seven

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Mi rivesto in un lampo e in un lampo sono fuori da quella stanza. Non mi sono mai sentito così sporco. Non posso credere di averlo fatto davvero. Cerco di convincermi che non c'è niente di sbagliato in quanto è successo la scorsa notte ma non ci credo, non credo a me stesso.
E' tutto sbagliato.
Lui è andato via, è scappato senza darmi una spiegazione, senza un perché. Probabilmente è andato avanti, probabilmente non gli importa. Ma nonostante questo, nonostante tutto, è tutto sbagliato. Perché lui è andato via, si, ma io sono rimasto, lui è andato avanti ma io sono ancora immobile, congelato in quel giorno d'estate. A lui, probabilmente, non importa ma non a me, a me importa, davvero tanto. Ed è tutto sbagliato perché in una notte ho sporcato tutto quello che ho costruito, che ho cresciuto con amore e cura, senza curarmi del suo abbandono. Mi sono preso cura del nostro amore, del suo amore, quello che lui ha lasciato andare, io l'ho accolto e accudito per entrambi. Perché era puro e vero, onesto e raro e non potevo lasciarlo andare, non potevo permettere che l'edera crescesse rampicante su di esso, portandomelo via per sempre. Ed ecco che in un attimo è tutto sbagliato. Ho fatto l'amore con un altro, l'ho desiderato con tutto me stesso, l'ho voluto, l'ho avuto. Ho goduto sul corpo di un altro, ho ansimato sulle sue labbra, ho assaporato il suo sapore, il sapore di un altro che non sei tu. Ed è tutto sbagliato perché è un altro che non sei tu. Perché prima di te non c'è mai stato nessuno. Perché sei sempre stato l'unico ed oggi, quando il sole è sorto, si è portato via il tuo primato. Non sei più l'unico, c'è un altro. Un altro che in questo momento mi sta chiamando, una, due, tre volte. Ma io non rispondo. Come posso spiegargli che sono scappato perché è tutto sbagliato? Come posso dirgli che lo odio per essere l'altro, quello che ha mandato all'aria il tuo primato, il tuo essere unico? Come posso spiegargli chi sei, cosa sei, perché sei? Come posso spiegargli noi, quel noi che non esiste. Come posso dirgli che ha distrutto un noi che vive solo nelle mie fantasie, che lo odio proprio per questo, perché le mie fantasie erano l'unica cosa a cui riuscivo ad aggrapparmi e ora si sono dissolte come fumo nel vento? Non rispondo.
Corro, corro a perdifiato fino a quando non arrivo a casa, casa mia, casa nostra e sento il tuo profumo nell'aria. Non quello di un altro, non quello che ho addosso ma il tuo.
Forse sto impazzendo. O forse no.
Sul pavimento c'è un biglietto e il mio cuore perde un battito: riconoscerei questa scrittura tra altre mille. Le 'a' senza gambetta, le 'i' senza puntini. Incompleta. Con te, come me.

Sono a Torino, vorrei vederti.
Questo è il mio numero.
Se non mi cercherai, capirò.
-A

Devo sedermi. Forse sto impazzendo. Non riesco a credere che sia tutto vero, che questo biglietto sia reale e concreto nelle mie mani. Sfioro la ruvida superficie della carta più e più volte. Credo sia vero. La terra mi rovina copiosamente sotto i piedi. Sono completamente impreparato a tutto questo. Torno alle mie fantasie e realizzo di non averci mai creduto. Saprei cosa fare, altrimenti. Saprei se strappare questo biglietto, bruciarlo, distruggerlo o comporre il numero sul mio cellulare e aspettare di sentire la sua voce. La verità è che non ho mai creduto possibile potesse tornare. Non ho mai immaginato di ritrovarmelo davanti, non ho mai valutato concretamente le opzioni perché non ho mai creduto ce ne fosse bisogno. Non ho ho mai pensato "ma se..?" e ora che è reale, ora che è tutto vero, mi ritrovo a non sapere cosa fare. Sono passati due anni. Lui mi ha abbandonato, mi ha lasciato solo e questa storia la sappiamo tutti, ormai. Allora dovrebbe essere semplice per me alzarmi da questo divano e buttare nell'immondizia i mille pezzi di questo biglietto. Eppure resto incollato a questo divano, con le mani sudate incollate a questo pezzo di carta.
Lui è andato via ma io sono rimasto e questo mi impedisce di far finta di niente. Perché sarei falso, sarei incoerente se fingessi che il mio cuore non batta forte come non mai, se fingessi che non mi importa che lui sia qui, sotto il mio stesso cielo, a tre passi da me.
Mi importa, m'importa davvero tanto ma sono passati due anni ed ho bisogno di tempo. Perché in questi due anni mi sono ripromesso di mettere me stesso prima di tutto il resto, mi sono ripromesso di stringermi forte e non lasciarmi più andare, di non dare il mio mille a chi non sa contare fino a cento. Ho bisogno di tempo per pesare ciò che sento, per mettere testa e cuore sul piatto della bilancia, per capire a chi dare ascolto.
Ma prima di qualsiasi cosa devo rispondere all'ennesima chiamata che fa vibrare il mio telefono nella tasca dei jeans. Mi sommerge di domande a cui non rispondo, lo invito da me, mi raggiunge nel pomeriggio. Sulla porta tenta di baciarmi, lo allontano, lui si rabbuia.
Lo lascio entrare, lui si accovaccia sul divano con un sorriso amaro dipinto sul volto.
"Fammi indovinare, la scorsa notte è stato un errore, ti dispiace ma tra noi non può funzionare?"
"Non è così semplice."
"E allora com'è?"

Prendo fiato e gli parlo di te, dal principio fino a noi. Gli parlo di quello che eravamo, che avevamo. Poi torno a te. Non c'è più un noi, ci sei te e ci sono io, a chilometri di distanza, separati da un abisso di silenzi. Gli parlo di questi anni, gli parlo della notte scorsa, gli spiego che non è stato un gioco, che non avevo ceduto davanti a nessun altro prima di lui, che se ho ceduto proprio con lui è perché in lui ho visto del buono, tanto buono che non meritava di essere sprecato con me che, pur non volendo, ho la testa e il cuore stracolmi di te.
Mi ascolta in silenzio, senza interrompermi mai. Quando il silenzio si fa pesante mi sorride e mi ringrazia per la sincerità. Fa una battuta, ridiamo, poi è torna serio e mi racconta la sua storia. Parliamo ancora per tanto, tanto tempo, talmente tanto da non renderci conto che il sole è tramontato da un pezzo e che le stelle tappezzano un cielo blu petrolio. Lo invito a fermarsi per cena. Lui scherza ancora "considerato che mi hai sfruttato per una notte d'amore, direi che una cena è il minimo che tu possa offrirmi."
Io rido, di gusto. E' una persona meravigliosa e per la prima volta da quando è qui mi chiedo se non sto facendo una cazzata. Scaccio il pensiero e mi godo una serata che passa svelta come non mai. Al momento di salutarci lui mi abbraccia.
"Ti meriti il meglio" mi dice.
"Anche tu, sei un ragazzo d'oro."
"E' solo il tuo senso di colpa che ti porta a parlare così."
"Non è vero."
"Lo so" mi accarezza "va a riprenderti il tuo meglio." Si volta ed in un attimo va via senza lasciarmi il tempo di rispondergli.
"Lo farò" sussurro. Sarebbe stata questa la mia risposta.
Rientro in casa, è afferro il cellulare. È notte inoltrata e lui probabilmente già dorme. Potrei scrivergli ma non lo faccio per paura di svegliarlo. Lo farò domani, appena il sole tornerà a fare capolinea nel cielo di Torino. D'altronde una notte non cambia le cose, una notte in più può solo portare consiglio. O almeno credo.

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