3

5.4K 275 5
                                    

Corro anch'io, sicura delle mie capacità di orientamento.
Da bambina giocavo spesso in questo labirinto, divertendomi a trovare l'uscita.
Svolto a destra, poi a sinistra, evito un vicolo cieco.
Quando arrivo finalmente alla fine del labirinto, però la mia espressione cambia drasticamente.
-Siete veloce, ma non abbastanza- Evan è in piedi di fronte a me.
-Come ci siete riuscito?- chiedo io, ancora con il fiatone.
-A fare cosa?- chiede lui tranquillamente, con un pizzico di curiosità nella voce.
-Ad arrivare prima di me-.
Lui sogghigna guardando in basso, poi rialza lo sguardo su di me.
-Non sono completamente sprovvisto della capacità di orientamento- dice normalmente.
-Ma voi non conoscevate il labirinto- insisto.
Lui solleva le sopracciglia.
-Qualcosa mi fa capire che voi non sapete perdere, Miss Donato- fa lui -mi sbaglio?-
Serro le labbra, le mordo.
-Avete ragione- dico, sconfitta -la vittoria è vostra-.
Lui fa uno strano sorriso.
-Ora mi spetta il premio che merito- lo sento mormorare appena.
Deglutisco, mentre uno strano formicolio mi pervade la pelle.
Scaccio ogni sensazione negativa, cambio discorso.
-Sarà ora di andare, adesso- dico -la cena aspetta-.
Ritorniamo alla villa in silenzio, mia madre è in salotto a parlare con il signor Woods educatamente.
-Eleanor, finalmente- dice non appena mi vede.
Sospira lievemente, poi sorride senza scoprire i denti.
-La cena è pronta, signori- annuncia -se volete seguirmi...-.
Si incammina verso la sala da pranzo.
Evan si accomoda di fronte a me.
Tengo la testa alta e il busto eretto, cerco di stare sulla sedia nel miglior modo possibile.
Evan sembra sul punto di deridermi con gli occhi, puntati su di me per tutto il corso della serata.
Dopo cena, usciamo per fare una passeggiata tra i giardini che circondano la villa.
-Non mi avete ancora detto che premio preferite per aver vinto la sfida da voi lanciata-.
Lui si blocca, sorride, mi guarda negli occhi.
-Non preoccupatevi di questo. Un giorno o l'altro lo reclamerò-.

-Domani compirai diciassette anni, Eleanor- dice mia madre mentre mi spazzola i capelli lunghi e neri.
-Lo so perfettamente, madre- ribatto io, ma non in tono sgarbato.
-E sai anche perfettamente cosa significa-.
Sospiro.
-Dovrò scegliere quello che sarà il mio futuro marito-.
Lei annuisce.
-Sì, ma non penso che questo sia un tuo problema-.
-Come?-.
-Il signor Woods e suo figlio non sono venuti fino a qui solo per una visita di cortesia- dice -Evan Woods è quello che ritengo un marito più appropriato-.
Sgrano gli occhi, sono in completo disaccordo con le sue idee.
Evan Woods.
Non è possibile.
-Su, non fare quella faccia- mi rimprovera -tra poco saranno qui i nostri ospiti, dovrete iniziare a passare del tempo insieme per conoscervi meglio-.
Poco dopo, Evan è di nuovo qui, al mio fianco, mentre passeggiamo serenamente all'aperto.
-Quanti anni avete?- chiede lui di punto in bianco.
Lo guardo.
-Se è una domanda che posso fare, ovviamente- aggiunge.
-Sedici- rispondo neutrale -ma domani ne compirò diciassette-.
Lui annuisce una sola volta sovrappensiero, guarda un punto fisso davanti a sé.
-E voi?- mi permetto di domandare -quanti ne avete, di anni?-.
Evan si volta di scatto a guardarmi, ed io sudo freddo. So benissimo che è stata una mossa azzardata, quella di chiedere una cosa del genere ad un uomo, ma è stato più forte di me.
-Siete coraggiosa- commenta a bassa voce, ma risponde ugualmente.
-Comunque- sussurra -ne ho diciannove-.
Deglutisco, assimilando ciò che ha appena detto.
-Sapete- dice di punto in bianco -è stato molto gentile da parte di vostra madre ospitare me, anche se per poco tempo-.
Spalanco gli occhi.
-S-sarete ospite in casa nostra?- ripeto allibita.
-Vi causo forse dei problemi?-.
-No- ribatto secca -certo che no-.
Mi volto dall'altra parte, mordicchiandomi il labbro inferiore.
-Signorina Eleanor!- Alice corre verso di noi.
-Alice, dimmi-.
-Vostra madre- ansima -vi stava cercando; credo si tratti di un'importante comunicazione-.
Sospiro, volto la testa in direzione di Evan, il quale mi scruta attentamente.
Come se leggesse i miei pensieri, mormora:
-Andate; io vi aspetterò qui-.
Annuisco e mi volto per seguire Alice, che si avvia verso la porta principale della villa.
-Mi avete chiamata, madre?- entro nella sua stanza dopo aver bussato educatamente.
Lei alza la testa da ciò che stava facendo, seduta allo scrittoio.
-Oh, Eleanor- mi accoglie -ti ho fatta chiamare per informarti che il signor Woods dovrà partire per un po', perciò suo figlio rimarrà nostro ospite, qui alla villa-.
Evidentemente, la chiara espressione di disappunto sul mio viso viene notata da mia madre all'istante, poiché aggiunge freddamente:
-È un mio volere-.
Dopo avermi congedata senza dire altro, ritorno all'esterno, dove Evan mi sta aspettando pazientemente.
Mi dà le spalle, osserva i fiori e le bellezze naturali del giardino.
-Signor Woods, mi scuso se vi ho fatto attendere-.
Lui si volta, un mezzo sorriso gli increspa i lineamenti.
-L'attesa è stata ripagata- lo sento mormorare tra sé e sé.

-Buon compleanno, Eleanor- mia madre mi porge una collana d'oro bianco, il cui ciondolo è un rubino di rosso acceso.
-Grazie, madre- mormoro.
Lei mi tocca una spalla, mi fissa intensamente, poi distoglie lo sguardo.
-Vado a cercare Alice- annuncia.
Ne approfitto per uscire anch'io dalla stanza, percorro il lungo corridoio e scendo le scale per poter raggiungere la porta d'ingresso della villa.
-Miss Donato- una voce maschile e vellutata mi fa voltare di scatto.
Evan si avvicina a me con eleganza, tiene una mano in tasca.
-Signor Woods- faccio un piccolo inchino.
-Ci tenevo a darvi una cosa- dice estraendo dalla tasca una scatolina di velluto nero.
Me la porge.
-Buon compleanno- mi guarda intensamente, ed io abbasso lo sguardo.
-Non dovevate- balbetto in serio imbarazzo.
Lui solleva un sopracciglio.
-Era mio dovere- sorride lievemente, ma il suo sorriso svanisce quando posa gli occhi sul mio collo.
-Bella collana- commenta con una strana nota nella voce.
Poi se ne va, lasciandomi confusa.
Oggi Alice ha uno strano comportamento, mia madre, persino Evan.
Credo sappiano tutti qualcosa di cui io sono all'oscuro.
Verso sera, Alice mi chiama, mi fa dirigere alla sala ricevimenti della villa.
Mia madre è lì in piedi, mi guarda con una strana espressione in volto.
-Eleanor, figlia mia- esordisce, lasciandomi perplessa -hai diciassette anni, ormai. È arrivato il momento che tanto temevo, ma impossibile da evitare-.
Sento dei passi dietro di me.
Mi volto di scatto.
Evan è sulla soglia della porta, le braccia incrociate sul petto.
Indossa solo una camicia bianca, leggermente sbottonata ed un paio di pantaloni scuri, infilati in lucidi stivali neri.
Non si era mai presentato a noi così, tantomeno in presenza di mia madre.
Mi volto verso di lei, mentre una strana sensazione mi gela le viscere.
Alice inizia a singhiozzare.
Mi rivedo da bambina, quando mia madre mi fece venire qui, per dirmi che mio padre e mio fratello erano morti nella guerra civile, durante un bombardamento.
Ingoio amaro, ritornando alla realtà.
-Signor Woods- mia madre si rivolge ad Evan, ora alle mie spalle -potete procedere-.
-Procedere con cosa?- chiedo allarmata.
Lei sopsira, ordina ad Alice di seguirla di sopra.
Qualcuno mi prende per le spalle, sobbalzo.
Evan mi guarda serio.
-Andiamo- dice -la carrozza sta aspettando-.
-Cosa?- esclamo dimenticando ogni lezione di etichetta -non vengo da nessuna parte con voi!-.
Lui sbuffa.
-Sapevo che ci sarebbero stati dei problemi- dice mantendendo un tono calmo -ma devi venire con me-.
-No- cerco di ribellarmi alla sua presa.
-Non costringermi ad utilizzare fin da subito le maniere forti-.
-Volete farmi del male?- il mio tono rasenta l'isteria.
Non risponde.
-È stata vostra madre a concedervi a me- dice riprendendo a darmi del "voi".
-Perciò, ora, dovrete venire con me, Miss Donato; nella mia reggia-.
-Non verrò con voi, sono dotata di volontà propria-.
-Ricordate quando vi ho sfidato, l'altro giorno, nel labirinto?- chiede paziente.
Annuisco.
-Bene- fa lui -i patti erano che al vincitore sarebbe spettato un premio- continua, ed io mi sento gelare il sangue nelle vene.
-Ebbene- mormora suadente -il premio sei proprio tu. Perciò non puoi rifiutare di venire con me-.

White Roses Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora