Grazie ad Aurora,
Al gruppo 'carrello della spesa'Vivere e sopravvivere.
C'è una bella differenza fra queste due parole, eppure sembrano così simili, forse è proprio questa la cosa più affascinante.
Due cose, all'apparenza quasi identiche, se analizzate nel profondo hanno differenze abissali.
Era questa la differenza fra me e i miei coetanei.
Loro vivevano, io sopravvivevo.Chi sono io?
Mi chiamo Yoko, nonostante sia italiana il mio nome è giapponese, i miei genitori amano la cultura di quel meraviglioso paese, ma io non mi sono mai fatta chiamare Yoko o perlomeno ho smesso di farlo appena ho scoperto il suo significato.
Perché?
Dovete sapere che ogni nome giapponese ha un significato, Yoko significa 'fortuna' ed io non sono fortunata, farmi chiamare in quel modo sarebbe stata quasi una presa in giro.
La gente mi chiama Martha, e nessuno sa che, in realtà, non è il mio nome.Sono affetta da paraplegia, o per meglio dire, non posso muovere le gambe.
Ecco il perché della mia sfortuna, se così si può chiamare.Vivo, anzi sopravvivo, su una sedia a rotelle, ma questo non è nemmeno il problema più grave, dopo anni ci ho fatto l'abitudine.
Il vero problema sono gli altri, mi guardano e mi trattano come se fossi un mostro, come se avessi qualche malattia contagiosa e temessero di venire contagiati.
Mi evitano e mi insultano rendendo la mia vita un inferno.I miei genitori hanno cambiato vari paesi, scuole, tutto per permettermi di avere una vita il più normale possibile.
Non è servito.
Ogni volta le cose non cambiavano.Ho iniziato a pensare che questo fosse un problema delle persone che vivono, loro si fermano alle apparenze, non gli importa cosa sei o non sei.
Hai qualche difetto fisico? Sei escluso.
Sei brutto? Sei escluso.
Sei debole? Sei escluso.
Sei triste? Sei escluso.
Sei sfigato? Sei escluso.
Sei uguale a tutti gli altri con un fisico scheletrico e ripeti ritmicamente sempre le stesse parole per essere definito figo? Hey, mi stai simpatico, usciamo insieme dai.Uno schifo.
La cosa peggiore della mia disabilità era il fatto di non poter essere autonoma.
Dovevo costantemente dipendere da qualcuno.In quel momento la sveglia stava suonando, come al solito, però sporgendomi per spegnerla l'avevo urtata facendola cadere.
Ovviamente non l'avrei mai raggiunta da sola.Rimasi sul letto in posizione supina cercando di ignorare quel suono fastidioso.
Dopo poco arrivò, finalmente, mio fratello Sascha.
Tutte le mattine mi aiutava ad alzarmi, a vestirmi e prepararmi.
Io e lui siamo molto legati, ha qualche anno in più di me.
Da quando i miei genitori si sono separati lui, per me, ha iniziato ad essere una sorta di secondo padre."Buongiorno Martha" mi salutò mentre si chinava per raccogliere la sveglia e spegnerla.
"Hai dormito bene?" me lo chiedeva tutti i giorni e, quando gli dicevo di no, mi rimproverava per non averlo chiamato, nonostante sapesse bene che in sedici anni non l'avevo mai disturbato di notte.
"Sì fratellone" sorrise e mi sollevò facendomi sedere sul letto.
"Cosa vuoi metterti oggi?" un'altra domanda che faceva ogni giorno e alla quale rispondevo sempre allo stesso modo.
"Per me è uguale" e lui sbuffava roteando gli occhi e cercando di fare i migliori abbinamenti possibili per farmi apparire carina.
Prese un paio di jeans semplici, che mi aiutò ad indossare, e una felpa, che mi permise di mettere da sola, sapeva bene quando odiassi aver costantemente bisogno di aiuto.
"Grazie"
Mi prese in braccio, io pesavo davvero poco e lui faceva palestra, non faticava a portarmi in giro.
Mi appoggiò sulla sedia a rotelle lasciandomi libera di fare ciò che volevo.
"Preparati che dopo andiamo a scuola"
Frequentavamo lo stesso istituto, solo che io ero in seconda e lui in quinta.
Pensare che questo sarebbe, probabilmente, stato l'ultimo anno per lui mi spaventava perché Sascha mi portava a scuola, mi accompagnava ovunque e poi mi riportava a casa.Senza di lui chi avrebbe fatto tutto questo?
Mi pettinai velocemente, la mia preparazione consisteva in questo.
Mio fratello, nel frattempo, mi preparava lo zaino e faceva colazione scaldandomi una brioche che mi avrebbe dato successivamente."Andiamo?" mi domandò porgendomi la mia brioche, annuì addentandone un pezzo.
"Wow, stamattina non l'hai bruciata" mi complimentai prendendolo in giro.
"Stronza" mi scompigliò i capelli, con tutta la fatica che avevo fatto a sistemarli.
Ovviamente ero ironica.
"Dai, mi hai spettinata" mi lamentai, lui si abbassò per essere al mio livello e mi sistemò i capelli accarezzandoli delicatamente, poi sorrise.
Sorrisi anch'io.
Ci incamminammo, o meglio, lui si incamminò ed arrivammo in venti minuti circa, mi dispiaceva costringerlo a camminare tutti i giorni, anche con la pioggia.
Mi sentivo in colpa per tutto.Quando entrammo, come ogni mattina, mi salutò lasciandomi davanti alla mia classe.
Come in ogni scuola c'erano gli sfigati, e quelli fighi.
Il gruppo del più figo della scuola mi stava fissando ridacchiando di tanto in tanto.
Questo mi metteva ansia, perché lo facevano?
Mi avevano sempre presa in giro, in realtà, soprattutto Stefano e Giuseppe.
Stefano era il più infantile del gruppo, Giuseppe il più grande e poi c'era lui.
C'era quello figo al quale sarebbe bastato aprire bocca e avrebbe avuto tutta la scuola chinata ai suoi piedi.Il suo nome era Salvatore.
Non si erano mai fermati a parlottare così a lungo, temevo che stessero tramando qualcosa contro di me, per umiliarmi, per farmi del male.
Se Sascha l'avesse saputo sicuramente si sarebbe messo in mezzo finendo nei casini, non volevo che accadesse.
Smisi di guardarli e tirai fuori un libro iniziando a ripassare.
Ero molto brava a scuola, passavo praticamente la mia vita sui libri a studiare.
"Ciao!"
Alzai lo sguardo, nessuno mi parlava a scuola.Mi sarei aspettata chiunque, ma non lui.
Non Salvatore.
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Survive|| SurrealPower
FanfictionVivere e sopravvivere. C'è una bella differenza fra queste due parole, eppure sembrano così simili, forse è proprio questa la cosa più affascinante. Due cose, all'apparenza quasi identiche, se analizzate nel profondo hanno differenze abissali. Era q...