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Lo Stadium ammutolisce, le curve tacciono, un unico settore esulta. 
E' il settore ospiti a cantare, a gioire, ad acclamare a gran voce il suo nome.
Il Real Madrid si porta in vantaggio all'ottantesimo minuto e tutta la squadra gli corre incontro. Lui rimane immobile, un sorriso appena accennato sulle labbra.
Prima che i suoi compagni lo atterrino mi accorgo che si guarda intorno. Sta cercando me, lo so, ma prima di poter incrociare i suoi occhi mi volto. 
La mia squadra è stremata. Leggo la resa sui volti di ognuno di noi. Siamo sfiniti e scoraggiati.
Dentro di me, però, una flebile fiamma brucia ancora. 
Non ti permetterò di farmi questo. 
Possiamo farcela, abbiamo ancora un quarto d'ora, possiamo farcela.
Urlo ordini ai miei compagni, li convinco a resistere, a mettercela tutta. Qualcuno si volta credendomi matto. Qualcun altro sembra rinvigorire con le mie parole. La fiamma torna a bruciare ardente.
Sono io ora a cercare i tuoi occhi e quando li incrocio ti sorrido. Non mi abbatterai, non qui, non ora. Non ti permetterò di farmi questo, no, non te lo permetterò.
La partita ricomincia e nelle gambe sento una forza nuova. Corro quanto più posso, affianco i miei compagni, mi sposto da una parte all'altra del campo. Arrivo a sostenere la difesa, trovandomi faccia a faccia con lui. Si lascia cogliere da un istante di stupore, gli prendo palla e la rimetto in gioco. Partiamo in contropiede, torno al mio posto. Ed eccola la mia occasione. Siamo due contro tre. Posso scegliere di passarla o giocarmela fino in fondo. Chiudo gli occhi e lascio decidere ai miei piedi, li riapro e calcio. Non seguo la traiettoria della palla ma immagino sia andata al posto giusto perché lo Stadium esplode in un boato assordante. Le curve invocano ora il mio nome e in un attimo mi ritrovo sommerso da tutta la squadra.
Non ci abbiamo mai creduto così tanto, mai come in questo momento.
E' il minuto 94 e l'arbitro fischia la fine dei tempi regolamentari.
In panchina l'euforia è alle stelle. Il mister cerca di riportarci con i piedi per terra ma i suoi tentativi sono vani. Sono tutti su di giri, vogliono rientrare in campo, vogliono chiudere 'sta partita. Io resto in disparte, osservo la panchina avversaria dove la tensione è tangibile e mi rendo conto, per la prima volta, che non ce la faranno.
"Hai corso come non mai. Sei stato formidabile ma la partita non è finita. Ho un ultimo cambio a disposizione e un attaccante fresco in panchina. Assicurami che non faccio una cazzata a lasciarti in campo." 
Mi volto e guardo il mister negli occhi. Non c'è bisogno di aggiungere altro. 
"Vai e prenditi la tua rivincita" mi da una pacca sulla spalla e torna a sedersi in panchina.

E' al minuto 108 che la partita si chiude definitivamente. La rete si gonfia e sappiamo tutti come andrà a finire. Delusione e amarezza da una parte. Gioia e orgoglio dall'altra.
Quando il triplice fischio dell'arbitro echeggia nel campo, tutto si ferma.
Intorno a me, per un istante, non c'è più nulla. Mi inginocchio e una lacrima mi scivola sul volto. Guardo il cielo e so che qualcuno lassù è orgoglioso di me.
Ce l'ho fatta, ce l'abbiamo fatta!
Il mondo torna a farsi sentire e il cuore mi scoppia nel petto.
Mi rialzo in tempo per ritrovarmi tra le braccia dei miei compagni. Sono tutti in campo. Il mister, i preparatori, lo staff. E tutti urlano e tutti cantano e tutti hanno sul volto l'espressione che so di avere anch'io. Dalle curve piovono bandiere e sciarpe e striscioni e tutti insieme corriamo a prenderli. Urliamo coi nostri tifosi, saltiamo e ci abbracciamo, ci stringiamo forte perché ce l'abbiamo fatta davvero. Questa è la mia rivincita ma è la nostra rivincita. Saliamo sul tetto del mondo, andiamo ad occupare il posto che ci spetta. 
Gli avversari iniziano a venirci incontro per congratularsi. Qualcuno ci abbraccia, qualcuno si limita a stringerci la mano. E' in questo momento che ti vedo. Sei abbracciato al nostro numero 7 e hai gli occhi pieni di lacrime. Lui ti scuote, ti dice qualcosa e tu ridi. Mi si aggroviglia lo stomaco. Altri ti si avvicinano, altri ti sorridono, altri ti stringono mentre io resto immobile a guardarti da lontano. Ed è tutto ciò che posso fare perché quando arriva il momento della premiazione e la tua squadra sfila tra di noi, tu cammini a testa bassa e proprio quando mi sei accanto sollevi lo sguardo e lo punti dritto davanti a te, come se intorno a te non ci fosse nessuno, come se al tuo fianco non ci fossi io.

Mi concedo un solo attimo di delusione.
E' il nostro turno ora. Ora, andiamo a prenderci ciò che è nostro.
In questa meravigliosa notte di giugno, ancora una volta, noi scriviamo la storia, sollevando al cielo la coppa dalle grandi orecchie.

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