Stregata

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La stanza in cui si sarebbe tenuto l'incontro era particolarmente accogliente. Da una parte stava una piccola libreria, piena di libri colorati che ricordavano quelli per i bambini. Il tavolino in ferro grigio era al centro della stanza. In fondo alla stanza c'era addirittura una piccola finestra e dei cuscini di fronte su cui sedere. Lui stava seduto di fronte al tavolino, il capo chino sul pavimento e le braccia intrappolate in modo che non potesse toccarla. Era proprio come se lo immaginava, come lo vedeva in televisione, come lo aveva sognato per mesi. I capelli verdi e alcune ciocce gialle dietro la nuca, mentre ai lati erano neri. Il viso bianchissimo grazie al trucco, che ormai doveva essere permanente su quel viso stranamente bello. Il rossetto rosso sulle sue labbra e gli occhi cerchiati dal nero, non riusciva a cogliere il colore reale però. Non volendo, rimase attratta da quel viso. Non appena si sentì la porta sbattere, alzò il volto cogliendola di sorpresa, anche perché stava sorridendo. Tra i suoi denti c'erano pezzi di ferro lucido.

-Dottoressa Quinzel, che bello conoscerla-sussurrò. La sua voce era come il sibilo di un serpente, come una sorta di incantesimo che stregava chi ascoltava.

-Anche pe me signor J-si avvicinò al tavolino ma non si sedette-posso sedermi?-

La guardò dalla testa ai piedi, mettendola un poco in imbarazzo. Indossava il suo camice bianco e sotto la gonna attillata e la camicia in seta rosa-Si accomodi pure-

Si sedette e appoggiò i gomiti sul tavolino, guardandolo dritto negli occhi. Stranamente non la intimidiva molto, solo il suo sguardo era molto intenso e più che intimidirla la fece arrossire-Come si chiama dottoressa?-chiese lui allungando il collo, come incuriosito. Harley si aggiustò gli occhiali sul naso e rispose-Mi chiamo Harley-

-Che bel nome! Vuole sapere il mio?-chiese con un sorriso smagliante. Aveva un bel sorriso, nonostante il troppo rossetto che però lo metteva in risalto-Ehm certo-

Sorrise di nuovo e si portò un dito alla bocca, e con un sussurro ancora più sussurrato fece-Shhh-poi rise, una risata quasi isterica, che veniva dalla pancia, frutto di una mente tanto malata quanto affascinante. Voleva scavare più a fondo in essa.

-Perché non mi racconta un po' di se, signor J?-

-Di me? Cosa c'è da sapere su di me secondo lei signorina Quinzel?-continuava a rispondere con delle domande, era curioso, curioso di conoscerla e questo dovrebbe essere il contrario.

-Dicono che lei sia un folle, è vero?-si scostò i capelli dal viso, in modo da scoprirlo. Non lo aveva mai fatto, con nessuno dei suoi pazienti, non aveva mai mostrato troppo di se, ma quell'uomo era diverso. Poteva leggere la follia, il bipolarismo tutti i fattori che costituiscono una mente malata e psicopatica nei suoi occhi, eppure ne rimaneva attratta. E tutto questo in soli dieci minuti-Vede, non è la follia che mi è venuta aa cercare, ma lei vive in me, da tutta la vita-

-E perché proprio lei ha scelto?-

-Oh ma non ha scelto solo me, anche lei è folle...anche in lei vive la follia-quelle parole erano così belle sentite da lui, sembrava quasi che volesse veramente stregarla, il modo in cui agitava il capo, i suoi occhi profondi che la scrutavano, era affascinante.

-Mi parli dell'ultima volta in cui si è sentito bene? Dov'era? Cosa faceva?-

Un altro sorriso si dipinse sul suo bellissimo volto, da cui ormai non poteva fare a meno, come diavolo era possibile che non potesse staccarsi dal suo volto dopo così poco tempo. Forse aveva della capacità sovrumane anche lui, non sarebbe sicuramente il primo.

Alzò il capo e sembrava in atteggiamento di pensiero, la sua testa girava, faceva strani movimenti come la coda di un serpente e la sua mente vagava sfuggente nei meandri della sua memoria-Ahhh, si!-esclamò ridacchiando-ora ricordo, vede io sono sempre felice, ma sono sempre triste, arrabbiato, euforico...ma la felicità, la felicità pura e reale ancora non l'ho provata...lei me la vuole far provare?-
-Certo che voglio, sono qui per questo-non si era resa conto del fatto che si fosse avvicinata, poteva vedere il suo riflesso specchiato nei suoi occhi, erano verdi smeraldo.
-Bene-sussurrò. Si guardarono negli occhi, senza dire una parola, nella sua mente lui stava pensando a come sedurla, a come fare in modo che si fidasse di lui ma c'era dell'altro. Gli piacevano i suoi occhi, sui cui erano posati quei grandi occhiali e anche le sue belle labbra. Gli faceva sentire come un leggero fuocherello, segno di desiderio, un desiderio forte.

She needs a Gangsta Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora