Sarà il tempo, sono stanca

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Uno splendido clima, indubbiamente.

Una spiaggia, indubbiamente.

Di sera, indubbiamente. 

Si sa come andrà a finire. Tutti conosceranno le mie sensazioni, minuto per minuto, ogni mio passo, monitorato, ogni mio respiro, captato. Persino la sabbia, inumana e distaccata, non resiste alla tentazione di risucchiare a sé la pianta del mio piede, lasciando un'impronta visibile. Ciò che accadrà dopo? Un'onda lambirà anche quei dieci centimetri di sabbia, dove giace la mia impronta, e porterà la sua forma, e qualsiasi ricordo di essa con sé. Non esisterà più.

Lo so che è bello parlare del mare.

Lo so che parlare del mare può farmi apparire mistica o evocativa.

Lo so, ma dovete ascoltarmi. Perché io ero veramente lì.

Dovete ascoltarmi.

Ero lì quella sera. Ero l'unica persona lì. Perché, chi andrebbe a passeggiare la sera tardi in riva al mare, se non malinconici, pensierosi o sciocchi? Appartenendo alla terza categoria, non ho giustificazioni per essermi trovata in quel posto. 

Davvero! Pensavo. Non pensavo. Mi ci recai e basta. 

Non c'erano altri malinconici, pensierosi o sciocchi quella sera, non ce ne sarebbero stati per un bel po'. Ma come potei pensare di cavarmela? La gente non era il vero pericolo. 

"Se succederà qualcosa..."

Indosso un vestito leggero di seta, bianco che si fa coccolare dalle folate di vento improvvise. Ma non è il caso di prestarvi attenzione. Il sole stava tramontando, domani sarebbe stato il giorno fuori dal tempo, dove si è più soggetti alle attività sovrannaturali, i confini dei mondi sono sottili, il giorno dei contrari. Litha, 21 giugno, il giorno più lungo dell'anno, per farla breve. Partendo dal fatto che avevo una certa affinità per l'esoterismo, nulla si prospettava entusiasmante. Lo si sentiva nel fruscio delle onde, nel ritrarsi, in quei granelli di pietre ridotte ai minimi termini che sguazzavano tra le dita dei piedi. Lo si avvertiva nell'aria pesante, come se dei movimenti convettivi tra mare e vento conferissero a quest'ultimo i sali di cui il mare abbondava. 

Niente panico. Però scorsi una figura indistinta, molto lontana, molto oscura. Molto analoga. Io per lei sarei dovuta apparire allo stesso modo, il che ci rendeva uguali. A parte il fatto che io mi trovavo sulla terra ferma e lei tra le acque. Risaliva. Ad ogni passo più grande. Risaliva. Ad ogni passo più vicino. Risaliva. Ad ogni passo più... Umano. 

Ragazzo sulla ventina.

Addominali scolpiti dagli angeli. 

Occhi fottutamente azzurri, con una sfumatura violacea, che tende al verde, ed un rosso sgargiante che suggeriva un non so che di creatura mitologica dannata. Non mancava anche le sfumature di arancio e giallo. Ovviamente, i suoi occhi sono la perfetta reincarnazione dello spirito della comunità LGBT+. Hegel? Dimenticatevelo!

Alto, ma non troppo, basso ma non troppo, magro ma non troppo, in carne ma non troppo.

Si apprestò a me, ergendosi dal bagnasciuga, mi porse il braccio e mi disse:"Sono io. Ben. Ti ricordi di me?"

Ah sì, il mio fidanzato gli dico. Che ora dovrebbe trovarsi dall'altra parte dell'oceano, completo pensando. 

Perché sei qui gli chiedo. 

"Perché ti amo troppo per lasciarti da sola in un mondo così vasto. Devi sapere, in questo pianeta ci sono sette miliardi di persone e..."

Lo interruppi, ne avevo abbastanza di questi discorsi artefatti quanto falsi, zeppi di parole che a forza di essere utilizzate, perdono il loro significato. Ogni volta che doveva parlarmi di qualcosa, qualsiasi cosa, iniziava generalmente a delirare su argomenti che si collegavano molto lontanamente a quello che in realtà voleva comunicarmi, e finiva per non dire nulla. Dopotutto, erano passate solo ventiquattro ore dal giorno della mia partenza. 

"Tutto ciò che volevo dirti è che..."

Fai presto gli dissi.

"... Che ti amo troppo. Ti seguirò ovunque tu vada. Non posso stare senza di te. E tu devi stare con me"

No gli risposi.

"Ma come?"

Mi prese per il polso. Leggermente. "Tu sei mia..." sospirò. Con gentilezza. A quel punto mi strattonò verso di sé, con passione, senza violenza.

Non mi possiedi gli dissi.

"Sì invece, stupida!" disse scandendo le parole amorevolmente. Mi accarezzò: posandomi la mano ad una velocità incontrollata sulla guancia. La mia guancia l'amava tanto, da arrossire. Si preoccupava per me. Non feci nulla. Ripensandoci, avrei potuto svenire. Però in situazioni come queste, non ti è concesso prendere decisioni diverse dalle sue, quindi mi lascia trasportare da lui in mare. 

Non so nuotare gli dissi. Non sono neppure il tipo di persona che ama mettersi in pericolo.

"Non nuoteremo, sto aspettando che mio fratello ci venga a prendere con il nostro piccolo e modesto yacht. Stiamo pensando di venderlo, sai? Per coprire le spese delle Ferrari rosse fiammanti. Di questi tempi, non ci sono molti soldi..."

Non attendemmo a lungo, una barca si avvicinò ma non sembrava esserci un conducente. Ci avvicinammo. Saltò fuori un uomo alto e... Lasciamo stare i dettagli. 

"Ma evviva il femminismo proprio! Proclamate l'uguaglianza dei sessi e poi guardatevi... Vabbé fa niente".

Estrasse l'ascia e iniziò a colpire furiosamente Ben, fino a ridurlo a poltiglia marina. Iniziò tagliandogli la testa, che schizzò via. Poi tranciò il corpo in due, e il sangue ne fuoriuscì a fontana inscurendo il mare e tingendomi il vestito bianco. Come posseduto da una belva, finì l'opera urlando "Ma no ma dai! Sei troppo trash!"

Ripose l'arma nella fondina e restò fermo immobile a guardarmi. 

"Sei stupenda" sussurrò. Avvicinò le sue mani con pollici e indici tesi, allineandoli e attribuendo alle sue dita la forma di una vagina. Mi mandò un bacio.

E da qui, iniziò la mia storia d'amore con Matteo Fumagalli.

Baby, lo sai che sei fottutamente perfetta?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora