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Quando apro nuovamente gli occhi sono sdraiata sul letto con la testa appoggiata ad un enorme e morbido cuscino. Presto però mi accorgo che qualcosa non va: non mi trovo nella mia stanza e qualcuno giace al mio fianco. Mi giro lentamente per scoprire che si tratta di Evan.
Mi sta fissando, ed in breve ricordo di essere svenuta a causa sua.
Nonostante i suoi occhi siano tornati umani, so che in lui si cela un mostro.
-Finalmente vi siete ripresa, miss Donato.
Disgustata, faccio per allontanarmi e scattare in piedi, ma mi rendo conto di avere il corpetto slacciato.
Tenendolo con una mano tremante, sollevo lo sguardo su di lui.
È ancora sdraiato su un fianco, il gomito puntato sul cuscino e la testa poggiata sul palmo aperto. La scena mi dà la nausea, poiché una così spensierata posizione appare minacciosa e falsa assunta da lui.
Ghigna, la prima nota stonata nel suo contesto angelico.
-Cosa avete fatto?- tremo, e prego il Signore che Evan non si sia approfittato del mio stato di incoscienza.
-Ho solo allentato l'abito per facilitare le vie respiratorie...non vorrei che  sveniste di nuovo per una mancanza d'aria. Vi voglio cosciente.
Le sue parole non mi rassicurano affatto, anzi aumentano il senso di gelo che sto provando.
-Lasciatemi andare, ve ne prego. Sono molto stanca e...
La sua risata mi interrompe.
-Complimenti, Eleanor, la tua dote nel recitare la parte della povera fanciulla  sfinita è davvero notevole, - inizia, e in meno di un secondo è in piedi di fronte a me, che per lo spavento allento la presa sul corpetto.
-Ma sai, questo non fa che aumentare la mia eccitazione- mi sussurra all'orecchio. Indietreggio spaventata, e l'abito mi scende, rivelando le mie nudità al chiarore della luna che, come fosse una complice crudele di Evan, fa capolino dalla finestra proprio in questo momento.
Ormai Evan è preda dei suoi istinti, gli occhi sono talmente rossi che sembrano sanguinare.
Chiudo gli occhi e mi rannicchio contro il muro cercando di coprirmi il più possibile.
-Guardami.
L'ordine arriva chiaro e nitido.
-Non osate avvicinarvi!- esclamo.
-Alza la testa!- mi strattona e lo fisso terrorizzata.
Sono sorpresa dalla sua capacità di tornare alle sue sembianze umane in una maniera così rapida.
-Copriti.
Rimango immobile col fiato sospeso, esterrefatta dal suo repentino cambio di comportamento, prima di afferrare riluttante la pesante coperta che mi sta porgendo.
Me la metto sulle spalle e la tengo chiusa sul petto.
-Volete le chiavi della vostra stanza, non è così?- domanda, gli occhi chiusi.
Annuisco flebilmente, anche se non può vedermi.
-Non le avrete. Devo chiedervi di passare la notte con me- fa un gesto in direzione del grande letto.
-Non oserò toccarvi, è la mia parola.
A malincuore, mi dirigo verso il letto, leggermente sospinta dalla mano di Evan sulla mia schiena, aperta e fredda, che nonostante la delicatezza del gesto, esercita una pressione implicita.

La mattina dopo mi sveglio con una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Mi guardo intorno smarrita, poi ricordo di trovarmi nella stanza di Evan. Un brivido di terrore mi scuote, al solo ricordo di ciò che è accaduto questa notte. Mi guardo intorno con circospezione, ma fortunatamente non scorgo la figura di Evan da nessuna parte della stanza.
Mi alzo lentamente, rivestendomi con attenzione, dal momento che il mio corpo è incredibilmente dolorante, come se mi avessero fatto a pezzi le ossa.
- Vi siete svegliata, finalmente.
Sobbalzo spaventata, voltandomi di scatto verso di lui.
Evan mi sorride, ma non c'è traccia di calore nella sua espressione. Non l'ho visto, né l'ho sentito entrare.
- S-stavo andando via - balbetto.
Lui annuisce. - Ermine ha preparato una ricca colazione per voi. Immagino che siate stanca, stremata ed...affamata - pronuncia le ultime parole con una strana nota nella voce.
Deglutisco, poi prendo coraggio e mi avvicino a lui.
- Perché dovete passare dall'essere formale all'informalità? - sbotto.
Evan sorride in una maniera che mi fa gelare il sangue nelle vene, e mi pento immediatamente di aver preferito parola.
- Preferisci che ti dia del tu, Eleanor? Che ti parli in questo modo sempre? Così suadente, così lascivo...ti è piaciuto, stanotte? - mi sussurra direttamente nell'orecchio, poiché è improvvisamente troppo vicino.
- No, non lo desidero - dico, mantenendo ferma la voce, - non abbiamo il livello di intimità tale da essere informali.
Appena pronunciate queste parole, mi mordo il labbro con forza ed ho una voglia irrefrenabile di picchiarmi per essere stata così sciocca. Una frase del genere potrebbe essere benissimo soggetta ad eventuali fraintendimenti.
Il ghigno di Evan, infatti, non fa che confermare la mia ipotesi.
- Se lo desideri così ardentemente da chiedermelo in questo modo, possiamo stabilire adesso la nostra intimità e consolidarla una volta per tutte. Tu sei già mia, Eleanor, posso trattarti come voglio. Presto diventerai la mia sposa, e fino a quel giorno potrai goderti la tua mortalità.
- La mia mortalità? - chiedo, incredula, mentre il terrore misto ad un senso di nausea si radica in me fino al midollo.
- La formula recita "finché morte non ci separi", giusto? - esordisce, con un sorriso agghiacciante; - ebbene, io sono immortale e la tua morte non avverrà mai, dal momento che per essere una sposa degna di me, dovrai essere come me. Il nostro matrimonio è destinato ad essere immortale - dichiara con fare autoritario.
Non ci posso credere. Ho un mancamento, ed ho bisogno di sedermi, di sentire qualcosa di freddo sulle mie labbra. Come se mi avesse letto nel pensiero, Evan si china su di me e poggia le sue gelide labbra sulle mie. Oppongo resistenza, ma sto diventando sempre più debole ed ombre nere iniziano a danzarmi davanti agli occhi, finché l'oscurità non mi inghiotte completamente.

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