3.3 L'Imperatrice - A Forma di Carta, A Forma di Uomo

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  • Dedicata a Aniasolary Efp
                                    

Camelford, Cornovaglia. 16 Agosto 2011

Gabriel era in attesa seduto su una panchina del centro città. Nonostante fosse estate, l’aria era più fresca e umida rispetto a quella di Siviglia, dove lui era nato e cresciuto. Temperature del genere le avevano alla fine dell’inverno, non nel mezzo di Agosto.

Tenne lo sguardo ben piantato a terra rifiutandosi di guardarsi intorno per non soffocare nel dolore. Se avesse potuto avrebbe evitato di tornare in Cornovaglia, soprattutto a Camelford. Non lontano c’era la brughiera dove Lucas era fuggito dopo aver ucciso Emily e se percorreva le strade lungo il fiume Camel poteva rivedere le vie non battute e contornate da piccole case di pietra, legno e paglia con gli animali nei recinti costruiti con legname umido e corde vecchie. Sentiva nell’aria l’odore di fango e sudore e dei fuochi fatti con sterco secco e paglia.

Erano passati poco meno di millecinquecento anni ma vedeva Camelford com’era stato allora e sentiva la stessa paura e orrore che aveva provato nel momento in cui l’aveva abbandonata.

Si aspettava che Owen e Thomas saltassero fuori per cercare di vendicare la morte di Emily.

Riviveva il momento in cui aveva piantato il coltello nella gola della donna e l’aveva guardata dissanguarsi mentre i figli di Emily urlavano terrorizzati.

– Non ora, vi prego. – sussurrò prendendosi la testa fra le mani. – Vi prego.

Non avrebbe dovuto tornare. Non avrebbe dovuto mettere più piede sul suolo d’Inghilterra, i fantasmi che lo inseguivano erano troppi ma il Mago aveva voluto che lui lo raggiungesse e se voleva la verità non poteva sottrarsi.

Una donna si avvicinò guardandolo con preoccupazione. – Stai bene? – parlava con un marcato accento, con un cadenza simile a quella che aveva Emily in passato.

– Sì.

Anche se sapeva che la donna voleva solo assicurarsi che lui stesse bene, gli sembrava che ogni sasso, ogni albero e ogni persona di Camelford lo accusassero di omicidio. Il sangue innocente che Lucas aveva versato aveva marchiato la terra in profondità e ricordava ancora cosa avesse fatto. Tutto il suolo cittadino inneggiava alla sua morte e non capiva come mai quella donna non sentisse quelle grida oltraggiate.

– Sto bene, grazie.

Senza insistere oltre, la donna si allontanò guardandolo un’ultima volta prima di svoltare l’angolo e sparire.

– Sto bene. – mormorò a se stesso con le urla nella testa che non accennavano ad andarsene. – Sto bene.

Quasi volesse rispondere alle sue parole un forte vento si alzò scompigliandogli i capelli con rabbia. Lucas aveva vissuto una sensazione simile quando aveva visto il fumo della pira di Emily dalla cima di una collina nella brughiera. Il vento che si era alzato quel giorno lo aveva spinto ad allontanarsi e a non mettere più piede in quelle terre.

Solo due secoli dopo gli eredi di Lucas avevano scoperto che Emily era stata la regina del vento e delle tempeste e quel giorno il vento stava dicendo addio alla sua signora.

– Hai sempre preferito la solitudine e tenerti tutto dentro piuttosto che aprirti con qualcuno, Eremita.

Gabriel alzò la testa. La piazza era deserta a parte per il ragazzo castano che gli stava venendo incontro con i pollici nelle tasche dei jeans fascianti. Aveva un mezzo sorriso sulle labbra che non prometteva nulla di buono mentre gli occhi color miele brillavano.

Stava usando la sua magia in pieno giorno dove chiunque poteva vederlo. – Tu invece appari sempre quando non me lo aspetto, Mago.

– È nella natura degli eroi. Appariamo sempre al momento migliore. Alla gente non dispiacerà se facciamo due chiacchiere da soli. Non si avvicineranno alla piazza. – disse muovendo le dita, come se suonasse una tastiera invisibile.

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