5.3 Il Papa - Il Tempio delle Tempeste

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Oceano Indiano, 25 Agosto 2011

Michael si mosse a proteggere Verity.

Sapeva per certo che il suo potere non era paragonabile a quello del Mago. La ragazza dormiva un sonno profondo indotto dalla magia. Non era qualcosa che lui era in grado di fare.

Michael giocava con la testa delle persone, convincendole che loro avessero sonno e dovessero chiudere gli occhi.

Robert, invece, lavorava direttamente sul cervello, inducendolo a un sonno profondo che sarebbe durato tutto il tempo che riteneva il Mago.

Verity era alla mercé di tre Arcani Maggiori e Michael sentiva l'estremo bisogno di mettersi tra lei e loro. La voleva al sicuro, mentre era indifesa e l'unico modo era che lui la proteggesse a tutti i costi.

– Michael, – lo chiamò piano Robert, alzando le mani per calmarlo – nessuno le farà del male. Lascia andare la magia.

Michael strinse i denti, rendendosi conto che molti dei se stesso del passato erano accanto a lui, pronti a fare da barriera tra loro e Verity. Per quanto debole, la sua magia era pronta ad esplodere a ogni minima provocazione.

– Stalle lontano – gli intimò. – Quello che le hai fatto è abbastanza.

Robert fece un paio di passi indietro, mettendo più distanza possibile da Michael e dalla sua proiezione di Nefer, mentre Owen ringhiava a Gabriel, che fissava le vite passate di Michael pallido in viso.

– M-mi dispiace – balbettò Gabriel tenendosi la testa tra le mani. Owen disse qualcosa con furia a malapena repressa e Michael sentì tutto il suo odio. La forza di quell'amore perduto attraversava i secoli, così come il rancore e Michael era stanco di trattenerlo.

Si scagliò contro Gabriel non più in grado di trattenere la furia sopita da secoli. Quel ragazzo gli aveva sottratto sua moglie, l'altra metà della sua anima.

Non aveva dimenticato come l'avesse trovata. La sua Emily riversa in un lago di sangue rappreso e gli occhi sbarrati dalla paura, mentre i suoi figli erano rimasti a fissare la madre per chissà quanto tempo. Quel giorno era cambiato tutto. Per lui. Per i suoi figli. Suo figlio aveva ereditato il suo stesso rancore e sua figlia il dolore della madre.

Sbatté contro una barriera magica eretta da Robert, con Gabriel che non aveva fatto nulla per proteggersi da quell'assalto.

Gli avrebbe permesso di ucciderlo, se lo avesse fatto nel nome di Emily e di Owen.

Contro il pavimento di linoleum, Michael respirò a grandi boccate riprendendo coscienza di sé. Owen era tornato a essere un'anima urlante nei recessi della sua mente.

Strinse i pugni, chiedendosi perché una cosa tanto vecchia potesse fargli male fino a non avere più coscienza di sé. I suoi io passati premevano nella sua testa, pregando per uscire e proteggere quello a cui tenevano di più.

– Michael – lo richiamò Robert, mentre Christian lo studiava circospetto, quasi aspettasse di venir attaccato anche lui. Mikelich stava proteggendo la bambina, pronto a scattare nella direzione di Christian, se Michael lo avesse minacciato. – Concentrati su chi sei tu. Non sei Owen né Nefer. Concentrati su di te stesso. – Si chinò alla stessa altezza dei suoi occhi, mentre lui faceva di tutto per non farsi trascinare via. – Come ti chiami?

Michael faceva di tutto per rimanere in sé, ma percepiva i ricordi di Owen come se fossero i propri. Vide il cadavere di Emily sul pavimento di legno e paglia. Sentiva sulla pelle la sensazione di svegliarsi al suo fianco e il modo quasi affamato con cui Owen gli slacciava i lacci del corpetto. Poteva sentirli sotto le dita, così come le carezze che Emily gli dava e il modo pacato con cui lei gli parlava.

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