Naufraghi

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THUMP! THUMP!
Steven tese l'orecchio. Passi.
Lasciò a metà il suo lavoro, scattò verso la parete e si rimise le manette in tutta fretta.
—Che succede?— Chiese Kesmir, il suo compagno di cella fulmineo, appena svegliato.
Steven fece un cenno col mento verso il soffito, e in quel momento la botola metallica si aprì. —Pranzoo!— Urlò una guardia in armatura con voce gracchiante, per poi buttare il cibo nel buco: pane, pasta d'acciughe e acqua in bottiglia si sfracellarono al suolo, lontano dai due ragazzi.
—Non ci arriviamo— Gli fece notare Kes.
La guardia -il Conquistatore- scoppiò a ridere in modo rozzo, come se l'avesse fatto apposta. —Che hai, ti sembra divertente?— Gli ringhiò il Metallico.
L'omaccione smise di ridere. — vedere due Segnati in questo stato, così patetici... Devo dire di sì!— Gracchiò, per poi richiudere la porticina.

Passarono una decina di secondi, poi sul volto del ragazzo si allargò un sorriso malizioso. Con movimenti ormai esperti slacciò le pesanti manette, che caddero rumorosamente al suolo. Come riuscisse a farlo era un mistero: il terzo giorno di prigionia si era messo ad osservale, e il meccanismo per aprirle gli era sembrato chiaro come l'acqua. Forse era un qualche potere derivato da Lyberth, o forse quella stiva lo stava facendo andare fuori di testa...
Mentre slacciava quelle dell'amico, anche lui sorrise. —È tutto pronto?— Chiese in un sussurro.
—Tutto pronto— Sussurrò di rimando Steven, con le manette del biondo in mano.
—La tua draghessa è davvero magnifica, lo sai?— Esclamò Kesmir, che si stava massaggiando i polsi.
Steven annuì: anche Kes era fermamente convinto che Lyberth gli avesse passato il potere.
—Neanche Electrum è da meno: dove lo ritrovi un drago che sa il codice morse? Cioè... Ovviamente era importante che lo sapessi anche te...— Si affrettò ad aggiungere, ma Kesmir non aveva sussultato per permalosità. Per un secondo vennero a galla su di lui i segni del tempo che aveva passato chiuso nella stiva: i capelli erano sporchi e spenti, gli occhi ridotti a due buchi marroni e i tratti del viso e del corpo erano spigolosi in modo preoccupante. "Perché io sembro una carcassa che si tiene in piedi per miracolo mentre per te non sembra più difficile che fare una passeggiata?" gli aveva chiesto il biondo una notte, mentre lavoravano alla loro fuga. Perché per me non è poi una situazione tanto nuova, avrebbe voluto rispondere, ma si era limitato ad un sorriso dispiaciuto prima di tornare a lavoro.
—Mettiamoci in posizione, forza!— Disse Kes, dopo il momento di debolezza.
Il loro piano di evasione era semplice ma efficace: per dodici giorni e dodici notti i ragazzi avevano costruito una fuga senza margine d'errore. Grazie alla furbizia di Steven e alla passione della guardia per il vino erano riusciti a sapere che i loro draghi erano stati chiusi nella cabina accanto, di cui solo l'ex tutore di Kesmir, Altasar, aveva la chiave. A quel punto il problema era comunicare, visto che i draghi non sapevano più parlare come nei loro tempi d'oro e i due ragazzi non avevano idea di come parlare draghese; una notte dove il mare era particolarmente movimentato, Kes ticchettò con il dito sulla parete delle lettere in codice morse, che Steven venne a sapere dopo volevano dire "mi manchi". Dall'altra parte qualcuno rispose "sto bene". Chi era? Nientemeno che il grande Electrum! Kes non perse tempo, e grazie al suo tatto straordinario riuscì a fare progetti con dei draghi -e Steven e avrebbe sfidato chiunque a riuscire a fare lo stesso.
I Conquistatori erano stati così stupidi da rinchiudere la draghessa del metallo in una cella -chi l'avrebbe mai detto- in una nave di metallo, pensando ingenuamente che da legata non avrebbe potuto creare problemi. Ora avrebbero pagato la loro ignoranza.

—Prendi, ci servirà— Steven lanciò la bottiglia d'acqua a Kes e prese il pane con pasta d'acciughe. —Sei... Sicuro, vero, che siamo nell'Arcipelago delle Gemme?— Chiese.
Kes gli lanciò un'occhiata impaziente.- Quante altre volte dovrò ripetertelo? Ho sentito l'odore nell'aria, è qualcosa che hanno solo qui—Spiegò esasperato. Mentre Steven era diventato uno scassinatore, Kes aveva scoperto di avere un'olfatto super sviluppato, che era stato fondamentale per sapere quando la guardia alzava troppo il gomito.
Steven fece un lungo respiro. — Speriamo solo di non capitare in un'isola disabitata...— Borbottò, ma Kesmir riuscì lo stesso a leggere qualcosa dalle sue labbra. —Continua a essere così pessimista e giuro che ti lascio qui!— Lo ammonì, con un debole sorriso.
Anche Steven sorrise, poi riportò lo sguardo sulla botola. Non rimaneva altro da fare che aspettare. —Allora finalmente saremo fuori—
—Già... Forse mi mancherà questo posto—
—Taci, Kes—
—No, dico sul serio— Il fulmino serrò leggermente la mascella. —Ti sembrerò pazzo, ma mi sono sentito meno in gabbia qui che nel palazzo del Supremo capoclan...—
Steven gli mise una mano sulla spalla, comprensivo. —Non sei matto. I bei vestiti e l'oro non ti rendono libero. E poi...— Fece un sorriso malizioso —Dicono che il Supremo-quel-che-è Sven Hildrenson abbia un problemino di flatulenze...—
Kes si rabbuiò. —Non ne voglio parlare— Disse cupo, suscitando in Steven una vera risata.
Aspettarono abbastanza tempo da far temere al metallico che qualcosa fosse andato storto. E se ci avessero scoperto? Se i draghi non fossero davvero nella stanza accanto? Se fosse tutto una trappola?
—Kes, forse dovremmo rimetterci le...— All'improvviso una potente esplosione fece tremare tutta la nave. I due ragazzi si guardarono, mentre dal ponte giungevano ruggiti e rumori di battaglia. Era ora.

SPIRIT DRAGONS || I primi CinqueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora