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La sala è gremita di persone che ballano. O meglio, fantasmi. Volteggiano per la stanza, fluttuando a pochi metri da terra. Sfrecciano accanto ai dipinti appesi alle pareti, conservati in sfarzose cornici dorate. Sembrano non notarci, ed io ne sono sollevata. Non vorrei trovarmi faccia a faccia con qualcuno di loro e scoprire a quale morte orribile siano andati incontro. Una  giovane donna sfreccia verso di noi, vermandosi a pochi centimetri da me, allungandosi sul pianoforte.
- La tua melodia non ci esorcizza, perciò non sperare di poterci tenere lontane da lei. Potevi controllarci in vita, ma non da morte - sibila, rivolta verso Evan. - Davvero, Corinne?
Il suo ghigno non lascia presagire nulla di buono. Di colpo, smette di suonare e la stanza piomba di nuovo nell'oscurità. Ma stavolta, si vedono le anime perdute e costrette alla dannazione eterna rinchiuse fra queste mura, e lo spettacolo è a dir poco terrificante, quasi quanto le loro grida disperate ed i loro lamenti. Non sembrano più ballare felici e spensierati. Agghiacciata, mi accorgo che Corinne è rimasta accanto al pianoforte. Ma non ha più l'aspetto di prima. Le manca un arto ed io non posso fare a meno di soffocare l'urlo di terrore e di puro disgusto, quando avvicina il volto crepato al mio.
- Sarai la benvenuta - soffia.
- No! - urlo, vorrei correre via, ma Evan mi stringe a sé e mi copre gli occhi con una mano, impedendomi di vedere oltre.

- Eleanor.
Qualcuno sussurra il mio nome. Apro gli occhi, trovandomi di fronte Evan. È chino su di me, ed io sono fra le sue braccia. Sono svenuta? Cerco di ristabilire le distanze fra noi, ma non me lo permette.
- Ti sei ripresa. È tutto finito, adesso. Sei al sicuro con me, - una pausa; - ma ti avevo detto di tenere gli occhi chiusi per un motivo ben preciso - scuote la testa, sospirando.
Mi guardo intorno, strizzando gli occhi. Alcune candele sono state accese e gli proiettano ombre sottili sugli zigomi, rendendolo inverosimilmente affascinante.
Abbassa lentamente lo sguardo sul mio collo, ed i suoi occhi iniziano a farsi rossi. Istintivamente inizio a tremare, pensando che di qui a poco i suoi canini affilati mi lacereranno la pelle, ma non accade nulla. I suoi occhi tornano normali, poi mi mette una mano dietro la testa per tenermela sollevata.
- Non ti farò del male. Non ascoltare le anime che infestano questa dimora. È la loro disperazione, il dolore per essere vincolate qui in cerca di vendetta, a farle parlare - dice.
- Cercano vendetta? - chiedo in un flebile sussurro.
Lui sorride amaramente. - Il loro obiettivo sono io. Le ho uccise nei peggiori dei modi, inventandone di più truci e violenti, torturandole senza pietà prima di nutrirmi di loro - dice, lo sguardo perso, e posso quasi vederlo con la bocca impreganta del sangue di tutte quelle ragazze.
- Cosa mi dà la sicurezza che non farete lo stesso con me? - rabbrividisco al solo pensiero.
Lui abbassa lo sguardo su di me. Ha un fremito alla mascella.
- Nulla. Questo.
Si china di me e mi sfiora le labbra con le sue. Sgrano gli occhi, sorpresa. Cosa ha intenzione di fare? E come dovrei interpretare il suo gesto? In fondo, è sempre un vampiro, un mostro.
- Cosa state facendo? - balbetto.
Lui sospira, poi si alza, prendendomi in braccio senza sforzi. - Ti porto a letto, hai bisogno di riposare.
In un batter d'occhio ci ritroviamo nella sua stanza. Provo a protestare, ma ormai mi ha già adagiata sul suo letto. Poi va a sedersi sulla poltrona davanti al camino spento. - Buonanotte, Miss Donato.
È l'ultima cosa che sento prima di scivolare nel sonno.

