Capitolo 15

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Ragionai: se avessi proseguito, alla fine del condotto mi sarei buttata direttamente tra le braccia di Chris, che di sicuro stava li ad aspettarmi. Oppure, potevo sperare di coglierli di sorpresa, tornare nella stanza e trovare un'altra via di fuga. Sempre che la porta fosse stata lasciata aperta. Optai per tornare indietro e velocemente,cercando di non creare troppo rumore,scivolai di nuovo da dove ero entrata, atterrando sulla cattedra. Via libera. Guardai la sedia a terra con le cighie strappate e gli lanciai una linguaccia ,come se potesse percepire il mio disprezzo. Mi precipitai fuori dalla porta che, come immaginavo, era aperta.Mi ritrovai su un lungo e stretto corridoio,illuminato da lampade che facevano male agli occhi e delimitato su entrambe le parti da file di porte chiuse. Non mi soffermai a capire in che razza di posto mi avessero portato. L'unica cosa che riuscivo a pensare era "scappare" stampato nella mia testa grosso come un cartellone illuminato di Las Vegas. Corsi dalla parte opposta rispetto a dove erano andati i miei rapitori, ma un paio di volte rischiai di scivolare sia per il pavimento rovinato e insidioso, sia per mancanza di scarpe. Correre in calzini non era proprio il massimo. Continuai dritta finché un ringhio alle mie spalle annunciò la presenza del cane inquietante. Addio fuga segreta. Mi avevano scoperto. Accelerai il passo anche se non avevo fiato, fortuna che le ore passate a fare jogging davano i suoi frutti, ma il corridoio finì e andai a sbattere contro una finestra vecchia senza vetri. Mi aggrappai ad essa e respirai l'aria della notte. Vidi molti alberi che circondavano l' edificio e probabiblmente ero al terzo o quarto piano perchè da quassù riuscivo a vedere il lago del bosco che tanto amavo. Capii esattamente dove mi trovavo: la casa infestata. Mi voltai e mi ritrovai faccia a faccia con la bestia. Ringhiava con tutta la rabbia che nutriva ed era in posizione pronto per attaccarmi.
《Buono cagnolino, buono.》
Mi schiacciai sempre più contro la finestra. Che potevo fare? 《Vattene! Lasciami in pace!》 La disperazione prese possesso di me. Ero stanca,senza più energie e non riuscivo più a pensare lucidamente.
《Ora basta》
Chris si avvicinò tranquillamente, come se tutto questo fosse normale. Quelle parole non erano rivolte a me, ma al cane. Infatti questo abbandonò subito la posa d'attacco e se ne andò,sparendo lungo il corridoio. Lui camminava verso di me,con le mani a mezz'aria in segno di resa, e senza mai staccare lo sguardo dal mio. In quel momento era bellissimo e terrificante, proprio come un angelo della morte che reclamava la mia anima. «Vieni con me, Eve»
Una parte di me voleva farlo, rifugiarsi fra le sue braccia e sentire la sua essenza su di me. Volevo ancora una volta assaggiare le sue labbra, sentire il suo respiro confondersi col mio.
Come potevo provare dei sentimenti per lui dopo ciò che mi stava facendo? Come potevo permettergli di trattarmi in questo modo e di annullare me stessa? Provai disgusto forse più per me che per lui e odiai il fatto di non poter controllare le mie emozioni. Fece un passo verso di me ed io sussultai.
《Non ti avvicinare》
La mia voce alta si espanse nel corridoio rimbalzando fra le pareti. Chris ignorò il mio ordine.
《Eve, sono io》
Come lui si faceva avanti, io mi schiacciavo sempre più contro la finestra, spaventata come un coniglio di fronte ai fari di una macchina. Non sapevo che fare. Mi sedetti sulla finestra. Sembrò spaventato per un momento ma in men che non si dica il suo volto tornò a splendere di tranquillità.
《Non fare un altro passo》
Gli urlai, spuntando parole e paura.
《Oppure che fai? Ti butti di sotto? Siamo al quarto piano, ti faresti male ed io non voglio.》
Mi girava la testa e l'ossigeno sembrava diminuire ad ogni respiro. Che diavolo stavo facendo? Volevo davvero buttarmi nel vuoto pur di sfuggire a lui? Non ero mica una pazza suicida. Eppure le gambe si mossero da sole armate di propria volontà e mi ritrovai in piedi sul davanzale. Davo le spalle al vuoto, gli occhi concentrati a catturare la figura di Chris che si immobilizzò. Capì che facevo sul serio mentre io non stavo più ragionando.
《Eve, non è questo ciò che vuoi》
Voleva dimostrare di sapere tutto, di conoscere i miei pensieri, ma si sbagliava di grosso.
《Tu non sai niente di ciò che voglio》
Le lacrime non riuscirono più a starsene ferme agli angoli degli occhi e iniziarono a scorrere senza permesso.
Fece un passo verso la finestra. Verso me.
《D'accordo non ne so niente. Fa come vuoi, la vita è tua. Non posso decidere per te》
Le sue parole mi spiazzarono. Se un tempo avevo creduto che potesse provare un minimo di interesse per me, ora avevo la conferma che non gli importava un fico secco di me. Almeno sapevo la verità. Era troppo vicino. Teneva il capo chinato in alto per guardarmi in faccia,la sua espressione dannatamente seria e calma e poggiò le mani sul davanzale accanto ai miei piedi.
《Probabilmente sei troppo vigliacca per farlo.》
Le sue labbra si piegarono in un sorriso di sfida. Stava giocando con me, ero il suo giocattolo preferito. Avvicinò il volto a me e posò la fronte sulla mia pancia mentre strinse la presa sulle caviglie. Non lo feci apposta, fu un movimento istintivo quello di fare un passo indietro per allontanarmi da lui. Il piede scivolò dal davanzale e sfiorò il vuoto. Fu tutto un'attimo: sentii lo stomaco rovesciarsi e l'aria aprirsi intorno a me per accogliermi. Non emisi alcun suono tanto mi si era stretta la gola e gli occhi si chiusero saldamente. Ma non toccai mai terra. Rimasi li, pendente dalla finestra. Chris mi aveva afferrata per le braccia con le sue, in una presa che prometteva di non lasciarmi andare. Sospesa per un tempo indicibile ripresi lucidità. Cosa stavo facendo? Mi ero bevuta il cervello? Certo che non volevo morire, ancora di più non per lui. E adesso? Mi avrebbe lasciata cadere? Come se potesse leggermi nella mente, scosse la testa e con tutta la forza che aveva mi tirò su. Una volta riattraversata la finestra finimmo inevitabilmente a terra. Intrappolata sotto di lui con le sue coscie che bloccavano le mie gambe e le sue braccia vicine alla testa iniziai ad agitarmi per liberarmi.
《Se continui ad agitarti così potrei non rispondere più delle mie azioni》
Mi sussurrò nell'orecchio, talmente vicino che le labbra mi sfiorarono il lobo. Dentro di me le mie emozioni si stavano scontrando su un ring di box. Con le mani libere lo presi a pugni sul petto, gli tirai la camicia fino a che questa non si spezzò rivelando il suo petto duro e liscio. Rimasi a bocca aperta: non c'era traccia del tatuaggio. Com'era possibile? Eppure il piccolo triangolo non era sotto la sua clavicola.
《Ti piace ciò che guardi?》
Fraintese il mio sguardo fisso sui suoi pettorali ma in quel momento ero troppo confusa per ribattere alla sua battuta.
《Il tatuaggio》
Mi guardò come se gli avessi detto che esistevano gli alieni.
《Quale tatuaggio?》
《Quello che avevi qui sul petto a forma di triangolo》
Seguì lo sguardo dove era puntato il mio dito e aggrottó le sopracciglia.
《Se vuoi ti faccio vedere dove ce l'ho un altro tatuaggio》
La sua bocca scese sul collo e con le mani mi afferrò le braccia per impedirmi di muoverle. Oddio no. Risalì portando gli occhi dentro i miei. Ero sicura che ci si potesse leggere la paura e la stanchezza mentre i suoi irradiavano solo freddezza e malizia. Posò le labbra sulle mie, sfiorandole appena e quando pensai che volesse baciarmi si staccò. Si alzò e ordinò anche a me di farlo con un gesto.
《Ora seguimi》
Mi diede le spalle, sicuro che obbedissi.
《Non ci penso minimamente》
《Che fai, ti vuoi ributtare di nuovo?》
《Non vengo con te da nessuna parte》
Piantai i piedi e incrociai le braccia. Divenne rosso di rabbia. Mi sbattè contro il muro freddo e mi strinse una mano alla gola. Spalancai gli occhi dalla sorpresa e la bocca formò una O reclamando aria.
《Sei solo una grande rompi palle. Che cazzo ci trova in te?》
Di chi stava parlando? E poi come si permetteva di parlarmi in quel modo. Di mettermi le mani addosso!.
Gli diedi una ginocchiata proprio nel punto più debole e sentii un sorriso di vittoria sul mio viso quando lui gemette dal dolore e mollò la presa. Ben ti sta bastardo. Grunì una serie di parolaccie
《Stai sfidando la mia pazienza stronza!》
tirò fuori di nuovo quel fazzoletto imbevuto di chissà quale sostanza e me la spiaccicò in faccia. Mi caricò in spalla ed io, priva di forze per combattere divenni anche priva di sensi. Sembrava quasi che stava diventando un'abitudine.

Cos'è  successo  quella notteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora