18. Il Regalo.

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Il sonno sta pervadono il mio corpo.
Sono circa le 7:40 e credo sia proprio il momento di andare a scuola.
Mi alzo svogliata la letto e inciampo rumorosamente nella prima cosa che si trova a terra, ma mettendo la mano sul comodino riesco a non cadere per fortuna.
La prima cosa che faccio d'istinto è andare al bagno.
Grande errore.
Perché è da più di una settimana che tento di non guardarmi allo specchio e mi viene sinceramente il ribrezzo solo a pensarci, dopo quello che è successo a Sam...
Questi giorni infatti sono stati i peggiori della mia vita quasi, nemmeno alla morte dei miei genitori ho sofferto tanto.
Non potete capire come mi sentivo a non poterlo vedere più sulla nostra collina e a sapere che la causa fossi io.
Ogni sera sembrasse che il rimorso mi "mangiasse" dentro sempre di più, fino ad arrivare al punto di sentirmi vuota.
Purtroppo, per un motivo o per un altro, non ho mantenuto la promessa di andarlo a trovare ogni pomeriggio, ma oggi lo dimettono, quindi voglio fargli una sorpresa, che scoprirete presto.
Non credo proprio verrà a scuola, anche se un pochino ci spero.
Mi lavo i denti, il viso e corro giù in cucina a fare colazione, con una ciotola di latte caldo e qualche morso di biscotto al cioccolato fatto in casa da me.
Non l'avreste mai detto eh?
Beh, questo cibo mi sarà molto utile, oggi.
Dopo aver finito di mangiare, mi lavo i denti e mi vesto.
Sono quasi le 8, quindi entro in macchina con mia sorella per andare alla NNA.
A proposito di Carissa, abbiamo più o meno fatto pace, perché in questo periodo avevo bisogno di una spalla su cui piangere e non potevo essere incazzata nera con lei, non ne avevo nemmeno la forza.
Nonostante comunque, ancora non abbia capito cosa le ho fatto quel giorno da farla arrabbiare in quella maniera, quindi non abbiamo proprio risolto.
Entro con lentezza in classe, oggi a prima ora c'è una supplente, quindi naturalmente tutti i miei compagni prima che arrivi stanno facendo chiasso a più non posso, lanciando addirittura degli zaini.
Roteo gli occhi e vado a sedermi al mio banco dove mi aspetta Elvis.
Anche lui in questa settimana infernale è stato molto vicino a me e ha tentato di risollevarmi il morale in qualche modo.
Lo saluto con la mano quasi impassibile e lui mi sorride felice.
"Ehi Carol."
Per un attimo speravo mi chiamasse "Principessa", non so perché.
È un nomignolo che odio sì, ma ormai mi ero affezionata a sentirlo e mi sembra strano che nessuno si rivolga più a me così.
Mi porto le mani ai miei disordinati capelli neri senza dire una parola.
Elvis si guarda intorno e poi dice accarezzandomi il braccio.
"Oggi lo dimettono, se vuoi lo andiamo a trovare."
Mi giro verso di lui grattandomi la guancia.
"No, ho in mente qualcos'altro. Scusa ma vorrei stessimo soli."
"Certo, tranquilla, potrò salutarlo un'altra volta io."
Gli sorrido per la comprensione e dopodiché entra l'insegnante in classe che comincia ad urlare a non finire.
In ogni caso, la giornata prosegue abbastanza velocemente e finalmente arriva il momento di andare.
Prendo un respiro profondo e al suono della campanella, dopo aver salutato il mio compagno di banco, naturalmente esco.
Ma prima, decido di fermarmi 5 minuti sulla collina.
Mi butto a terra, sdraiata al sole come una lucertola e mi copro gli occhi con le mani.
"Mi manchi Sam..." Sussurro a bassa voce guardando l'erba verde.
Poi, rivolgo lo sguardo verso il cielo, è incredibile come possa ricordarmi i suoi occhi chiari e sempre splendenti.
Spero non si siano spenti, ora.
Prendo lo zaino appoggiato vicino a me e mi incammino verso la casa di Sam.
Arrivata a destinazione, mi trovo davanti ad una bellissima abitazione, né troppo grande né troppo piccola diciamo.
Sto a osservare ogni dettaglio ma poi ricordo il vero motivo per cui sono qui e torno al mondo reale.
Suono il campanello e velocemente una alta signora, sui 45 anni, magra, capelli castani e lunghi, mi apre alla porta.
Mi accoglie con uno stupendo sorriso, che non può non ricordarmi il suo, infatti è sua madre.
Si chiama Selena Carter.
Devo dire che è davvero una bella donna.
"S-salve - deglutisco rumorosamente per il nervosismo - sono venuta a trovare Sam, volevo proporgli una cosa da fare questo pomeriggio."
"Certamente, accomodati, lui ora si trova in salone." Afferma gentilmente.
Una volta che mi trovo davanti a lui, rimango un attimo paralizzata vedendolo sulla sedia a rotelle.
Non pensavo fosse ufficiale.
Merda.
Fingo di non essere triste per ciò che ho appena detto e cerco di scovare dentro di me, un po' di quell'entusiasmo che mi rimane.
"Che ne dici se oggi pomeriggio, facciamo un picnic sulla collina? Ho preparato dei biscotti e cose buonissime da mangiare e ho anche un regalino per te, quindi ti conviene venire."
Lui sorride come rinato e annuisce con la testa.
"Non dovevi disturbanti cara, addirittura un regalo" Dice Selena.
"Oh, non si preoccupi, è una cosa che suo figlio mi ha chiesto molto tempo fa."
Detto questo, decido di andare a pranzare a casa e a preparare soprattutto il "materiale" per oggi.
Poi mi ricordo che la scuola alle 16 è chiusa.
Cazzo.
Vabbe, mi inventerò qualcosa, non mi importa.
Niente potrà rovinare questa giornata.
Dopo aver finito di mangiare, incarto per bene il regalo che gli ho fatto, spero veramente gli piaccia.
Dopodiché, metto tutti i dolcetti in una specie di piccolo sacco e vado di nuovo a casa di Sam.
"Rieccomi!" Dico sorridente davanti alla madre.
Così ci incamminiamo per la collina.
Lui cerca di attaccare discorso.
"Sono proprio curiosa di vedere che regalo mi hai fatto, Principessa."
Non riesco a trattenere un sorriso, sentendo di nuovo quel soprannome pronunciato dalla sua dolce voce.
Arriviamo davanti al cancello e come detto prima, è chiuso.
"E ora che facciamo?" Chiede lui.
"Ho un'idea." Dico dopo essere rimasta qualche secondo a pensare.
"Tu resta qui eh." Poi aggiungo.
"Non andrò mai da nessuna parte." Dice a bassissima voce, come se non avesse voluto farmi sentire.
Scavalco con agilità la ringhiera e riesco ad aprire da dietro quel vecchio cancello arrugginito e a far entrare Sam.
Lui guarda preoccupato la collina e io riesco a leggergli nel pensiero.
"Stai tranquillo, ti aiuto io." Affermo mettendogli una mano sulla spalla.
Dopodiché, lo porto fino alla "cima" e lo aiuto poi a sdraiarsi senza farsi male.
"Ecco fatto." Dico dopo essermi allungata vicino a lui.
"Ora dammi ciò che mi spetta." Scherza.
"Ehi ehi, quanta fretta che abbiamo qui!"
"Ti ho detto che sono curiosissimo."
"Okay, dai. Ma solo perché ti voglio bene!"
Gli do il l'oggetto e lui lo scarta con furia.
"Sapevo che mi sarebbe piaciuto." Dice poi guardandolo.
Gli ho regalato il libricino dove scrivevo tutti gli sfoghi, storie e poesie, quando mi trovavo in quel brutto periodo, da zia Dahlia.

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