Apro gli occhi, sentendomi chiamare. Sono in una camera buia, le tende sono state tirate ed il fuoco del camino è spento. Sbatto più volte le palpebre per abituarmi all'oscurità e cerco freneticamente la fonte del dolce sussurro. Devo essere nella stanza di Evan, ma di lui non c'è traccia.
- Sono qui, Eleanor.
Focalizzo la mia attenzione su un angolo particolarmente buio della stanza. Stringo gli occhi, ma non riesco a vedere nessuno.
- Mi riconosci?
Scuoto la testa. - Non riesco a vederti - sussurro. Ma qualcosa nella sua voce mi fa stringere il cuore. È così familiare...
La ragazza continua a parlare:
- Sono Clara, Eleanor. Mi cercavi, no? Abbiamo poco tempo, però - sembra nervosa. Santo Cielo, Clara! Sono così felice...
- Clara! Oh, Clara...- esclamo, reprimendo un singhiozzo.
- Ascolta, Eleanor. Sei in pericolo. Le anime qui si riverseranno contro di te, molto presto. E se odi questo destino, devi scappare. C'è però una cosa che non ti hanno detto nè le anime, nè Evan: se deciderai di scappare, dovrai sperare di non essere presa di nuovo, altrimenti ti ucciderà, così come ha fatto con le altre. Le anime vogliono che tu vada incontro a questo tipo di destino, perché tu sei il punto debole del signor Woods, e lui sarà costretto a toglierti la vita. È la vendetta più crudele di questo mondo, credimi, Eleanor.
- Cosa? Credevo che le avesse uccise perché non riusciva a controllare la sua sete di sangue - ribatto, confusa.
- Già, ma non è solo questo il motivo. Se una Donato riesce a scappare, la maledizione avrà la meglio, poiché un essere come Evan non potrà mai essere amato e perciò, schiacciato dalla disperazione e dalla rabbia, sarà costretto ad uccidere la ragazza, tenendo fede al patto antico - spiega Clara.
Tutto questo mi sembra una cosa così ingiusta e crudele...
- Evan ha commesso un'infinità di errori e la sua anima è macchiata dal nero del peccato. Ma devi fare una scelta, Eleanor, o provi a scappare, o ad aiutarlo a trovare la luce della salvezza. Adesso devo andare, ma tornerò domani notte per sapere la tua decisione. Ti aiuterò in ogni modo.
- Aspetta! - grido, - perché sei rimasta nascosta?
- Temevo di spaventarti, Eleanor. Ricorda che il nostro aspetto da fantasma è lo stesso del nostro cadavere - sussurra uscendo dal suo angolo buio.
Deglutisco, serrando le labbra per non permettere ad alcun suono di uscire. Mi osserva con un sorriso amaro, il volto segnato da piccole crepe. Ha la gola tagliata, ma non è questo a farmi venire la nausea.
Un grosso squarcio le apre il petto all'altezza del cuore, che però nom c'è. Ricordo come Evan lo abbia strappato dal suo corpo e lo abbia ridotto in poltiglia davanti ai miei occhi. Rabbrividisco ed un forte conato mi scuote le spalle.
Non mi rendo conto di essermi svegliata urlando e che qualcuno mi sta tenendo ferma per le spalle.
- Eleanor. Shh - sussurra Evan.
Mi calmo, mentre una lacrima mi riga il viso.
- Hai avuto un incubo? - chiede, asciugandomela con il pollice.
Questa versione dolce di Evan mi destabilizza totalmente, ma riesco ad annuire.
- È quasi l'alba. Torna a dormire, io resterò qui - sussurra, sdraiandosi su un fianco accanto a me. Non voglio dargli le spalle, dal momento che non mi sentirei sicura poiché potrebbe cogliermi alla sprovvista per farmi del male, così mi trovo con il suo petto a pochi centimetri dal mio viso. Sollevo di poco lo sguardo incontrando il suo. Poi chiudo gli occhi, sperando di scivolare in un sonno senza sogni.

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