E se stai passando un periodo buio, ricorda che più è buio, più si vedono le stelle.
«Moriarty ti vuole morto, non ti lascerò andare lì, non da solo.»
Mormorò ad alta voce il biondino guardando l'uomo dinanzi a sé che camminava frettoloso per la stanza.
Notò le sue mani grandi infilarsi tra i ricci scuri in un gesto veloce.
"Non capisci? Se lui mi ha chiesto lì, ci andrò.
Che tu lo voglia o no John!" Urlò fermandosi ed abbassando rapidamente le braccia, il più basso poteva notare benissimo le tempie del più alto pulsare, la leggera sudorazione e le labbra schiuse in degli affanni.
Watson raddrizzò la schiena assumendo la sua espressione da soldato.
«Va bene, Sherlock.»
Sospirò battendo le mani sulle proprie gambe chiudendo gli occhi.
«Ma non voglio che t-»
"John." L'interruppe avvicinandosi a lui in modo da attirare di più l'attenzione del proprio coinquilino.
"Non accadrà, non vincerà." Gli sussurrò con certezza, gli occhi del dottore si aprirono lentamente rivelando le due iridi dense, le puntò sul petto del bruno schiudendo poi le labbra in un risolino isterico scuotendo lentamente il capo.
«Perché ti dovrebbe chiamare?Non ha senso, Sherlock, non ha senso!» Sbottò allontanandosi da lui che rimase fermo e dandogli le spalle continuando a mantenere un'espressione stupita in volto.
"Non lo so." Affermò con amarezza osservando il riflesso di John dal vetro della finestra.
"E non mi piace non sapere."
Concluse cercando di non lasciar trasparire il suo turbamento, Moriarty stava giocando e stavolta non con lui, ma con il suo cuore.
Lo aveva detto, fin dalla prima volta che lo avevano incontrato faccia a faccia, soli.
-Ti brucerò il cuore-
E ci stava riuscendo bene.
Il viso di Sherlock rimase impassibile, le mani unite e le braccia tese dietro la schiena del suo corpo slanciato, la vestaglia blu copriva il suo pigiama azzurro.
Il silenzio, solo quello, ma non era un bel silenzio.
Si dice che il silenzio sia la forma più alta della parola;comprenderlo è la fonte più alta dell'essere umano.
E Holmes comprendeva quel silenzio in quell'appartamento del 221B di Baker Street, ma non era uno di quei silenzi, dove tutto taceva.
Poteva sentire il respiro accelerato del biondo, era teso, preoccupato, per lui?
Per Sherlock Holmes?
«Vai a dormire, ne hai bisogno.» Ruppe il silenzio quest'ultimo girandosi di scatto verso il coinquilino iniziando a camminargli attorno.
«Andrà tutto bene domani.»
Lo rassicurò con un mormorio a tono basso, come se fosse incerto, ma voleva trasmettergli sicurezza, magari quella sicurezza che lui non aveva.
Sentì gli occhi scuri del più grande scrutargli il viso e quelli ghiaccio del genio li incastrarono.
Era arrabbiato, si poteva benissimo leggere in quelle iridi che vacillavano tra l'azzurro e il grigio, era arrabbiato perché non veniva mai ascoltato, perché era preoccupato e perché aveva paura.
Ma c'era un sentimento, un altro motivo in più che Holmes non riusciva a decifrare.
Azzardò una mossa inaspettata.
Chinò la schiena verso il volto del medico e poggiò le labbra rosee e piene sulla pelle della sua guancia, calda e morbida, in un dolce bacio.
"Buonanotte, Watson."
Sussurrò staccandosi ed avviandosi indifferente sul divano stendendosi.
John non parlò, per qualche attimo il suo sguardo confuso fu puntato su quella massa di riccioli neri.
«I-io ehm, buonanotte.» Si schiarì la voce esitante scuotendo la testa prima di ritirarsi in camera propria.Nuovo messaggio: numero sconosciuto.
Ti devo una caduta.
-JM.
Nuovo messaggio: numero sconosciuto.
Te ne devo una, Sherlock.
-JM.Holmes sentì la vibrazione del proprio cellulare, non lesse i messaggi ma sussurrò il testo fissando il soffitto.
«Ti devo una caduta.» Non faceva male, lo intrigava, ed anche parecchio.
«Te ne devo una, Sherlock.» Le sue labbra si curvarono verso l'alto in un mezzo sorriso.[3 anni dopo]
'Papà! Papà!'
La voce acuta del proprio bambino richiamò John Watson dal piano di sotto.
«Che c'è Sher?» Gli chiese affacciandosi sulle scale rivolgendo il capo al piano superiore.
«Sher? Che succede?» Domandò ancora una volta iniziando a salire le scale, ma qualcosa lo fermò, una voce.
Profonda, bassa.
Per un attimo trattenne il respiro prima di finire gli ultimi gradini arrivando al piano superiore, scorgendo una luce che si muoveva, riflessa sulla parete della propria camera da letto.
Vi entrò e trovò il proprio bambino che seduto sul pavimento, a gambe incrociate ad indiano, con una fascetta tra i riccioli scuri guardava la figura di Holmes proiettata sul proiettore verso la parete color panna.
'È lui Sherlock Holmes?' Chiese alzando lo sguardo verso il padre che con la fronte corrugata spense il proiettore.
«Dove, dove li hai trovati?» Chiese prendendo quella scatola di CD, circa una decina osservandoli attentamente, puntando poi gli occhi sul bambino.
'Me li ha dati una signora, non molto anziana.' Rispose poggiando le manine sulle proprie ginocchia alzando le spalle.
John cadde seduto sul letto non sentendo più le gambe sostenerlo.
«Che ti ha detto?» Domandò in seguito tenendo la scatola sulle gambe, non era possibile, il respiro sembrò mancargli per qualche secondo.
'Mi ha detto che Sherlock li aveva lasciati per te ma che non aveva avuto tempo per darteli.'
John rimase in silenzio passò le mani sui dischi, avvolti in delle custodie, le sfiorò, pieni di polvere.
'Non voleva che qualcuno li vedesse se non tu.
Papà, perché ha il mio nome?' Chiese poi incuriosito il ricciolino puntando le iridi castane verso il biondo che senza guardarlo ordinò a tono autoritario.
«Vai a giocare.
Esci da qui devo fare delle cose.»
Il moro obbedì ed uscì dalla camera chiudendosi la porta alle spalle andando a giocare in camera sua.
Watson si alzò dal letto e si chinò per far ripartire il disco nel video proiettore, si lasciò sedere di nuovo sul bordo del letto, le mani che unite sfioravano il proprio interno coscia.
Alzò nuovamente la schiena raddrizzandola cercando di non lasciar cadere le lacrime, di non mostrarsi vulnerabile appena la figura di Sherlock comparse sulla propria parete, il suo viso era stanco, i ricci disordinati e la vestaglia stropicciata era seduto sul divano e parlava sottovoce, probabilmente aveva iniziato a girare la notte prima, mentre John dormiva.
"Avevi ragione, John.
Hai sempre avuto ragione e sono stato così egoista."
La sua voce interruppe quel silenzio, tra le mani del biondo c'era stretta la custodia del primo CD, il suo viso in pochissimo tempo si inumidì, solcato da lacrime che concludevano il loro percorso tra le labbra serrate, cadendo senza attrito sul pavimento distruggendosi, come la propria anima, lacrime che si era promesso di non gettare, il suo castello era crollato da quando lui era andato via, caduto e distrutto come le lacrime dell'uomo che se pur liquide facevano un rumore assordante.
Quanto suono poteva fare il dolore?Quanto insopportabile poteva essere?
"Dentro lo scatolone che hai tra le mani troverai 10 CD ed un video-proiettore, in ognuno di essi ci sarà un messaggio per te -sospirò pesantemente-Quando avrai finito, ti supplico, ti prego di non farli vedere a nessuno, nessuno ha il permesso di vedere la mia vulnerabilità."
L'indice del biondo fermò il video proiettore puntando gli occhi azzurri sullo scatolone, non avrebbe guardato il suo video, non avrebbe mai dato a nessuno l'unico oggetto concreto che gli restava del suo migliore amico. Inserì il secondo CD e lasciò aderire la schiena sul materasso lasciando le palpebre abbassarsi lentamente, non voleva, non poteva distaccarsi da un sentimento così grande, non voleva lasciarlo andare.
Si era ancorato ad un supporto inesistente, ad una voce riprodotta, ad una figura proiettata su una parete.
Ed accompagnato da quel tono basso e rauco del bruno cadde in un sonno tormentato.
Ed era così che ogni giorno, tra le finestre di quell'appartamento del terzo piano dalla finestra di John Watson si intravedeva la figura del ragazzo dai capelli ricci e gli occhi color ghiaccio che proiettata sulla parete chiara parlava, ed era così ogni notte dove l'uomo restava solo.
Lui, il buio e la voce.
Forse gli bastava ciò.
Quella roba era l'unico modo capace per colmare quel vuoto.
Come un buco nello stomaco, riempito con dei semplici CD.
{Le palpebre del biondo si alzarono di scatto quando il respiro gli mancò, si rigirò tra le lenzuola e puntò gli occhi al proiettore ancora acceso.
Alzò un sopracciglio, la stanza era completamente nera e Sherlock era così reale.
"John." Chiamò poi puntando le iridi chiare in quelle azzurre del biondo che ora vi era alzato con il busto lasciando le gambe dondolare in un vuoto oscuro sotto al letto.
"John, mi dispiace."
Sussurrò, una scossa di brividi oltrepassò l'esile corpo appena e delle calde braccia gli cinsero la vita da dietro, catturò il labbro inferiore tra gli incisivi e chiuse gli occhi.
"John, abbracciami." Gli sussurrò all'orecchio, il medico scosse la testa e si voltò stringendolo a sé allacciando le braccia attorno al collo del riccio.
«Sherlock i-io» Balbettò mentre la mano del ragazzo si intrecciava tra i suoi capelli.
"Shh, è tutto okay."Assicurò, lui lo strinse più a sé.
"Scusa." Continuò poi distaccando il volto e puntando gli occhi sul materasso, il corpo del più basso iniziò a tremare, prese la mano destra del ragazzo lasciando intrecciare le loro dita, ma qualcosa cedette.
Si creò un gran foro dove vi era il moro lasciandolo cadere, risucchiato da quella strana forza.
La presa della sua mano scivolò, come ogni sua lacrima, come ogni suo urlo nel tentativo di richiamarlo, come la sua felicità.
Scivolò via da lui, dal mondo.
Lasciando solo un immenso dolore, una sequenza di incubi.}
«Sherlock!» Urlò sobbalzando con il busto alto mantenendo le mani sul materasso ed annaspando come se l'aria gli mancasse.
Il proiettore si era spento alla fine del quinto disco dove Holmes continuava a parlare del motivo per cui Moriarty lo avesse chiamato quella mattina.
Ma al biondo non importava il perché, a lui importava averlo qui.
Scese dal letto e saltò gli altri CD inserendo l'ultimo, ovvero, il decimo.
Con i capelli in disordine e il maglione beige del giorno precedente, ascoltò le parole del suo coinquilino osservandolo con gli occhi vuoti, persi ed assonnati.
Il bambino dormiva ancora, infondo erano solo le sei del mattino.
"Ciao John, questo è l'ultimo dei dieci video, non mi sorprenderei nel trovarti ad ascoltare ancora le mie parole."
Le mascelle del biondo si serrarono mentre uno strano silenzio investì la camera da letto, Sherlock si passò una mano tra i ricci mori, lasciando alcuni di essi ricadere sulla fronte pallida.
"Sono ormai le cinque del mattino, non mi cambierò per incontrarlo, ci andrò così, e non chiedermi il perché.
Probabilmente la mia mente è troppo stanca perfino per decidermi di cambiarmi, ho finito i cerotti alla nicotina e, santo cielo, ti avevo anche detto di prendermene di più.
Sei un idiota, John."
Le palpebre del brizzolato tesero nel chiudersi a quelle parole e non trattenne un leggero sorriso sussurrando un «Lo so.» pur consapevole che ormai il moro non potesse sentirlo.
Il suo tono era così roco, così stanco che mai, mai lo aveva visto e sentito così...così vulnerabile, ecco.
Sherlock Holmes vulnerabile.
E tremendamente sexy, rammentò la mente di Watson che anche nei momenti inadatti doveva tormentarlo con le amare verità.
"Ma non sono qui per rimproverarti, l'ho già fatto per tutta la mia vita."
Spiritoso.
"Devo confessarti una cosa."
Un nuovo silenzio, gli occhi ghiaccio fissarono la telecamera e quelli un po' più scuri del biondo fissarono la parete, perdendosi nuovamente negli occhi del genio.
"Non pensavo che sarebbe stato così difficile, soprattutto per me.
Volevo solo scusarmi per tutte le volte che ti ho fatto salire l'istinto omicida, per averti dato false aspettative, false promesse.
Per non averti ascoltato.
Dato attenzioni, urlato contro.
Ma il problema, John, e che sono sempre stato sicuro di ogni minima cosa, tranne che di te.
Avevo paura che tu avresti potuto stravolgermi la vita quando invece avevi iniziato a far parte di essa.
Non volevo perderti e, santo cielo, sì, sono strano ed egoista a pensarla così, ma ogni gesto, ogni singola parola detta, era per non far soffrire me e te.
Ma mi sono reso conto che in fondo non è stato uno dei miei migliori piani."
Mormorò tutto così rapidamente che catturò pienamente l'attenzione del dottore, che preso non si accorse del bambino che si era sostato allo stipite della porta.
"John, insomma, volevo dirti che non so come sono realmente arrivato all'amarti, ma dopo vari ragionamenti sono arrivato a questa conclusione.
Ti amo? John Watson?" Disse esitante come se fosse la prima volta che certe parole schiudessero la sua bocca.
"E che se stai passando un periodo buio, a causa mia, ricorda che più è buio, più si vedono le stelle."
Il respiro del medico rallentò in un sospiro.
"Addio, John."
Il lettore CD si spense, la stanza cadde sotto la luce fioca dell'alba.
'Papà?' Richiamò il bambino lasciando che il padre si asciugasse rapidamente le lacrime.
«Sì?»
'È lui l'uomo che ha pagato la mia adozione?'
Le labbra sottili del brizzolato si curvarono in un dolce sorriso, si alzò e raggiunse il bambino circondandogli il corpo con le braccia in un tenero abbraccio.
«Sì.» Gli sussurrò intrufolando il viso tra i suoi riccioli e chiudendo gli occhi, quasi gli sembrò di vedere Sherlock seduto sul divano a parlare di un caso che aveva già risolto fin dall'inizio.[Scusate se ci sono degli errori ma è notte tarda e so, volevo finirlo.
Vi auguro una buona giornata, spero che vi piaccia.
Ilyxx]
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Thin lips & curly hair || Johnlock (one shots)
AcakUna raccolta di One Shot sui Johnlock che scriverò e pubblicherò quando la mia mente mi darà ispirazione da cui trarre idee.