Capitolo 10

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Il mattino dopo mi svegliai sul tardi, dato che era festa e non dovevamo andare a scuola, perché fortunatamente era chiusa. Feci le mie faccende, misi un po’ in ordine e infine feci per prendere il telefono, che il display si illuminò lasciando intravedere il suo magnifico nome; scorsi le notifiche e mi soffermai sulla sua, per poi aprirla, il messaggio non era proprio quello che speravo. Non avrei mai voluto riceverlo, mi metteva addosso un’ansia tremenda.
-Dobbiamo parlare, domani sei libera?
-Si, dove ci vediamo?
-Dalla fermata al Kennedy all’una, dopo scuola.- un centro commerciale abbandonato.
-Ok.
-Sarà una brutta cosa lo so. È questo che non volevo.
-In che senso? Cosa devi dirmi?
-Ne parliamo domani. – Mi disse.
-Accenna a qualcosa per favore.
-Sarà brutto tutto quello che succederà domani, io lo so già.
-Le cose che voglio dirti io non sono brutte …
-Le mie si … - Stava già cominciando a logorarmi dentro, ma era solo l’orribile e leggero inizio di tutto.
*lacrima*
-Idem, io sto male.
-No, io sto male, ma non mi pento, perché se devi essere uno sbaglio, allora sei uno sbaglio stupendo.
-Non dire così.
-Cosa devo dire?
-Non dire niente.

Si concluse così, quella che penso sia la conversazione più brutta da affrontare per messaggio, ma anche faccia a faccia. Volevo dirgli tutto quello che provavo, ma non ci sono mai riuscita, volevo averlo tutto per me, ma non ci sono riuscita, volevo quello che era la cosa più importante per me, ma non l’ho avuta. Non tutto si può avere dalla vita, ma almeno questo pensavo di si. È stato disgustoso provare tutto quello e venire ricambiati solo in parte, o nemmeno quello, penso a volte. Dopo questo ci sono stati momenti in cui ero completamente giù, come nei seguenti cinque minuti.
Appena spensi il cellulare, mi sdraiai sul letto, fissai il soffitto, feci partire la musica, erogata dalle cuffiette, e come avevo tanto sorriso il giorno prima, cominciai a piangere, una lacrima scivolò sulla guancia, seguita da tantissime altre dopo. Dovevo ricordarmi che le persone che ci mettono un secondo a farti ridere ci mettono niente a farti piangere. Lui era classificato come una di quelle, solo una grande delusione, un sogno, quel Sogno che poi comparirà ovunque: sul banco a scuola, sullo stato Whatsapp, sul muro di camera mia, sul dorso della mia mano, impresso nella mia testa. Rimarrà sempre lì, perche sono i sogni a dare forma al mondo, e lui era il sogno che sarebbe comparso tutte le notti nei miei pensieri, nei miei viaggi. Lui non sapeva di essere il Sogno, il mio Sogno, glielo avevo tenuto nascosto, non volevo che lo sapesse, doveva restare all’oscuro di tutto. Quel giorno non feci altro che versare lacrime silenziose in camera mia, da sola, perennemente sola, come mi piaceva stare da piccolina.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 28, 2016 ⏰

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