5.4 Il Papa - Notte di Fine Estate

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Oceano Indiano, 26 Agosto 2011

Verity si svegliò con il pensiero di Jamie in testa.

Non pensava al suo fratellastro da mesi. Non così seriamente almeno. Ogni mese mandava una parte dei suoi risparmi in un conto intestato a lui. Non lo chiamava né controllava mai come stesse.

L'ultima volta che lo aveva cercato Jamie gli aveva intimato di stargli lontano e non farsi più vedere. Lei lo aveva ascoltato, ma non aveva mai smesso di mandargli una parte di quello che guadagnava ogni mese.

Non ricordava un'estate in un cui fossero andati d'accordo o che la sua matrigna l'avesse accolta con calore, ma lei e Jamie erano parenti e non voleva arrendersi così facilmente.

Si mise seduta. Qualcuno l'aveva riportata a letto dopo la discussione nel salottino, ma ricordava chi l'avesse costretta al sonno.

Il Mago.

Le ultime sue parole gli rimbombavano in testa. Forse era quello il motivo per cui aveva pensato a Jamie. Le sfuggiva qualcosa quando pensava al suo fratellastro. Per un attimo aveva avuto l'impressione di aver ricordato qualcosa di importante, ma poi era intervenuto il Mago ed era di nuovo tutto confuso.

Si alzò piano, con la testa che le faceva male. Qualsiasi cosa le avesse fatto Robert era peggio delle altre volte. Non si era mai sentita così male dopo.

Sentiva un martello nel cranio e ogni volta che muoveva un muscolo un colpo di maglio si abbatteva sulla testa.

Si guardò intorno piano. Nyvie dormiva sul divano, rannicchiata contro una coperta con un sorriso sulle labbra.

L'avrebbe spostata sul letto, ma aveva il timore di svegliarla per cui le mise un'altra coperta e si avvolse in un plaid.

Nonostante la latitudine a cui si trovava la brezza marina la fece rabbrividire e si strinse la coperta leggera addosso. Mentre fissava il mare si chiese cosa avrebbe dovuto fare ora. Si stavano recando di nuovo verso un luogo che non aveva mai visto in vita sua e se non fosse stata per la storia in cui era stata coinvolta non lo avrebbe mai visto.

Avrebbe rinunciato volentieri a tutti i luoghi che aveva visitato negli ultimi mesi pur di tornare a Roma, alla sua vita tranquilla e al suo lavoro stancante. Avere costantemente qualcuno che le stava dando la caccia le faceva paura e non aveva il coraggio di ammetterlo ad alta voce.

Così come non aveva il coraggio di ammettere quanto si era sentita leggera quando l'Imperatore l'aveva privata della sua coscienza e aveva preso il possesso delle sue azioni. Ogni cosa in quel momento era stato distante, dai dubbi su Michael al dolore per Alessio.

In quel momento era stata importante solo la voce dell'Imperatore, come se ogni cosa non avesse più un peso e ogni sua azione fosse giustificata, apprezzata perfino.

Scosse la testa e si strinse meglio la coperta addosso. Pensare che fosse piacevole avere l'Imperatore nella testa era un errore. Se avesse formulato ancora pensieri simili gli avrebbe permesso di essere una presenza onnipresente dentro di lei e non poteva permetterlo.

Aveva dei ricordi su quello che le aveva fatto e sapeva che le sue antenate non avevano mai visto la vecchiaia. Nessuna era riuscita a vivere a sufficienza da poter diventare vecchia. Nemmeno sua nonna, morta che lei era appena nata.

Alzò lo sguardo e si perse nel cielo notturno a osservare più stelle di quante ne avesse mai viste in vita sua. I cieli delle città nascondevano la meraviglia che aveva sopra la testa.

- Ti piace osservare le stesse? - domandò Michael alle sue spalle, facendola sobbalzare. Non lo aveva sentito arrivare e non le piaceva essere sorpresa in un momento in cui era tanto indifesa.

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