Capitolo 5

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Il cellulare mi vibra nella tasca un paio di volte prima che io me ne renda conto e allunghi la destra per prenderlo, in un gesto quasi automatico.
Lentamente schiudo le palpebre, trovandomi costretta a serrarle subito dopo per la luce che mi colpisce in pieno il viso.

- Spero ti piacciano gli arcobaleni. - la voce roca di Cristiano mi riporta bruscamente alla realtà, facendomi alzare repentinamente dal sedile reclinato.
Ci metto qualche istante a far mente locale, ripercorrendo la nottata precedente all'Underground e la colazione col moro.
Dopodiché mi risulta facile capire perché mi sono appena svegliata in quella macchina, in mezzo a un prato, con Ronaldo nel sedile accanto.
- Preferisco la pioggia, le coperte e la cucciolata calda. - mi lamento, stiracchiandomi e lasciando il cellulare sul cruscotto.
Probabilmente avrò lo chignon completamente sfatto e l'aria di uno zombie, ma dettagli.
- Che ore sono? - chiedo poi, aprendo la portiera e facendo per scendere. Ho seriamente bisogno di aria fresca.
- Quasi mezzogiorno e mezzo dormigliona. - risponde, seguendomi a ruota in quel gesto.

I raggi tiepidi del sole si sentono a malapena, date le basse temperature portate dal maltempo, ma bastano ad illuminare la capitale inglese e a riparare l'inizio disastroso di quella giornata.
Quelli e l'arcobaleno disegnato nel cielo aperto, accompagnato dall'inteso profumo della pioggia che lo ha preceduto.
- Faccio un attimo una chiamata. - annuncio, sentendomi in dovere di giustificarmi.
Afferro quindi l'iPhone e mi vado a sedere sul cofano. La vista da lì è impareggiabile.
Il telefono squilla libero due volte, prima che la chiamata venga aperta.
- Liv? -
- Ah, scusami Nora. Sì sto bene, vi avrei chiamate prima ma stavo dormendo. - rispondo ad alcune domande della bionda, affrettandomi a rassicurarla.
- A Primrose Hill. Con uno. - abbozzo una risposta, volendo davvero evitare di nominare il sottoscritto, con lui lì a fianco.
Peccato che Eleonora non si accontenti affatto di quell'informazione vaga e prema per farmi sputare il rospo.
- Con Cristiano. - sa di essere stato nominato e io so che ora mi sta guardando, ma evito di incrociarne lo sguardo. - Si lui. -
- Vi spiego tutto più tardi. Perfetto, a dopo bella. Un bacio. - termino la chiamata, continuando a smanettare il cellulare per un altro paio di minuti, ostentando una certa indifferenza.

Quando rialzo lo sguardo lui mi sta sorridendo e io mi trattengo da tirargli dietro lo smartphone.
- La pianti? -
- Di far cosa? - ancora una volta lo vedo trasalire, alle mie uscite un po' brusche.
- Lo sai benissimo. - scocco la lingua sul palato, ma quello che ricevo è solo uno sguardo interrogativo e ancora più confuso.
- Quella cosa lì con gli occhi.. - arranco, agitando la destra a mezz'aria, indicando un punto indefinito del suo viso.
Non lo so neanche io da cosa sono infastidita.
O forse sì.
- E piantala di sorridere, cosa vuoi? -
- Devo per forza voler qualcosa? -
- Certo, tutti vogliono qualcosa. -
- E tu cosa vuoi? -
- Essere lasciata in pace. - metto in chiaro, sebbene Cristiano non mi prenda affatto sul serio e scoppi a ridere. Di gusto oltretutto.
Probabilmente ai suoi occhi sembro una bambina viziata e scorbutica.
Giuro che vorrei mettermi al volante della mini e tirarlo sotto al momento.
- Ti hanno dato del latte andato a male chica? - se la ride, avvicinandosi pericolosamente e inarcando il sopracciglio destro, per poi poggiare la sinistra sul cofano della macchina, accanto alla mia coscia.
- Mi stai sulle scatole, sappilo. - balzo giù da questo, scivolandogli da sotto il naso e avvicinandomi alla portiera del passeggero.
- Però sei qui. - mi fa notare, tutt'altro che scoraggiato dalle mie maniere poco principesche.
- Portami a casa CR7. - sorrido ironica, in tutta risposta, infilandomi nell'auto senza aspettare una sua replica.
D'altronde basterebbe un'altra sua parola, un altro suo sorriso per far abbattere il muro che ho costruito.
Ed è l'ultima cosa che voglio.

- Metti quella di prima. -
- Ma anche no. - clicco su i tasti della radio per andare avanti.
Siamo appena partiti e abbiamo già ripreso a punzecchiarci, bene.
- Ma è la piccola J. -
- Piccola? Potrebbe essere mia madre. - rispondo acida, quando Ronaldo apostrofa così Jennifer Lopez.
- Sei gelosa niña? - torna a sorridere, guardando più me che la strada.
Vuole probabilmente cogliere una mia reazione.
Ebbene, io gli faccio il dito medio.
- Guarda davanti. - aggiungo, trattenendo a stento un sorriso, lasciando poi su una canzone dei One Republic.

Il cielo si guasta nuovamente e io volo altrove con la testa, mentre osservo dal finestrino le fronde degli alberi agitarsi sotto il soffio del vento.

- Comunque questa cosa non ha senso. - me ne esco dopo qualche istante di silenzio, con un tono calmo, dando voce ad alcuni dei miei pensieri.
Ho troppi dubbi e solo lui può sciogliermeli, per cui decido di affrontare di petto la questione.
- Questa cosa, cosa? -
- Tutto questo. -
Noi due, lì.
Lo penso, ma lo tengo per me.
Insomma, perché proprio me?
- Non ti seguo. - ribatte lui, un po' più duro nel tono e con il volto visibilmente più crucciato.
- Dai, lo sai anche te. - ne cerco lo sguardo. Ma lui sembra aver già capito dove voglio andare a parare e così mi anticipa.
- Quindi? Che pensi di fare? -
A quella domanda mi stringo nelle spalle, per poi scrollarle.
- Non lo so. - ammetto, prima di aggiungere dell'altro - So solo quello che non farò. - mi mostro decisa, mentre tengo le iridi sulla strada.
- Cioè? -
- Li conosco quelli come te, Cristiano. E non fraintendermi, sei molto meglio di molti altri. - faccio per dire, puntando gli occhi su di lui. Ma?
- Ma quello che cerchi tu, io non posso dartelo. E quello che cerco io, tu non puoi darmelo. - ammetto a me stessa. Certo è che tutti i gossip che circolano su di lui, non mi aiutano di certo a fidarmi del Portoghese.  Non voglio essere una delle tante, motivo per cui mi ritrovo a scrollare le spalle, ostentando una certa indifferenza.
- Se ti sta bene così, bene, altrimenti potremo dire che è stato bello finché è durato. - ironizzo, per cavarmi fuori da quella situazione in cui mi sono messa io stessa. Tutto quello che voglio è uscirne indenne.
Insomma, ho sempre avuto tutto sotto controllo e non voglio che sia lui a far crollare tutto. A far crollare me.
- Bello finché è durato? - il moro mi fa eco. - Se volevi il tuo momento di fama bastava dirlo. -  è incazzato e non fa molto per nasconderlo, dati i toni più alti e la guida nervosa. Senza parlare di come serra la mascella, mentre tiene lo sguardo fisso sulla strada.
- Di ragazze come te ne ho incontrate fin troppe e vanno bene si e no per scopare. - nel dire questo Cristiano accosta bruscamente al marciapiede, inchiodando.
- Come passatempo saresti stata appena passabile. - si sporge su di me per aprire la mia portiera, invitandomi più o meno implicitamente a levarmi di torno.
- Non hai capito un cazzo. - dico io, che in tutto questo mi sono ammutolita, prima di scendere dalla macchina.
- E vaffanculo. - mi ricordo di aggiungere, dati i termini poco carini con cui mi ha appena apostrofata, prima di sbattere la portiera alle mie spalle. Mi sento tremendamente svilita e vorrei prendere a calci quella macchina, ma odio le scenate.. odio dover esternare quello che provo e più di tutto odio dover spiegare cose che do per scontato.

Quindi, dando le spalle alla macchina, mi ritrovo a camminare da sola su quel marciapiede, in direzione opposta a quella in cui stavamo andando fino a un minuto prima.
Con un rombo la vettura riparte e, mentre il vento mi agita i capelli, gli occhi mi si velano di lacrime. Lacrime che si seccano, prima ancora di rigarmi le guance.
Vorrei solo non aver messo piede giù dal letto quest'oggi. Vorrei non essere salita su quel soppalco al Ministry, l'altra notte.

Arrivo al termine della strada e giro l'angolo, lasciando vagare le iridi scure attorno nella speranza di scorgere l'insegna della metro, quando una mini accosta alla mia altezza.
A quanto pare gli è bastato un giro dell'isolato per cambiare idea.
Ma non si può dire lo stesso di me.
- Sali. - mi apre la portiera, ma io rimango ferma a un metro di distanza da questa.
- Mi dispiace, non penso nulla di quello che ho detto Claudia. - lo vedo stringere nervosamente il volante, mentre mi rivolge quelle parole.
- Ok. - mormoro con un tono piatto, non sapendo cosa dire o cosa fare. Mi ero già convinta ad odiarlo e questo cambio di programma ha appena mandato all'aria i miei piani.
- Sali dai, ti porto a casa. -
- Non ora, torno a piedi. - affermo, probabilmente in maniera poco convincente.
- Claudia, per favore. - spegne il motore e fa per scendere, ma io mi affretto ad aggiungere dell'altro.
- Voglio stare da sola, davvero. - continuo, in quella che sembra una supplica, tutt'altro che intenzionata a proseguire la lite. Nel mentre lascio sparire le mani nelle maniche del grosso maglione.
Lui annuisce poco convinto.
- Ci sentiamo dopo? - mi domanda infatti e io annuisco poco energicamente, prima di muovere un cenno col capo e allontanarmi.

Appena mi ritrovo sola, cerco il cellulare in borsa e mi infilo gli auricolari nelle orecchie, prima di sbloccare lo schermo, ritrovandomi il messaggio di un numero sconosciuto.
"Stasera al 13 di Avenue Rd. Eleonora e Livia mi hanno già dato conferma, non puoi mancare. HS"
Mi acciglio involontariamente, rileggendo un paio di volte il testo, prima di soffermarmi sulla foto profilo whatsapp di quel contatto.

Eleonora e Livia possono anche ritenersi morte.

CONFIDENT. | Cristiano RonaldoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora