15. "Mamma, papà..."

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[...]
Continuo a correre più veloce che posso, finché qualcuno non mi blocca.
"Sam, cosa vuoi?!" Mi ritrovo lui davanti che mi fissa confuso.
"Carol, che ti è successo?"
"Come va con Elvis, scommetto che starete proprio bene insieme, avete già segnato il fidanzamento?!" Grido.
Non so nemmeno perché l'ho detto, sto delirando, come se non bastasse mi fa male anche tantissimo la testa.
"Ma che cazzo dici?"
"La verità! Anche tu dovresti dirmela, perché non sei venuto oggi? Cos'ho fatto di male?!" Continuo ad urlare e piangere.
Sam tenta di farmi calmare ma senza alcun risultato.
Tutto mi gira intorno, non ci sto capendo più niente.
"Oggi non sono venuto perché avevo una visita medica, scusa ma non avevo più i soldi al telefono per scriverti, Elvis poi non lo sento da ieri, perché dovremmo stare insieme?"
"Cos'ho fatto?! Perché faccio soffrire tutti, perché non mi rendo conto delle mie azioni?!"
"Carol, calmati, è tutto okay."
"Non è niente okay, niente!" Sto perdendo il controllo.
"Vieni, ti accompagno a casa." Dice, cercando di prendermi la mano, che io ritraggo velocemente.
"No! Non ci torno lì! Non tornerò mai più lì! Nemmeno tu mi capisci!"
"Carol asp-"
Corro via nuovamente, senza voltarmi indietro.
Non posso credere a cosa sto facendo.
Dopo dieci minuti trascorsi nello "scappare", forse anche da me stessa, mi ritrovo vicino ad un piccolo parco deserto.
Mi siedo su una panchina e mi allungo, cercando di far passare il mal di testa.
Il telefono continua ripetutamente a suonare, probabilmente mia sorella si sentirà in colpa per ciò che ha fatto, ma ormai direi che sia troppo tardi.
Lo spengo senza dare nemmeno uno sguardo alle notifiche e mi addormento fra le lacrime.
Forse voi penserete che la mia reazione sia stata decisamente esagerata, ma non potete immaginare cosa ho provato a sentire la mano di Carissa scontrarsi contro la mia guancia.
Senza un motivo preciso poi!
Come detto precedentemente, magari sono diventata talmente un disastro che non mi rendo nemmeno conto di ciò che faccio, chissà i miei genitori da lassù come saranno delusi nel vedermi.
Mi faccio schifo.
Il mio sonno viene interrotto da una luce accecante che, appunto, mi fa svegliare e per l'aria si diffonde un forte odore di rose.
Sento una mano familiare accarezzarmi il viso.
Ma che cazzo sta succedendo adesso?
Mi guardo intorno e vedo soltanto la panchina sulla quale sono allungata, il resto è tutto chiaro e come offuscato.
Mi stropiccio gli occhi per schiarire la vista, ma nulla, tutto intorno è completamente bianco, sembra che io sia sospesa nel nulla più totale.
Ho paura di alzarmi, non vorrei precipitare nel vuoto.
Guardando meglio però, adesso da lontano si possono distinguere due figure sfocate, che fortunatamente man mano diventano più nitide.
Sono un'uomo e una donna che si tengono per mano e si avvicinano sempre di più a me.
La donna è veramente stupenda, ha dei lunghi capelli neri, occhi color verde smeraldo, una bocca carnosa ed è abbastanza magra.
Gira il suo sguardo verso la figura maschile e sul suo collo si fa spazio una scritta.
Carissa&Carol
Oddio.
Quello è il tatuaggio che aveva mia mamma, se l'era fatto il giorno dopo la mia nascita.
Sono loro.
Ma come è possibile?
Mi viene da piangere, ma le lacrime non escono.
La sua voce si fa spazio nell'area chiara che ci circonda.
"Shh tesoro, non piangere." Dice lei.
Rimango senza parole a sentire di nuovo il suono della sua dolce voce, che mi accompagnava ogni giorno prima dell'incidente.
"Mamma, papà..." Sussurro.
"Ricordati che noi ci saremo sempre per te, Carol."
"Perché me lo state dicendo? Riguarda ciò che è successo con Carissa? Poi cosa le ho fatto?" Chiedo, ma da loro purtroppo non ottengo nessuna risposta.
In ogni caso, finalmente papà dice qualcosa, avevo paura rimanesse muto per tutto il tempo, ma per fortuna riesco a sentire di nuovo anche la sua voce.
Che strano, indossa ancora quegli stupidi occhiali da "Harry Potter" che io ho sempre odiato e amato allo stesso tempo, non pensavo che in paradiso si potessero portare con sé degli oggetti.
Aspetta, aspetta.
Ma non è che sono morta?
"Noi ti amiamo Carol, ti aiuteremo a superare questo momento difficile." Afferma dolcemente mio padre.
"Intendi...con mia sorella?" Chiedo nuovamente.
Abbassano lo sguardo, ed io automaticamente capisco che non si riferiscono a questo, succederà qualcosa di peggiore quindi?
"Cosa state cercando di dirmi?"
"Ricordati...Carol" Mi sorride la mamma.
Adesso si stanno di nuovo lentamente allontanando.
"No! Aspettate!" Grido.
"Ricordati..."
"Non lasciatemi!"
Appaiono magicamente come delle goccioline d'acqua sospese nell'aria, guardandole sembra che la gravità sia scomparsa.
Le loro figure diventano di nuovo sfocate, non voglio che mi abbandonino ancora, mi sono mancati così tanto.
Allora decido di alzarmi da quella panchina, ma appena faccio un passo in avanti, come previsto, precipito nel vuoto, che man mano da bianco, diventa sempre più buio.
"No!" Urlo disperata.
Apro gli occhi e mi ritrovo per terra.
Guardo per un attimo il piccolo parco confusa e spaesata.
"Ma che cazzo..." Dico fra me e me.
Diamine.
Era solo un sogno.
Mi alzo dolorante, sono caduta dalla panchina e il botto è riuscito a farmi tornare al mondo reale.
Io solitamente non credo a queste cose, ma sono riuscita a rivederli davvero.
Mi hanno avvertita su un brutto avvenimento che accadrà presto e in pratica hanno detto che mi aiuteranno a superarlo.
Era solo un gioco della mia immaginazione, o veramente stavano cercando di aiutarmi?
Un secondo dopo aver terminato di pensare questa frase, mi volto e trovo una cosa sulla panchina.
"Oh cazzo!" Dico spaventata.
Mi tremano le mani e sono incredula di ciò che i miei occhi stanno vedendo.
Sulla panchina ci sono gli occhiali di papà!
Che cosa macabra.
Cioè, più o meno.
Beh, almeno adesso so che non era la mia fantasia a giocarmi questi scherzi, suppongo.
Li prendo in mano e li analizzo per bene, dettaglio dopo dettaglio.
"S-sì, sono proprio i suoi" Affermo.
Li metto nella tasca interna della giacchino, che avevo preso in fretta e furia prima di scappare di casa.
Ma perché i miei genitori non si sono mostrati prima? Avrei preso decisamente meglio la loro morte.
In ogni, caso, lo stomaco mi comincia a brontolare, non so che ore sono e non mi va di accendere il telefono per vederlo, ma comunque ho un leggero languorino.
Girando lo sguardo a destra, noto delle strisce pedonali che portano ad un bar, di nome "Coffì", qualcosa da sgranocchiare la avranno no?
Spero però qualcosa di non molto costoso, non ho tantissimi soldi in tasca.
Entro e chiedo un cornetto caldo, semplice e la barista molto gentile, dopo un po' mi serve.
Mordo quella delizia e in poco tempo le mie papille gustative vanno in estasi, è davvero buonissimo.
"Ma guarda chi si vede..." Sento dire alle mie spalle.
Vi prego non ditemi che è chi penso io.
"Ciao, Kelly."
Ecco, appunto.
"Mi dispiace molto per ciò che è successo" Dice guardandosi le unghie, perfettamente tinte con smalto color verde acqua.
Sa del litigio con mia sorella?
"Di cosa ti dispiace?"
Rimane un secondo a fissarmi come confusa.
"Oh, non lo sai...?" Dice ridendo.
Ma cazzo ride?
"Cosa dovrei sapere?"
Mi sta tenendo fin troppo sulle spine.
"Dell'incidente." Afferma stavolta seria.
Cosa?!

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