Steven e Lyberth

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—Levati di torno, straccione!—
Steven si sentì alzare per il collo della camicia e buttare addosso a un muro. Si rialzò ancora stordito, e acchiappò il suo cappello pieno di monete un secondo prima che un camion dei traslochi ci passasse sopra.
Il ragazzo si guardò intorno stupito: il cielo aveva cominciato a tingersi di rosso, eppure lui si ricordava che era appena passato mezzogiorno.
Vide una signora dall'aria benestante passare accanto a lui, e si azzardò a tirarla per una manica.—Mi scusi, che ore sono?— Chiese con voce impastata.
La donna sorrise, ma Steven notò che fissava il punto in cui la stava toccando come se avesse potuto passarle la rabbia.—Sette meno un quarto—Rispose, e si affrettò ad allontanarsi.
Il ragazzo la guardò trotterellare via e sbuffò. Ricchi, tutti uguali. Poi però realizzò che ore erano e si mise le mani nei capelli. Come ho potuto dormire nell'ora di punta? Fra quindici minuti devo essere a casa e per ora ho raccolto solo cinque bronzi! Arnold e Dana mi uccideranno... Si rimise in tutta fretta il cappello -monete comprese- e corse tra i vicoli, diretto verso casa.

Fisicamente, La Repubblica di Metallo era rimasta pressoché uguale dalla fine della Grande Guerra, con le sue città infossate e piene di viottoli. Guardando più attentamente, però, si poteva notare che in quegli ottant'anni c'erano stati un bel po' di problemi: guerre civili, qualche periodo di anarchia e assassinii politici ogni settimana avevano lasciato il segno su cose e abitanti. Alla fine era salito al potere un dittatore, Hans Zill. La prima cosa che fece fu emanare una legge che lo rese subito amico del primo stato: "se nasci nel primo stato, ci resti per tutta la vita. Se nasci nel terzo stato, nessuna possibilità di salire nella scala sociale. Gli scavalcatori sociali saranno puniti a norma di legge".
Ormai da trent'anni il governo faceva promesse a vanvera su maggiori diritti e parità dei doveri, ma ogni poveraccio del paese sapeva che erano parole buttate al vento, e che il governo lavorava solo per accontentare i ricchi. Così, mentre i Primi si arricchivano sempre di più, i Terzi contavano come cani randagi; stavano male, sì, ma mai davanti ai ricchi. Il loro motto era: "Anche se vivi al limite, davanti a Loro devi mostrarti educato e in salute, nonostante vogliano vederti al lastrico". Steven ci conviveva da tutta la vita. Non smetteva mai di ripetersi quel mantra, sopratutto quando i suoi genitori lo mandavano per i quartieri residenziali a fare l'elemosina.  Sorrideva e complimentava i passanti, senza mai sembrare patetico e senza mai far notare il suo dramma interiore, che aveva il nome di " madre e padre". Per loro lui era solo uno strumento acchiappa-soldi, una bocca un più da sfamare. A volte gli faceva male, ma per la maggior parte del tempo era abituato a vivere senza amore.

Dieci minuti dopo Steven stava ancora correndo per le strade deserte, i capelli color ferro appiccicati alla fronte. Aveva aspettato invano il tram, che nella capitale era sempre un'incognita, e alla fine si era rassegnato a camminare. Imprecando a denti stretti aveva percorso tre quarti della città, scontrandosi anche con dei teppisti che gli avevano lanciato dei chiodi addosso. Eh sì, a Talunn una passeggiata nel quartiere sbagliato poteva costare anche la vita.
Finalmente, alle sette meno uno, con qualche nuovo livido per la sua collezione, era riuscito a tornare a casa, ma invece di trovare i suoi seduti noncuranti sul divano li guardò stupito mentre pulivano meticolosamente l'edificio. Sua madre Dana si fermò un attimo a guardarlo con una smorfia.—Dove sei stato per impolverarti così? Vatti subito a sciacquare!— Gli ordinò brusca.
Steven alzò un sopracciglio, ignorando l'ordine.—Che sta succedendo?— Chiese.
A quel punto arrivò anche il padre sbuffando.—Cos'è, hai preso una botta in testa? Oggi è il trenta aprile, verrà un Mantello verde per la tua Cerimonia del Nettare— Gli ricordò impaziente. Vederli vicini era davvero comico, lui alto come un lampione e lei di un metro e un barattolo.
Il ragazzo fece due conti e il suo viso s'illuminò.—Trenta aprile... Oggi è il mio compleanno!—
Di certo non si aspettava un abbraccio di gruppo o una torta a tre piani, ma l'indifferenza dei genitori un po' lo ferì.
—Ti sembra questo il momento di festeggiare? Non capita ogni giorno di parlare con un Mantello Verde!— Sbottò sua madre.
Arnold scosse la testa calva, contrariato.—Devi capire che il mondo non gira sempre intorno a te, ragazzo.—Disse sospirando.
—E quando mai l'ha fatto...— Sussurrò Steven abbassando lo sguardo.
—Basta chiacchiere, va' a darti una pulita e a metterti il tuo completo migliore!— Lo bacchettò la madre.
Steven fece una smorfia e salì di malavoglia la scala a pioli che portava in camera sua.

SPIRIT DRAGONS || I primi CinqueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora