Capitolo 10

30 3 0
                                    

Un giorno tornai a casa portando la cena a mia moglie, le presi la mano e lei mi disse: "Devo dirti una cosa importante" le dissi: "Anch'io".
"Prima tu Nathan". Mi feci coraggio:
"Voglio il divorzio". Lei non sembrò per niente turbata e mi chiese con calma il perché.
La mia risposta fu evasiva e quello la fece arrabbiare. Gettò il piatto della cena e urlò: "Non sei un vero uomo!". Non ci parlammo più per tutta la notte. Sapevo che cercava un motivo per il fallimento del nostro matrimonio, ma io non potevo dirle altro: mi aveva perso per colpa di Jane. Non l'amavo più e mi dispiaceva per lei!

Le mostrai, sentendomi in colpa, le carte per il divorzio, lasciandole casa, macchina e il 30% della mia azienda. Sembrava così irritata e strappò i documenti. La donna con cui avevo passato 20 anni della mia vita, era diventata un'estranea. Mi dispiaceva che lei avesse investito tempo, sforzi e risorse nel nostro matrimonio, ma non potevo rimangiarmi quello che avevo detto o quello che sentivo. Alla fine scoppiò in lacrime, la reazione che mi aspettavo dall'inizio e all'improvviso il divorzio sembrò più reale.

Quando tornai a casa dal lavoro il giorno dopo, la trovai seduta al tavolo intenta a scrivere. Non c'era niente da mangiare, andai dritto a letto e mi addormentai.

Il giorno dopo mi comunicò i suoi termini per il divorzio: non voleva nulla da me, ma mi chiese di trascorrere il mese successivo vicino a lei, come se niente fosse successo. Il motivo: nostro figlio aveva degli esami importanti proprio in quel periodo e non voleva caricarlo del peso della nostra separazione.

Mi chiese anche di pensare al giorno del nostro matrimonio, quando l'avevo portata sulla soglia della nostra casa tra le mie braccia e fino alla camera da letto. Da quel giorno e per un mese avrei dovuto portarla in braccio fuori dalla nostra camera. Pensai che fosse una richiesta folle, ma mi dissi d'accordo per rendere accettabili i nostri ultimi giorni insieme.

Il primo giorno eravamo tutti e due piuttosto goffi, ma nostro figlio applaudì, canticchiando: "Papà porta mamma in braccio!".
E le sue parole liberarono del dolore in me. La portai dalla camera da letto, fino alla sala da pranzo e fino alla porta d'ingresso. Lei chiuse gli occhi e disse a bassa voce: "Non dire nulla a James del divorzio". Annuì e la feci scendere.

Il secondo giorno, andò meglio. Lei si poggiò sul mio petto e io sentii il profumo della sua maglietta. Mi accorsi che era tanto che non guardavo mia moglie, il suo viso con le rughe, i capelli che piano piano diventavano bianchi. Il nostro matrimonio aveva lasciato dei segni. E per un momento mi chiesi cosa le avessi fatto.

Quando la presi in braccio il terzo giorno mi parve che fosse tornata un po' di intimità tra noi: questa era la donna che mi aveva regalato 20 anni della sua vita. Il quarto e il quinto giorno questa vicinanza crebbe. E con l'avvicinarsi della fine del mese, portarla in braccio si rivelò ogni giorno più semplice, e mi accorsi all'improvviso che lei stava diventando più magra.

Un giorno il pensiero che lei avesse tanto dolore e amarezza nei miei confronti mi attraversò e, senza pensare, le accarezzai i capelli. In quel momento nostro figlio entrò e disse: "Papà, è tempo di prendere mamma": era diventato un rituale del mattino per lui, mia moglie lo prese e lo avvicinò al petto. Mi girai dall'altra parte, avevo paura che qualcosa cambiasse. La presi tra le mie braccia e lei mi mise le mani intorno al collo, la strinsi forte, proprio come il giorno del nostro matrimonio.

L'ultimo giorno, quando provai a prenderla non ressi più.
Sapevo quello che dovevo fare.

Guidai fino all'appartamento di Jane, salii in fretta le scale e le dissi: "Mi dispiace, ma non voglio lasciare mia moglie".
"Cosa? Mi avevi promesso che l'avresti lasciata per me!"
"Scusami, ma la amo troppo. Ciò che abbiamo fatto è stato un errore. Un errore mio Jane. Scusami ma io amo Liz".

All'improvviso mi era tutto chiaro: avevo portato mia moglie all'altare, promettendole che ci sarei stato "finché morte non ci separi". Tornando a casa, le presi dei fiori, fiori giapponesi, e quando il fioraio mi chiese cosa scrivere sul bigliettino, sorridendo gli dissi: "Ti prenderò tra le braccia ogni giorno, fino a che morte non ci separi".

Con i fiori in mano e un sorriso enorme in viso, tornai a casa.
"Liz sono qui! Amore non ti lascerò mai! Farò qualsiasi cosa per farmi perdonare.... amore?" Mi avvicinai al letto ma mia moglie era morta nel sonno mentre ero via.
Provai a smuoverla:
"Amore.... Liz... ti prego... Liz non puoi andartene... io ti amo... Liz" scoppiai in lacrime nonostante avessi promesso di non piangere mai più per nessuno. Ma con lei non mi trattenni.
Penso di aver avuto una crisi di pianto: "Liz... scusami... scusami tanto... io... sono stato uno stupido... scusami... ti amerò per sempre... Liz... scusa.... se è uno scherzo non è divertente.... alzati.... ALZATIIII.... Liz..."

Trovai una sua lettera scritta poco prima di morire.

"Caro Nathan, amore mio, questi 20 anni sono stati unici con te. Le risate, le esperienze vissute.
Ci siamo conosciuti che eravamo solo dei ragazzi, il nostro amore è durato nel tempo. Ne abbiamo passate tante.
Poi è arrivato il piccolo James a stravolgere completamente la nostra vita.
Io so che mi ami e so che ciò che hai fatto è stata solo una debolezza. Ci sto male ma io ti amo Nathan, ti amo da morire da 20 anni, ogni giorno sempre di più.
Mi ricorderò per sempre del tuo sorriso, di come mi guardavi il giorno della proposta, il tuo sguardo il giorno del matrimonio e di quella notte a Tokyo, indimenticabile.
Prenditi cura di James e sii il padre che ha sempre voluto.
Ho fiducia in te che riuscirai a realizzare tutti i tuoi sogni.
Abbi cura di te e di nostro figlio.
Non vivere col rimorso, io ti ho perdonato.
Ti amerò per sempre amore mio.
Con affetto, la tua dolce Liz".

Scoprii in seguito che aveva combattuto il cancro negli ultimi mesi ma io ero così preoccupato per Jane che non mi ero accorto di nulla. Lei sapeva che sarebbe morta presto e non voleva che la storia del divorzio rovinasse il rapporto tra me e mio figlio.
Ai suoi occhi, ero il papà più romantico del mondo.
Poi la portai per l'ultima volta sulla soglia di casa... per il funerale.

A volte ci rendiamo conto di quello che abbiamo solo quando è troppo tardi. Forse questa storia ricorderà a qualcuno di quei giorni in cui era innamorato della persona che adesso vuole lasciare. È un messaggio importante e che dovrebbe essere condiviso con tutti quelli che conosciamo.

The End.

🎉 Hai finito di leggere Ti prenderò tra le braccia ogni giorno, fino a che morte non ci separi. 🎉
Ti prenderò tra le braccia ogni giorno, fino a che morte non ci separi.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora