CAPITOLO III - Umani

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Seinlef

Mi svegliò il rumore delle foglie secche frantumate dalle calzature dei soldati che correvano.

Ancora in preda al sonno mi alzai dalla brandina poggiata sul terreno freddo e uscii dalla mia tenda.

Era l'equinozio d'autunno, e la mia tenda era rivolta precisamente ad est, così il sole sorto da poco mi costrinse a socchiudere gli occhi, che non sopportavano la vista di tanta luce. Essa riempiva gli spazi, facendo percorrere alle ombre dei tronchi lunghi percorsi prima di interrompersi.

Tutti correvano alla tenda del Conte, così seguii la massa di soldati, i quali, appena svegli, non avevano potuto ancora indossare completamente l'armatura.

Potevo scorgere Tronie senza l'armatura, vestito di sola coppa di maglia, che avanzava lentamente, i due arcieri già pronti per ripartire, cinti dall'armatura in cuoio, e con l'arco alla mano.

Più in là, verso la tenda del Conte, i due cavalieri, vestiti della coppa di maglia nascosta solo sul petto e sulla schiena dal pettorale e con alla mano la spada ancora nella guaina di cuoio.

Stavo per dirigermi verso la tenda del conte quando un elfo magro e di bassa statura con scudo e spada tra le due mani mi urtò, facendomi cadere.

Restammo entrambi muti e immobili, ma dopo poco l'ometto si accinse a raccogliere le armi, che cadendo attirarono l'attenzione di Tronie che cominciò ad avvicinarsi.

«Perdonatemi, mio signore.» sussurrò l'elfo, chinato davanti a me.

«Non è ancora il tuo signore.» rispose Tronie, poi continuò: «Raccogli in fretta le armi e va' dal Conte.»

Quel gigante con l'armatura mi fece rialzare afferrandomi per il braccio, mentre l'altro correva impacciato verso la tenda.

«Io sono Sir Tronie Mòngrel. Sono il primo cavaliere del Conte, e bastardo di Re Ragnark, Signore di Rodamessal.»

«Io sono Seinlef.»

«Lo so, il Maestro di Palazzo mi ha parlato di te.» disse voltandosi verso la tenda più grande, e avvicinandovisi a passo lento. Io lo seguii.

Il Conte era seduto sulla brandina, con ai fianchi i due cavalieri.

Il sudore gli scendeva lungo la fronte, ansimava ed era rosso in volto.

«Cosa succede?» dissi.

«Nulla, un incubo. Torna nella tua tenda a prepararti, tra poco partiamo.»

Un arciere mi scortò alla tenda.

Erano passati un paio di giorni da quando avevamo lasciato quella piccola fattoria circondata dalla campagna. Avevamo attraversato un piccolo villaggio isolato, dove avevamo riempito le nostre borracce e pagato qualche moneta d'argento per cambiare i cavalli.

Purtroppo non trovammo alcuna locanda per mangiare, e la fame aumentava.

Giungemmo finalmente in un boschetto dove gli arcieri si prepararono per cacciare qualche piccolo animale da cucinare sul fuoco preparato dai cavalieri e da Tronie che contribuiva portando la legna più pesante.

Gli arcieri erano pronti a partire e attesero il consenso del Conte che ordinò all'elfo più esperto di portare anche me e di insegnarmi a maneggiare un arco. L'arciere visibilmente più avanti con gli anni mi venne incontro e mi portò con lui nel mezzo del bosco mentre l'altro si avviò verso un fiumiciattolo per cacciare qualche pesce.

«Io sono Èrafis, sarò il tuo maestro d'arco da ora, e per tutto il tempo che sarà necessario, a palazzo. Hai mai tirato con l'arco?»

«No, mio padre non sapeva farlo, e non avevo chi potesse insegnarmelo.»

Seinlef, re per destinoWhere stories live. Discover now