Dodici, 2016

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Per Federico era il giorno del primo allenamento a Moena. Non aveva preso parte al ritiro fin dall'inizio, poiché aveva partecipato agli Europei con la Nazionale Italiana fino a nemmeno un mese prima. Raggiunti i compagni di squadra e aggregatosi al gruppo, aveva svolto con gli altri il suo primo allenamento della nuova stagione in una mattinata in cui si era passati dal fresco del mattino presto, al caldo man mano che il tempo avanzava. Erano circa le 11 quando Paulo Sousa ruppe le righe della sua squadra e lasciò i giocatori liberi di andare a farsi la doccia o di intrattenersi con i tifosi.
Federico immaginò che molta gente, avendo letto che lui ed altri giocatori che avevano preso parte a degli impegni con la Nazionale del proprio paese sarebbero rientrati proprio quel giorno, avesse deciso di recarsi a Moena quella mattina per avere la possibilità di incontrare più calciatori possibili e, quindi, non si sentì di deluderli. Si diresse verso l'inizio delle transenne seguito da qualche suo compagno che aveva preso la sua stessa decisione, in modo che alla fine del giro si ritrovassero direttamente di fronte alla porta dello spogliatoio.
Firmò diverse maglie e fogli vari, fece selfie con chi glieli chiedeva e qualche volta li scattò lui prendendo il cellulare del tifoso, una ragazza gli regalò un bracciale e un ragazzo si fece firmare un pallone, ma quello che lo colpì di più fu un bambino di circa sei anni, che gli ricordò tanto lui stesso, ma non solo.
Federico gli chiese il suo nome e scoprì che era Andrea. Gli domandò anche dove abitasse e se giocasse a calcio, lo aveva preso in simpatia.

- Voglio diventare bravo come te! - gli sorrise ad un certo punto il bimbo, mentre Federico gli restituiva il pennarello nero e il quardernino su cui aveva fatto la propria firma.

Il calciatore viola si soffermò a sorridergli per qualche istante, poi rispose. - Sono sicuro che ce la farai. - e lo salutò, scompigliandogli i capelli per poi passare ai tifosi che si trovavano accanto e che lo aspettavano.

Federico rimase con la testa catapultata al passato, le parole del bambino gli avevano riportato alla mente un ricordo strano, di una voce che pronunciava le sue stesse parole e con lo stesso tono infantile di un bambino. Sentì che era tutto ricollegato ai pensieri che aveva da quell'allenamento del pre-ritiro della Nazionale, come se volesse con tutto il cuore ricordarsi qualcosa di molto lontano del tempo, che però rimaneva troppo remoto per poter risultare vivo e chiaro, nonostante gli sforzi.

(Un)forgettable - Federico BernardeschiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora