Essere arrabbiato, deluso, sconfortato. E speranzoso e libero e leggero.
Non avevo mai provato così tante emozioni in un solo momento, non fino ad ora. Ma ora le sento tutte, ad una ad una e nessuna prevalica l'altra. In alcuni istanti non è stato così, in alcuni istanti la rabbia si è fatta sentire prepotente, poi la calma l'ha messa a tacere, la delusione ha danzato con la speranza, la rassegnazione ha fatto a pugni con la mancanza. Mentre ora è la quiete dopo la tempesta, una tempesta silenziosa. Arrivata in punta di piedi, ha portato con sé la forza di un uragano. E silenziosa com'è arrivata, nel silenzio è andata via. L'ho portata io questa tempesta. L'ho curata, cresciuta, istruita per anni e poi l'ho portata qui, in questa casa che da troppo tempo non vedeva una tempesta. Ora è la quiete dopo la tempesta.
Ho asciugato in fretta le lacrime che involontariamente mi hanno bagnato il volto. Non sono autorizzato a piangere, non io, non di fronte a te. Credo, però, tu le abbia viste, le mie lacrime, perché non hai distolto il tuo sguardo da me neppure per un istante. E io, il tuo sguardo, non riesco a decifrarlo. E questo mi fa paura, mi fa credere che sia troppo tardi perché ho sempre saputo ciò c'era nei tuoi sguardi, ma non ora. In questo momento i tuoi occhi sono per me impenetrabili. Vorrei solo che tu dicessi qualcosa, qualsiasi cosa. Che urlassi, che piangessi, che mi chiedessi di andar via. Qualsiasi cosa sarebbe più sopportabile di questo silenzio che mi lacera dentro. Ma non posso chiederti nulla, non sono autorizzato, non io.
E allora aspetto per un tempo che sembra infinito.
I suoi occhi fissano le mani che nervose graffiano il tavolo tra noi. Poi si spostano, veloci. Osservano il vuoto, si soffermano su qualcosa che non so cos'è e per un attimo si perdono. Mi sembra di avvertire tutto il suo dolore in quei momenti come se, distraendosi, abbassasse la barriera che ha innalzato tra di noi. Quando si accorge di quell'attimo di debolezza torna a contemplare le dita stanche, abbandonate sul tavolo.
Poi la scena cambia. Porta le mani alla testa, ci si abbandona. I capelli gli cadono sugli occhi, nascondendoli al mio sguardo. E una, due, tre lacrime cadono silenziose tra di noi. Una morsa mi stringe il cuore. Mi impedisco qualsiasi movimento. Vorrei annullare la distanza che ci divide, vorrei abbracciarti, accarezzarti, vorrei asciugare ad una ad una quelle lacrime ma non posso.
Come di fronte ad uno specchio, porto le mani alla testa e ci poggio i pensieri, le colpe, i rimorsi. Sono così pesanti ed io così debole.
"Dì qualcosa, ti prego." Non riesco a trattarmi.
Solleva il volto, mi guarda, gli occhi imperlati di lacrime. Non si vergogna di mostrarmi il suo dolore, me lo sbatte in faccia, si assicura che mi renda conto di come l'ho ridotto. Me ne rendo conto ma ti prego, smettila.
"Cosa vuoi che ti dica, Àlvaro?" La voce rotta dal pianto "dimmelo, ti prego, cosa vuoi che ti dica?"
"Io..io non lo so. Non so cosa pensi e questo mi uccide. Vorrei solo sapere a cosa pensi. In questo momento, ti prego, qualsiasi cosa."
"E se ti dicessi che vorrei solo che tu sparissi? Che vorrei che non tornassi? Se ti dicessi che avrei voluto non fossi mai tornato?
"Lo accetterei."
"D'accordo, lo accetteresti. E poi?"
"E poi? Poi non lo so. Potrei comportarmi da uomo e andare via. Se mi dicessi di sparire e credessi che è realmente ciò che vuoi, allora prenderei il primo aereo e tornerei a Madrid. Oppure non lo so, potrei restare. Sì, magari resterei qui ad aspettare un tuo messaggio, una tua chiamata. Magari fisserò il cellulare, trattenendo il fiato ad ogni notifica per poi scoprire che non sei tu. E allora, solo allora, inizierò a rassegnarmi. Smetterò di fissare il cellulare, di trattenere il fiato e capirò che è troppo tardi. E mi comporterò da uomo e allora, solo allora, andrò via."
Tiene gli occhi fissi su di me ma ho come l'impressione che non stia guardando realmente me. Tiene gli occhi fissi su di me e non so neppure se mi veda. Non so se abbia sentito ciò che ho detto o se il baccano dei suoi pensieri abbia coperto le mie parole. Non reagisce, porta solo una mano al viso per asciugare una lacrima e si alza. Cammina nervosamente, completamente assorto. Parla con se stesso, lo so. So che in questo momento sta combattendo una guerra contro ciò che è, ciò in cui crede. Testa contro cuore, ora lo so.
"Non so che dirti, Àlvaro."
"Vuoi che vada via?"
Mi guarda, non risponde.
"Vuoi che vada via, che non torni?"
Nulla.
"Avresti voluto che non fossi tornato?"
"Sì." I tuoi occhi nei miei.
"Allora credo non ci sia molto da aggiungere. Va bene così. Io..."
Qualcosa si accende in te. Mi interrompi.
"Non capisci, Àlvaro? Proprio non capisci. Sì, avrei voluto che non fossi tornato, è vero. Avrei voluto disperatamente svegliarmi, oggi, e vivere la vita che solo ora ho ricominciato a vivere. Avrei voluto continuare a vedere il ragazzo che mi ha riportato a galla, uscirci, starci assieme senza promesse e senza impegni, senza vincoli. Avrei voluto un po' di tempo senza pensieri, libero, leggero. L'avrei voluto più di ogni altra cosa al mondo" ti interrompi per un attimo, raccogli il fiato, i pensieri, ti assicuri di ciò che stai per dire, sospiri. Non si torna più indietro." L'avrei voluto più di ogni altra cosa al mondo, Àlvaro, ma non è possibile. Non è possibile perché tu sei qui, di fronte a me e io non voglio che tu vada via. Non l'ho mai voluto e non avrei la forza di vederti uscire da quella porta, anche ora, nonostante tutto ciò che è successo.
Infondo, sono un debole. Sono un debole tanto quanto te."
Un sorriso amaro ti dipinge il volto. Oh, quel sorriso. È come una boccata d'aria sott'acqua.
E così torno a respirare.
Nei tuoi occhi per un attimo ho rivisto il sole. E quel sole è primavera. Si sa, però, la primavera è imprevedibile. Potrà portare pioggia oppure no, ma se sarà vento non sarà tempesta. La tempesta è passata, l'inverno è finito. Il sole fa capolino tra mille nubi scure ma non m'importa, lui c'è e brilla e tu ci sei e brilli. I tuoi occhi sono tornati a splendere ed ora si confondono tra le mille stelle di questa notte buia, ora non più così buia.