Aprii gli occhi.
La mia vista era sfocata, ma riuscii a scrutare la figura davanti a me.
Era il ragazzo dagli occhi di ghiaccio.
Cosa ci facevo con lui? Non lo vedevo da settimane e di certo questo non era il modo in cui lo volevo rivedere.
Ero indolenzita, stranamente trovai la forza di alzarmi ma nel frattempo la testa mi girava e a malapena riuscivo a sollevarla da terra, notai un dolore lacerante sulla schiena, sul lato sinistro, alzai leggermente la maglietta e intravidi due lividi affiancati da un graffio lungo la spina dorsale.
Stavo iniziando ad agitarmi.
Esaminai la situazione e osservai il ragazzo dagli occhi di ghiaccio dormire su una grossa pietra usando lo zaino come cuscino.
Siamo a Central Park, in una parte isolata.
Cercai di svegliarlo, dandogli dei piccoli colpetti sulla spalla, inizialmente lo erano ma poi diventarono sempre più rudi.
<<Mh..>> Appena mi vide scattó in piedi e mi abbracció.
Non potei fare a meno di ricambiare, i suoi abbracci mi facevano sentire così al sicuro ma al momento volevo solo delle spiegazioni.
Sciolsi l'abbraccio.
<<Okay mi spieghi perché prima mi dici che volevi rivedermi e poi all'improvviso scappi e non ti fai più vedere a scuola? Mi spieghi che ci faccio qui con te, piena di lividi e graffi? Perchè all'improvviso fai di tutto per proteggermi? Mi spieghi che cazzo sta succedendo?>> dissi non facendo a meno di gesticolare e di agitarmi cercando di muovermi il meno possibile per non risvegliare il dolore di quei maledetti lividi.
Ad un tratto il dolore diminuì, i pensieri si calmarono, la mia rabbia svanì nel preciso momento in cui il ragazzo dagli occhi di ghiaccio posó le sue labbra sulle mie.
<<Non stavi zitta..>>
<<E così per far star zitte le persone le baci?>> Dissi inarcando un sopracciglio.
<<Vorrei spiegarti questa situazione, se me lo permettessi, Jay devi ascoltarmi>>
Non riuscii a credere che non aveva usato i suoi soliti soprannomi.
Il suo sguardo divenne del tutto serio, mi prese entrambe le mani e mi fece posto accanto a lui sulla pietra e così decisi di ascoltarlo.
<<Tu sei l'unica persona con cui voglio parlare, tu mi fai sentire bene e cantare con te mi ha fatto capire quanto tu fossi speciale, ed è per questo che ti ho portata qui.>>
<<Continua>> Dissi io avvicinandomi ancora di più a lui.
<<La mia famiglia non approva la mia passione per la musica, litighiamo sempre giorno e notte, se solo mi sentono suonare o canticchiare mi urlano contro, a volte usano le mani e mi sento così stupido, odiano tutto quello che conta davvero per me, l'altra sera qualcuno ha riferito ai miei che ho cantato al karaoke e mio padre mi ha riempito di pugni sul naso senza pentirsi, non sono venuto a scuola per farlo controllare, dopo una settimana il dolore scomparve ma non me la sentii di ritornare a scuola, non voglio far sapere a nessuno chi sono proprio per questo, i miei potrebbero chiedere informazioni dalle persone e distruggere non solo me ma anche chi mi sta intorno e alle persone a cui tengo...>>
<<Mi dispiace davvero tanto, è così ingiusto e ti capisco, anche io ho un padre così ma non è mai arrivato alle mani, lui voleva che diventassi un medico ma fortunatamente mia madre lo lasciò, il mio sogno è sempre stato quello di diventare una cantante e mia madre mi ha sempre appoggiato dicendomi ogni giorno di seguire il mio istinto>> Era la prima volta che lo raccontai a qualcuno, mi ero sempre vergognata di parlare di mio padre con le persone, gli altri di solito avevano una famiglia unita, dei genitori che si amavano e mi sentivo umiliata a parlarne con gli altri, ma la sua situazione era anche peggio della mia e mi sentivo a mio agio a parlare di questo con lui perché sapevo che mi avrebbe capita.
<<Sei fortunata Jay, ma ora suppongo che tu voglia sapere cosa è siamo finiti qui...>> Annuii e lui iniziò a spiegare.
<<Beh...Io e mio padre stavamo discutendo per l'ennesima volta ma ad un certo punto vedemmo una ragazza bellissima, alta con uno sguardo perso nel vuoto, solo dopo che ci siamo avvicinati ho capito che eri tu, avrei giurato che mio padre avesse potuto investirti, non era concentrato sulla strada, quando ti sei accorta di noi ti precipitasti sul gradino battendo la testa sul marciapiede cadendo con la schiena, non c'era sangue e la caduta non fu tanto crudele ma alla vista che tu ti fossi fatta male gravemente per colpa dell'ira di mio padre nei miei confronti mi sentii in colpa, scesi dalla macchina per vedere se stavi bene, eri svenuta ma niente di grave, ero spaventato, avrei giurato che mio padre ci avesse potuto portare a casa mia ma quando mi girai non vidi più la macchina, se ne era andato come un codardo, così l'unica possibilità che avevo di trasportati in un luogo sicuro, era qui, nel mio posto segreto, dove compongo e nessuno può trovarmi, avremmo deciso insieme cosa fare, sono stato un'idiota a non portarti all'ospedale ma la caduta non fu tanto violenta e non ne vedevo il motivo, mi dispiace tanto davvero di averti coinvolta in tutto questo, Jackie...>> I suoi occhi divennero quasi lucidi ma si trattenne per non farmi capire di essere letteralmente a pezzi.
Un qualcosa in me stava succedendo.
Amavo come, a modo suo, cercava sempre di proteggermi.
<<Sono felice che mi hai portata qui, e non portarmi all'ospedale, voglio andare a casa>>
Dissi mettendogli una mano sulla spalla assumendo uno sguardo benevolo e dolce. Abbassò lo sguardo.
<<Sicura?>>
<<Si>> Gli diedi un piccolo bacio sulla guancia.
<<Posso farti una domanda?>> Dissi io senza pensarci troppo.
<<Si>>
<<Prometti che mi risponderai sinceramente>>
<<Dipende>>
<<Perché non vuoi far sapere a nessuno il tuo nome?>>
<<Te l'ho già spiegato, mio padre potrebbe fare domande, dico ai miei 'amici' di chiamarmi Jace come copertura, hai visto cos'ha fatto oggi? Appena ha visto che qualcuno avrebbe potuto farsi male gravemente a causa sua è scappato, lui è capace di tutto...>>
Era proprio un mostro suo padre e sua madre che gli correva dietro come un cagnolino, sono senza parole.
<<Nemmeno a me vorresti dire il tuo nome? Puoi fidarti di me, non lo dirò a nessuno.>>
<<Non posso, Jackie io voglio proteggerti, non coinvolgerti, non potresti mai sopportare di doverlo nascondere alla tua migliore amica o a tua madre, ti rovinerei la vita e non lo permetterei mai.>>
<<Potremmo uscirne insieme e non rovineresti niente, voglio che tu mi coinvolga nella tua vita>> alzò le spalle.
<<Ti riporto a casa>> Concluse per alzarsi e raccogliere le sue cose.
<<Aspetta! Non possiamo raccontare la vera storia, cioè che tu e tuo padre mi avete quasi investita, le racconterò che sono caduta e tu eri lì e mi hai riportata a casa, okay?>>
<<Okay broncio, andiamo>>
<<Devo prima fare una telefonata>>
Dissi correndo dietro al cespuglio per chiamare Sophie, senza badare a quel nomignolo al quale, stranamente, avevo iniziato a sopportare.
<<Jay ma dove sei?>>
<<Sono svenuta ma il ragazzo dagli occhi di ghiaccio mi ha portata in un bosco e ora sono piena di lividi e graffi, ora sto andando a casa, mi dispiace tanto..>>
<<Stai tranquilla Jay, l'importante è che stai bene, ero davvero preoccupata, vuoi che venga da te?>>
<<Sta tranquilla Soph, non ho nulla di grave, ci sentiamo dopo>>
<<Okay Jay ma fatti sentire>> Mi raccomandò con un tono spaventato.
Attaccai e ritornai da Jace, se così potevo chiamarlo, questa situazione era così confusa e avevo l'impressione di essermi persa.
Ero arrivata a casa.
Aprii la porta e mia madre mi accolse con un caldo e affettuoso abbraccio.
Al solo pensiero che il ragazzo dagli occhi di ghiaccio stava assistendo a quella scena mi sentii in colpa.
<<Grazie per avermi accompagnata>> Dissi abbracciandolo.
<<Ci vediamo lunedì a scuola>>
Sorrisi.
<<Davvero? Cioè volevo dire, a lunedì>>
<<Si davvero>> Mi fece l'occhiolino e un sorriso apparve sulla mia faccia.
Raccontai a mamma della mia caduta e che 'Jace' mi aveva riaccompagnata a casa.
Mi mise una crema anti-dolorifica e mi suggerì di metterla ogni sera.
<<Con questa starai meglio tesoro, ti porto la cena in camera e poi cerca di riposare>>
Ero felice di quella giornata, insomma, se non fossi caduta, lui non mi avrebbe mai raccontato la maggior parte delle cose che so ora, voglio entrare nella sua vita e sconvolgerla.
Dopo aver mangiato e riflettuto su questa interminabile giornata mi addormentai.
Ma quella notte sentii mia madre piangere come se qualcosa di orribile, triste e spaventoso stesse all'improvviso per accadere.
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Don't Let My Hand Go
FanfictionJackie non ama stare al centro dell'attenzione, anzi odia tutti quelli che la circondano. È una ragazza americana amante della musica e concentrata a realizzare i suoi sogni. Vive con sua madre che dopo aver affrontato il marito, il quale aveva impo...