Capitolo 12

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Come mi girai, di fronte a me c'era una figura che stringeva la mazza da baseball che cercavo. Mi si mozzò il fiato. "Bene,bene. Guarda chi abbiamo qui". Non riuscii a riconoscere l'intruso perché indossava vestiti scuri sformati, il cappuccio della felpa era calato sugli occhi e la bocca era nascosta dallo scaldacollo,perciò anche la voce era irriconoscibile. Eppure aveva qualcosa di vagamente familiare. Di sicuro però era un uomo a giudicare dall'altezza e dal modo di muoversi. "Cos'è, il gatto ti ha mangiato la lingua?" Non potevo vederlo, ma dal suono della sua voce sembrava che stesse sorridendo. Chi diavolo era questo tizio e che cosa voleva da me? Avevo la gola secca e il cuore mi batteva forte contro il petto, ma mi sforzai di sembrare calma e di avere tutto sotto controllo. "Chi sei? Che cosa vuoi?" L'uomo fece un passo avanti, per farsi più vicino a me ma si muoveva lento, come se avesse tutto il tempo del mondo. Ero alle strette. Dovevo trovare una via di uscita. "Quante domande. 'Chi sei, cosa vuoi'" mi scimmiottò. Si avvicinava puntandomi come una preda mentre picchiettava lievemente la mazza sulla sua spalla. "Ciò che voglio sei tu,dolcezza. E chi sono, lo sai bene." Quelle parole mi raggelarono. Voleva me. Lo conoscevo. Strizzai gli occhi per un istante cercando di concentrarmi. Dovevo farlo parlare, per ottenere risposte e per distrarlo. Magari riuscivo a escogitare un piano di fuga. "Hai detto che ti conosco." Mi accostai un pò di più alla porta finestra mentre con la mano, da dietro la schiena, facevo scattare piano la maniglia. Se fossi riuscita ad aprirla senza insospettire l'intruso sarei riuscita a scappare. "Si". Strascicò la parola, come se si stesse divertendo. Santo cielo! Non c'era niente che potessi usare come indizio per indovinare la sua identità. Nel frattempo sentii un leggero "tack" che mi avvertì che la porta era aperta. Fortunatamente il tizio non se n'era accorto. "Come sei entrato?" Chiesi, sia per curiosità sia per continuare a farlo parlare. La sua risata si sentì anche attraverso lo scaldacollo. "Dolcezza, io so tutto di te. So dove tieni le tue cose, come le chiavi". La sua rivelazione mi provocò brividi lungo la schiena. Mi aveva spiata? Un momento! Forse il ladro che aveva rubato quel libro era proprio lui. "Sei stato tu!Hai rubato tu il libro dallo studio di mio padre!" Feci aprire lievemente l'anta della porta, pronta per scappare,dato che il ladro si stava avvicinando sempre di più. Lui non la smetteva di prendermi in giro, ridendo come se avessi detto una barzelletta divertente. "Brava, piccola Sherlock. Sono stato io, nello studio con la spranga". Dio mio, per lui questo era tutto un gioco? "Sai quel libro è molto importante per noi. Tuo padre ha scritto un paio di cosette interessanti." Ma che diavolo stava dicendo? Avevo deciso di scappare e di correre lontano ma dopo ciò che aveva detto volevo sapere di più. "Che cosa c'entra mio padre? Ti stai inventando tutto". Sospirò in modo teatrale, avvicinandosi di più. Solo pochi passi ci separavano. "Nessuno ti ha spiegato nulla. Povera piccola Eve". Sapeva il mio nome. Sapeva dove avevo nascosto le chiavi di casa. Sapeva cose che io ignoravo. A questo punto non credevo più che stesse bluffando. In quel momento la porta d'ingresso si spalancò e rivelò un'altra figura sulla soglia. Non mi fermai a capire chi fosse, perché il ladro si era distratto per vedere chi fosse il nuovo arrivato ed io ne approfittai per scappare. Sentii una serie di imprecazioni ed una voce che ordinava di seguirmi. Non sapevo che fare. L'unica cosa che mi veniva in mente era di correre il più lontano possibile e trovare un posto in cui nascondermi. Il bosco era l'opzione più accettabile dato che lo conoscevo come le mie tasche ed era anche vicino casa. Una volta seminati gli inseguitori, sarei tornata a casa, mi sarei barricata dentro e avrei chiamato la polizia. Era in momenti come questi che rimpiangevo di non avere vicini. In quel caso avrei potuto urlare e mi avrebbero sentita.Correvo come non avevo mai fatto in vita mia, tra gli alberi che nella notte assumevano un aspetto inquietante, e inciampando un paio di volte fra le radici sporgenti. Non solo era buio, ma avevo gli occhi offuscati dalle lacrime non versate ed il fiato diventava sempre più corto. Quasi mi gettai dietro ad un cespuglio e cercai di regolare il respiro. Sentivo dei passi avvicinarsi di corsa, troppo vicini fino a che si fermarono proprio davanti al mio nascondiglio. Mi misi una mano davanti alla bocca per non far sentire i miei rumorosi respiri e mi feci il più immobile possibile. "Dove cavolo è finita?" La voce apparteneva al tizio che diceva di conoscermi. Porca miseria! Mi aveva raggiunta. Ti prego,fa che non si affacci in questo cespuglio. Lo sentii camminare avanti e indietro, imprecare e dare un calcio ad un sasso che lo fece imprecare ancora di più. "Se non trovo quella stronzetta il capo mi ucciderà.Ho già fallito un sacco di volte." Spalancai gli occhi. Aveva già provato a prendermi? Oddio ma che storia era questa? Non ci capivo più nulla. "Maledizione! Qui non c'è!" La frustrazione risuonava nelle note delle sue parole e il rumore di foglie secche mi avvertì che si stava allontanando. Chiusi gli occhi e lasciai cadere le braccia molle. Le gambe sembravano gelatina ma dovevo trovare assolutamente la forza per tornare indietro. Mi tirai su e spolverai un pò di sporcizia dagli abiti. Con la mano tastai casualmente la tasca e sfiorai un oggetto squadrato. Il telefono! Lo avevo messo in tasca dopo la conversazione con Hanna. Ringraziai in silenzio il cielo e schiacciai il tasto dell'ultima chiamata. "Hanna?"
"Eve? Mio dio ma sai che ore sono?"
"Hanna sono nei guai. C'era veramente qualcuno in casa e vuole me!"
"Ma che stai dicendo?" Hanna sembrava confusa, come ogni volta che le parlavi quando era appena sveglia.
"Chiama Alex, la polizia, insomma qualcuno! Io sto tornando a casa"
Intanto mi incamminai nella notte, seguendo la strada che avevo fatto prima per tornare a casa.
"Tesoro, non capisco granché. Ti sento a tratti. Dove sei?"
"Sono nel bosco. Hanna chiama la polizia e avverti mio fratello". Ma parlai a vuoto perché dall'altra parte non c'era più la voce di Hanna ma solo un fastidioso 'tu-tu-tu'. Perfetto, era caduta la linea. D'altronde ero in mezzo ad un bosco, era logico che la linea telefonica non fosse stabile. Misi il telefono in tasca rassegnata e svoltai l'angolo di corsa, per finire dritta contro qualcosa. Anzi qualcuno. Alzai la testa e i miei occhi incrociarono altri due splendidi paia verdi. Emisi un sospiro di sollievo e per poco non scoppiai a piangere. "Santa pace. Meno male che sei qui. Presto dobbiamo andarcene! Qualcuno vuole farmi del male". Chris se ne stava fermo, dritto e immobile come una statua ma sul suo viso si creò un inquetante sorriso diabolico mentre mi circondó i fianchi con le sue possenti braccia. Mi ri rizzarono i peli dietro la nuca. "Ciao bambolina. Non dovresti essere tutta sola nel bosco. Potresti incontrare il lupo cattivo". La sua stretta divenne più forte al punto da farmi male. Non c'era nulla della dolcezza di qualche ora prima e nei suoi occhi la freddezza li rendeva due pezzi di ghiaccio. Cosa stava facendo? "Chris, che stai facendo?" Gli chiesi con un filo di voce. La testa mi girava e il cuore mi faceva male come se lo avessero appena preso a pugni. Mi fece voltare e mi ritrovai la schiena incollata al suo corpo, intrappolata fra le sue braccia. In altri casi mi sarebbe piaciuto, ma in quel momento ero assalita dal panico. Sentii il suo fiato pesante urtarmi l'orecchio prima di sussurrarmi delle parole tutt'altro che rassicuranti.
"Quello che avrei dovuto fare da molto tempo". Mi liberò un fianco solo per un secondo prima di premere un tovagliolo umido sul volto con forza. Mi sentii subito strana, come se il mondo avesse iniziato a girare al contrario e la gravità se ne fosse andata in vacanza su un altro pianeta. Prima di svenire tra le braccia dell'uomo che mi aveva tradito, notai un uomo che si avvicinava a noi. Un tuono rimbombò nella notte e le prime goccie d'acqua scesero dal cielo come se stesse piangendo, dispiaciuto di ciò che mi stava accadendo. "Finalmente hai preso la stronzetta"
Un lampo illuminò a giorno e mi permise di riconoscere il proprietario della voce che per la corsa gli era ricaduto il cappuccio della felpa sulle spalle. "Ciao bastarda. Me la pagherai per questa corsa" Ash stava di fronte a me, riprendendo fiato, con lo sguardo da psicopatico. Non poteva essere. Le persone vicine a me mi stavano facendo del male. Ma non ebbi il tempo di riflettere perché un capogiro forte mi fece perdere i sensi e le ultime forze mi abbandonarono tra le braccia dell'uomo di cui mi ero tanto innamorata.

Cos'è  successo  quella notteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora