto per dirigermi verso lo studio dove esercitavo la mia professione .
Come il più delle volte a piazza Dante mi ci ritrovai in una lunga fila di auto ferme a causa del traffico, quella mattina pioveva a dirotto, imprecai affinché il rumore assordante dei clacson e quella massa di automobili bagnate e grigie si sciogliessero e ognuno andasse per conto proprio, ma fui costretta ad aspettare per un paio di minuti che sembrarono non finire più tanto che ad ogni minuto sbuffavo. Ad un tratto il Cd che era inserito all'interno dello stereo riprodusse un canzone che non ascoltavo da molto perché ascoltavo ogni mattina le stesse canzoni prima di andar a lavoro (un'abitudine che non tollerava Gabriele), la canzone faceva proprio così :
Ti accorgi in un momento:
Siamo soli...è questa la realtà?
Ed è una paura continua che...non passa mai.
Angelo, prenditi cura di lei.
Lei non sa vedere al di là di quello che dà
E tutto il dolore che grida dal mondo diventa un rumore che scava, profondo...
Questa canzone faceva parte del Cd che Gabriele mi aveva regalato mesi prima e che all'interno erano presenti una parte delle canzoni che mi aveva dedicato quando eravamo fidanzati e all'inizio del nostro matrimonio.
Era una canzone che mi piaceva tanto e ascoltandola di nuovo , dopo molto tempo, mi fece ricordare di quando ero  giovane e la canticchiavo.
Voleva che un angelo si prendesse cura di me, Gabriele è stato davvero uno dei regali più belli che la  vita mi abbia dato,  fui entusiasta di aver ancora accanto l'uomo della mia vita, nonostante tutto. Avevo accanto un'amante della musica e il cuore amava ascoltare tutte le canzoni che mi aveva dedicato e i componimenti che faceva ancora.
Quando le ultime parole posero fine alla canzone, la folla di aiuto si distolse davanti ai miei occhi così spinsi il piede sull'acceleratore  e poi giunsi finalmente giù al palazzo dove soggiornava il mio studio. Scorsi l'entrata e Mi intrufolai nell'ascensore, arrivata al quarto piano, non appena le porte dell'ascensore si aprirono , il mio sguardo si incrociò con quello del mio primo paziente che stava aspettando fuori alla porta. Guardandomi con un'aria di sollievo esitò: Buongiorno Dottoressa,stamattina ha fatto tardi! Guarda...per una volta io ho aspettato lei! Sorrise.
"Buongiorno Gennaro! E si, stamattina mi hai aspettato tu. "
Poi aggiunsi "Avevi molta voglia di vedermi? . Ricambiai il sorriso e controllando l'orologio di fronte a me sulla parete intuì che si era anticipato di 10 minuti.
"Abbastanza" sospirò.
Attraversammo entrambi la sala d'attesa,la quale era ancora vuota, ed entrammo nella mia stanza dove ascolto e interagisco con i miei pazienti.
Ci sedemmo sincronizzati sulle sedie, una di fronte all'altra, presi l'agenda nel cassetto, osservai il giorno dell'ultima visita e segnai la data di quel giorno , subito dopo incalzai: " Allora  come vanno le cose? Ci sono novità di cui vuoi parlarmi?"
Lui si guardó intorno, pose lo sguardo fuori la finestra e dopo un breve silenzio rispose:" Nulla, sempre le stesse cose: continui rapporti e accompagnamenti a scuola, litigi con mamma, le solite parole di papà che sollecitano la mia ira e il resto...gia lo sa."
Feci segno di aver capito e scrollando le spalle esclamai:" Non focalizzare l'attenzione su tuo papà, pensa invece un altro modo per rendere felice tua mamma, ad esempio inizia a non dirle più le notizie negative che riguardano la scuola, fai in modo che la preside non la chiami più . Vedrai che tua mamma sarà felice."
"A mia madre non le importa che io sia felice o meno, a lei interessano solo i soldi, perché mi dovrebbe interessare la sua felicità?"
"Tua mamma ti vuole bene Genny, tutto quello che fa, lo fa solo per te."
Genny non rispose, infilò le mani nella tasca e muovendole provocò un suono di monete che si urtavano tra loro all'interno della tasca . Era nervoso e ogni parola che ne seguì furono ascoltate distrattamente perchè tratteneva la sua ira senza liberarla fino al punto che si alzò dalla sedia, si allontanò e sull'uscio della porta disse:"Scusami."
Genny è un ragazzino di tredici anni che trascorre la maggior parte del tempo in strada, conosce uomini che sono amici di suo padre e frequenta ragazzi più grandi di lui, commette piccoli furti e ha un animo grande. Il padre è stato da poco rilasciato dal carcere penitenziario per una serie di reati e per il suo uso eccessivo dell'alcool, la madre lavora giorno e notte pur di portare avanti la sua piccola famiglia. Genny è un ragazzino onesto, perspicace, frequenta la scuola e solo percorre un tratto di strada di andata e di ritorno a piedi fino a casa sua, si reca al supermercato a comprare le cose meno costose, i nonni sono molto anziani e non riescono ad accudirlo. Genny è solo ed è proprio per questo ed per altro che l'ho soprannominato "il piccolo uomo", è un ragazzino che non sa dire no perciò viene usato da suoi "amici" più grandi per svolgere commissioni sporche; in lui c'è una piccola fiamma che lentamente si sta spegnendo e chiede disperatamente che essa venga riaccesa subito.

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